Le saghe affascinano e il Fondo Monetario Internazionale ne accredita ogni tentativo di rievocazione. Una censura arbitraria e un riepilogo dalle scadenze in anticipo, gravano sull’Argentina come il ricorso ad una moralità interpretativa. I dati macro della “Terra Argentea” non sono congrui. L’FMI è lapidario, come in un riadattamento ad ogni terminologia purché sia a sponda larga. Giunge una dichiarazione di riprovazione formale alle autorità di Buenos Aires: i dati ufficiali sui prezzi sono inesatti, dovranno essere corretti entro la fine del 2013. I rinones ( rognoni) alla piastra del pueblo argentino, girano come eliche deformate raggiungendo l’edificio del Correo Central, (posta centrale di Buenos Aires) rispedendo al mittente colei che pare una biasimevole retorica. Ricorsi e numeri non tornano e, il Presidente Fernanda de Kirchner fin da sempre, non ha mai amato le segnalazioni introspettive. Figurarsi le illazioni prossime ad ampliare un danno non comparabile con dati oggettivi.
La Casa Rosada non perde l’orientamento e sul suo sito (http://www.presidencia.gov.ar/), nella sezione economia, assesta un fendente, una lezione di legislatura interna. In ordine crescente da quanto riportato sul sito ufficiale: l’assoluta volontà della cancellazione del debito con l’FMI e la seguente politica di crescita economica senza sottomissioni recessive e neoliberiste, di default con un taglio del 70%, che ha comportato un risparmio di U $ S 67.000 milioni, con una adesione del 76%. Nel 2003, il debito estero rappresentato nel 79,2% del PIL. Sette anni dopo, solo il 17,6 per cento. Un Federal Relief Program del debito delle province e la successiva ristrutturazione del 89% dei debiti delle province con il governo nazionale pari a 65,522 milioni dollari. La Liberatoria di risorse per il benessere e il miglioramento delle economie regionali, citando una delle voci più importanti e una Riforma mai applicata in Italia: l’ideazione della Carta Banca Centrale. Un’entità non solo atta a garantire la stabilità monetaria e finanziaria, dall’auspicabile impulso dell’occupazione e dello sviluppo economico con l’equità sociale. Tramite di essa, la possibilità di regolare le condizioni dei prestiti e delle linee dirette ai diversi settori di attività produttiva. In fine, terminando con l’annosa spina nel fianco di un’Europa che deve essere riscritta, una legge che disciplina il mercato dei capitali per mezzo di una valutazione privata unita alle università pubbliche nell’effettuare valutazioni sul mercato finanziario.
Le rimostranze argentine non rappresentano un’estrema ratio di una Nazione. Casomai, un dovere verso la propria cittadinanza ininterrotto da cinquanta anni. L’autodeterminazione non è un processo istantaneo: dalla caduta di Juan Domingo Perón e la seguente instaurazione del cosiddetto corralito, il blocco dei conti correnti bancari sotto l’egida dell’FMI dal 1955 al 2001, l’Argentina implodeva; nel modo in cui, raccapriccianti similitudini con l’odierno assetto europeo di forgia occidentale, lascia desumere scenari inconfutabili. Il Fondo Monetario Internazionale nel dopo Perón: muovendosi “liberamente” all’interno di sottigliezze bancarie, diede licenza al blocco dell’erogazione dei bancomat. L’anticamera della dissipazione dei risparmi, della cessazione dei prestiti ai cittadini, ai liberi professionisti e alle imprese. Come oggi in Italia, la lotta impari di molti connazionali affaccendati nel raggiungimento di un calcolo di bilancio: il fabbisogno mensile. Al momento la voce di Cristina pare un alibi rivelato da paradigmi strettamente interculturali di un fondo; come spesso accade, tendente al raggiungimento di un fondo di bicchiere, secondo numeri commissionati a istituti di ricerca privati sull’inflazione nell’anno 2012, stabilita a oltre il 25%, reali il 10,8%. La disoccupazione è di cattivo gusto e glissare su un numero al ribasso pari al 7% è una fatica evitabile. Un evento inspiegabile a cui dare peso, l’equivalente di una rilettura dei parametri argentini troppo dispendiosa. La disinformazione che in queste ore sta falcidiando il governo Sud Americano non deriva da un monito qualsiasi.
Occorre però, a proposito, fare un passo indietro sino al 2005 e menzionare una ridente città dell’Argentina centro-orientale, Mar del Plata e un vertice di 33 capi di stato, l’inizio di un perfezionamento continentale: la “cooperazione Kirchner-Lula” in opposizione all’ALCA progettata da George Bush. L’apoteosi del mercato esclusivo, continentale, volutamente concepito per trasformare l’America latina in un emisfero-stabilimento a basso costo per le multinazionali statunitensi; la creazione di una sala macchine industriale della produzione nordamericana in grado di contrastare l’ascesa della “Grande Muraglia” cinese. Un vertice in grado di gettare le basi per il dialogo tra le diverse componenti sud americane, l’abbandono ad anni di sovranità nazionale e del continente, limitata. Il quadro politico internazionale vede oggi interpreti politici differenti. Da un angolatura diversa e da uno sprint prepostoci, dimostrato dalle forze in gioco negli anni duemila, l’Argentina, non si presta ad un interpretazione in maniche di camicia chine. Del resto, dove soffiano i torridi venti del foehn andino, lo “zonda”, è una questione di guida e di fato.