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Letterina a Silvia Romano. A proposito di Islam, veli e diritti delle donne

di Eugenio Pasquinucci
9 Luglio 2020
in Home, Società&Tendenze
1
       


Cara Silvia, in una recente intervista ad una rivista italiana filo islamica, hai sostenuto che il velo che copre il viso delle donne arabe sarebbe una conquista e non un atto di sottomissione all’uomo. La cosa mi stupisce per diversi motivi.
Durante i tempi bui del  tuo rapimento alcuni miei amici che vivevano tra l’Italia ed il Kenia, a Malindi e Watamu, sostenevano che tu avessi avuto una simpatica amicizia con un ragazzo di una tribù Masai dei dintorni. Un giorno notasti che il capo villaggio si intratteneva con una ragazzina e la cosa ti sconvolse ed esprimesti in modo chiaro il tuo pensiero negativo al riguardo. Mettersi contro il capo villaggio non era certo la cosa più furba da fare e probabilmente questa tua ribellione ti costò il rapimento e le successive vendite a varie bande locali. Se questo racconto è vero, potremmo dire che avevi una forte carica di ingenuità unita ad una alta e nobile considerazione del ruolo della donna.
Hai detto che hai sentito forte il richiamo di Dio, durante i giorni della prigionia, anche se questo ultimo termine non lo hai usato.
Non credo che il solo Allah si faccia vivo in tali frangenti, ma un conto è affidarsi a Dio, un conto è sposare riti e costumi di altri popoli, senza potersi guardare intorno. Ma tu che sei così sensibile alle prevaricazioni dell’uomo sulla donna, hai mai toccato con mano le tante regole della legge coranica, che potevano avere piena giustificazione all’epoca in cui visse il profeta ?
La poligamia per esempio fu introdotta per salvare dall’abbandono le vedove o le donne indifese nei lunghi trasferimenti nel deserto. Mi è toccato, agli inizi della mia professione , di fare il medico in diversi paesi islamici, dove peraltro sono sempre stato rispettato; però mi è accaduto di vedere e sentire tante cose che mi lasciavano più che perplesso. Una volta, in Algeria, si presentò in ambulatorio un giovane che aveva appena trascorso la sua prima notte di nozze senza avere combinato nulla. Non aveva nemmeno potuto esibire le lenzuola insanguinate, come si faceva ai tempi in Sicilia, retaggio della dominazione araba. Mi raccontò che quella notte si trovò al cospetto di una sconosciuta, sua moglie, che tremava come una foglia in un angolo della stanza.Per contro lui stesso non sapeva cosa fare,era completamente all’oscuro di come affrontare la situazione; inutile ripetere che non accadde nulla. Il giovane chiedeva un aiuto per affrontare una seconda notte. Io pensai di suggerirgli di bersi un bicchiere di whisky e un po’ disinibito provare a calarsi nel talamo nuziale. Ma al momento di proporgli lo  scotch mi ricordai che in un paese islamico l’alcol è vietato e gli prescrissi un vitaminico come placebo. Al momento di uscire vidi che quel giovane confabulava con il mio infermiere, unanziano algerino, al quale dopo chiesi di cosa avessero parlato.
“Niente, dottore, gli ho solo consigliato di bersi del buon whisky.” Inutile dire che la storia non ebbe un lieto fine, il padre della sposa si riprese la figlia e forse quel giovane intraprese la via del Mediterraneo per raggiungere quei paesi a nord dove la donna la trovi gratis, secondo quanto si immaginano e raccontano tra loro.

Qualche giorno dopo si presentò a me una giovane coppia di sposini algerini, che viveva in evidente stile occidentale; lei era affetta da una “cistite da luna di miele”, segno che non si erano risparmiati nelle effusioni. Il paragone tra i due risultati in una stessa situazione era impietoso.
Mi dicono che la donna islamica lascia in pubblico al marito il predominio della sua figura maschile, ma poi in realtà tra le quattro mura domestiche eserciterebbe ogni forma di rivalsa, comandandolo a bacchetta. Non so se sia vero, però è un fatto che i miei pazienti egiziani, quando tornano a casa per le vacanze, fanno scorta di tramadolo, un farmaco antidolorifico che avrebbe la proprietà di possedere effetti “ritardanti”.Il timore di fare cilecca o di essere troppo “precoci” attanaglia questi giovani che si sentono sotto esame nel rapporto con le loro donne che spesso non conosc
ono nemmeno.
Sempre in Algeria, le mogli dei tecnici italiani amavano passare giornate nelle splendide spiagge algerine ma lamentavano il fatto di essere continuamente spiate da alcuni locali che si appostavano a guardarle, dietro alcuni cespugli, mentre prendevano il sole con costumi rigorosamente interi.
Potrei andare avanti a raccontarti tanti altri esempi di come la sessualità nel mondo islamico non sia vissuta in modo naturale e tranquillo. Forse nemmeno noi occidentali abbiamo sempre e tutto da insegnare, però è innegabile che il ruolo della donna europea in questo ultimo secolo sia sicuramente cambiato a proprio favore.
Anche da noi una volta si diceva “non lo fo per piacer mio ma per dare figli a Dio.” Si scomodava il buon Padreterno come fai tu oggi,con la differenza che il Nostro il velo non lo pretendeva né allora né adesso.

Tags: IslamSilvia Romano
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Commenti 1

  1. Obs says:
    2 anni fa

    Imbarazzante…. E con questa letterina cosa si vorrebbe dire in particolare? Conclusione?

    Rispondi

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