Gentile Preside Savino, fortunatamente ai miei figli, che hanno finito da tempo il liceo, non è mai capitato di ricevere dal loro preside un messaggio politico come quello che lei – approfittando di un episodio marginale ma contando evidentemente sul baccano inutile ed esagerato da esso generato – ha inviato ai suoi studenti.
Un vero e proprio volantino di propaganda politica, da Lei impropriamente protocollato come “Comunicazione n. 197” con utilizzo altrettanto improprio dello stemma del Repubblica, dell’intestazione della scuola che Lei dirige e della funzione che Lei ricopre.
Circolano in rete documenti secondo i quali nel PD locale militerebbe attivamente una persona col suo stesso nome e cognome, ma preferisco credere che si tratti di un caso di omonimia e che non sia verosimile che una preside inquini i propri importantissimi compiti educativi con volgari comportamenti da attivista di partito.
Di certo non può non colpire il fatto che il concentrato di faziosità, superficialità, retorica ed approssimazione storica del suo volantino coincidano perfettamente con l’intruglio sottoculturale che caratterizza attualmente le posizioni politiche della sinistra e del PD in particolare.
Un cumulo di banalità e manipolazioni che in mancanza di meglio finisce per focalizzare il dibattito politico e mediatico su un antifascismo pretestuoso e da barzelletta nel disperato tentativo di darsi un’identità e una ragione di sopravvivenza.
Lei scrive che “il fascismo in Italia non è nato con le grandi adunate da migliaia di persone. È nato ai bordi di un marciapiede qualunque con la vittima di un pestaggio per motivi politici che è stata lasciata a sé stessa da passanti indifferenti”, trasformando una complessa questione storica, politica e sociale in un mediocre e superficiale slogan da bar o da salotto incolto ma politicamente corretto.
Renzo De Felice ha speso gran parte della sua vita scrivendo migliaia e migliaia di pagine (che Lei evidentemente non ha mai letto) per spiegare come e perché affermazioni come la Sua facciano solo ridere e ora, probabilmente, si starà rivoltando nella tomba vedendo un docente della scuola italiana ridurre a questo livello un argomento storicamente così importante..
Più o meno quello che sarà capitato al grande costituzionalista Costantino Mortati ascoltando le insulsaggini di Roberto Benigni a Sanremo sulla Costituzione che lui aveva contribuito a scrivere e che aveva studiato per decenni.
Due facce della stessa medaglia: sottocultura e manipolazione politica.
Ce ne sarebbe già abbastanza, ma Lei, Signora Preside, ha preferito rincarare la dose di sciatteria storica con questa frase ad effetto buona, forse, per un comizio molto meno per un liceo: “‘Odio gli indifferenti’ diceva un grande italiano, Antonio Gramsci, che i fascisti chiusero in carcere fino alla morte, impauriti come conigli dalla forza delle sue idee”.
Ebbene, gentile Signora Preside, Antonio Gramsci (grande pensatore comunista ma allora dissidente) non fu affatto chiuso in carcere fino alla morte. Morì in libertà il 27 aprile 1937 alla clinica Quisisana di Roma, dove era ricoverato dal 24 agosto 1935 dopo aver lasciato in libertà condizionata il carcere di Trani il 25 ottobre 1934 per essere ricoverato in una clinica di Formia.
Alquanto ridicola, ma sintomatica e rivelatrice delle Sue intenzioni, la frase sui conigli impauriti dalla forza delle idee: all’epoca (non solo in Italia) gli oppositori di regimi totalitari venivano incarcerati e/o confinati più che altro perchè considerati un pericolo per lo stato, soprattutto se militanti comunisti educati ed addestrati nell’URSS di Stalin.
Oltretutto Gramsci in carcere poté sempre scrivere liberamente: tutti quegli scritti, i celeberrimi “Quaderni del carcere”, sono arrivati sino a noi ed hanno influenzato fortemente la cultura italiana del dopoguerra. Casomai andrebbe ricordato, a proposito di paura delle idee, che la prima pubblicazione, la più conosciuta, supervisionata personalmente da Togliatti fu accuratamente depurata delle parti più scomode.
Temo però, che tutto questo Le sia ignoto o non le interessi.
Lo scopo della sua boutade non era certo quello di stimolare una riflessione seria sul pensiero di Gramsci, casomai il contrario: strumentalizzarlo ad effetto per un triviale uso politico contingente. La seconda parte del volantino è, se possibile, peggiore della prima ed è francamente difficile da spiegare, a meno che non si torni alle ragioni della militanza politica.
Quale sarebbero, egregia professoressa, i momenti “come questi” in cui i totalitarismi prendono piede? E quale sarebbe il “disgustoso rigurgito” di cui parla?
Quello in cui il partito della propria militanza, o quanto meno della propria simpatia politica, perde democraticamente le elezioni dopo avere occupato il potere per quasi 10 anni senza mai averne vinto una? “Condannando sempre la violenza e la prepotenza” o solo quando fa comodo, come in questo caso?
Le sembra corretto tentare di indottrinare i ragazzi propinando loro il solito scontato e dozzinale ciarpame buonista sui muri e sui diversi anziché spiegare loro, seriamente e obiettivamente, cause ed effetti di certi fenomeni epocali? O anche complicità, connivenze ed interessi che li muovono? Non dovrebbe essere questo il compito della scuola e degli insegnanti? Non per Lei che, a quanto pare, preferisce ammaestrarli con mediocri volantini di dubbio valore e contenuto.
Quanto a “combattere con le idee e con la cultura” mi pare a questo punto abbastanza chiaro quali siano le idee (politiche) alle quali Lei si riferisce e anche quale sia il livello (sub)culturale di riferimento.
Con rammarico e amarezza La saluto distintamente.