Impero austro-ungarico, Romania e Francia. Nulla di più “novecentesco” nelle tre superfici geopolitiche europee vissute da Emile M. Cioran (Rășinari, 1911 – Parigi, 1995). “L’Io”, non “l’io”, diviene evoluzione dell’oggetto del pensiero ottocentesco. La lingua francese è stata il codice di pensiero per mezzo del quale Cioran ha messo alla porta tutti, maestri e no: Nietzsche, Schopenhauer, Sartre, Heidegger, Bergson, Simmel, ed Ortega y Gasset, restando da solo nel “vuoto” di rado in compagnia di Camus. Nella sua persona hanno albergato alcuni voli pindarici del pensiero: dal misticismo cristiano-ortodosso de “La Guardia di Ferro” (milizia condivisa con Mircea Eliade) a “La tentazione di esistere”, nel crollo della vecchia Europa nell’immediatezza del II conflitto mondiale. Dai “Sillogismi dell’amarezza” a “La caduta nel tempo”, titoli “forti” già introduzioni in sé che si sono presentati chiaramente al lettore.
“Molti sono i popoli che ho prima adorato, poi esecrato – mai mi è venuto in mente di rinnegare lo spagnolo che avrei voluto essere”. “Sillogismi dell’amarezza (pag. 59, Milano, 1993). “La Russia e la Spagna: due nazioni gravide di Dio. Altri paesi si accontentano di conoscerlo, ma non lo portano dentro di loro” […] “Santa Teresa d’Avila, che incarna l’ardore – unico – della Spagna e le deliziosissime impurità della santità femminile, che osa portare fino in cielo l’indiscrezione del proprio sesso”. “Sommario di decomposizione” (pag. 167, Milano, 1996). Cioran procede da solo. Esistenza e filosofia sono intimamente collegate. Dunque contro la teoria, in lui ironia, paradosso, negazione e denigrazione si alternano tra la maniera tipica del “désabusement” del Settecento francese ed il “desengano” iberico.
Lo scrittore rumeno, ma francese d’adozione, era e rimane un decostruttore non accademico, incapace di educare, ma straordinario nell’insegnamento non nozionistico tra filosofia e teologia. “L’auto, l’aereo e il transistor: dall’avvento di questa trinità si può datare la scomparsa delle ultime tracce del Paradiso terrestre. Chiunque tocchi un motore dimostra di essere dannato”. “Taccuino di Talamanca” (pag. 19, Milano, 2011). Righe intense e radicali mai scritte prima da Cioran che dimostrano un vero e proprio spingersi rapidamente dagli abissi alle vette del pensiero. Il testo in quistione è stato infatti composto nell’estate del 1966, quando Cioran si trovava “sull’orlo di un abisso tutt’altro che metaforico”. “La mia visione del mondo non sarebbe stata diversa se fossi vissuto in un paese caldo. Sarebbe stata solo meno virulenta, perché la maggior parte dei miei mali è dovuta al freddo (reumatismi, rinite, catarro tubarico). A Ibiza la differenza delle stagioni è minima. L’inverno non è che un leggero inasprirsi dell’autunno. Ora, ho notato che il cambiamento di stagione ha su di me un effetto profondo, altera il mio stesso essere. Ogni stagione mi rende diverso; la primavera mi dà idee di suicidio, come l’estate […]”.
A nostro leggere Emile M. Cioran si rivela in modo aforistico, scarno ed essenziale non solo incompatibile con qualsiasi costruzione politica e culturale incline al collettivismo e/o al totalitarismo, ma un vero e proprio atleta dolorante, subacqueo e scalatore allo stesso tempo, il quale porta sulle sue spalle lo sterminato e pesante bagaglio immateriale dell’uomo contemporaneo. Un continuo riflettersi nella vasta e sterminata cultura teologica, filosofica e letteraria prevalentemente occidentale. Uno psicologo senza psicologia e psicanalisi, un sociologo non snob ignaro per scelta della scienza umana sociologica.“Ibiza, 31 luglio 1966. Stanotte, completamente sveglio verso le 3. Impossibile rimanere ancora a letto. Sono andato a passeggiare in riva al mare, sotto l’impulso dei pensieri più cupi. E se andassi a buttarmi giù nella falesia? Sono venuto fin qui per il sole, e non sopporto il sole. Tutti sono abbronzati, io devo restare bianco, pallido. Mentre facevo ogni sorta di amare riflessioni, guardavo quei pini, quelle rocce, quelle onde –visitate- dalla luna, e improvvisamente ho sentito fino a che punto sono inchiodato a questo bell’universo maledetto”. (Ivi, pag. 15, Milano, 2011). Ed ancora: “Redenzione: attraverso la conoscenza, attraverso il superamento della conoscenza”. (Ivi, pag. 17, Milano, 2011). Oppure: “Nel Vangelo secondo Tommaso Gesù, cui viene chiesto dove si può fare la propria salvezza, risponde: Ovunque non vi siano donne. Risposta gnostica se mai ve ne furono”. (Ivi, pag. 15, Milano, 2011).
Chiudiamo con il sigillo del sorriso, non del riso, non delle lacrime, questo “ritratto” E.M. Cioran: “Un francese chiede a un delegato sindacale svedese: Che cosa può ancora desiderare un operaio in Svezia? Ha tutto, non c’è più nulla che possa desiderare. Il delegato risponde: Sì, i doppi servizi”. (Ivi, pagg.17-18, Milano, 2011).