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L’irresistibile passione del Corrierone per Xi Jinping

di Vincenzo Pacifici
6 Gennaio 2019
in Il punto
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L’irresistibile passione del Corrierone per Xi Jinping
       

   Non mancano quotidianamente nella nostra terra prove dell’incredibile innamoramento, della stucchevole infatuazione. A recarne prove è l’immarcescibile “Corriere della Sera”, amico sin dalla “culla (1876) dei potenti e dei detentori del potere.

   E’ stata innalzata giorni or sono un’ode ammirata, tanto infondata quanto retorica, per Xi Jinping, considerato l’unico personaggio capace di battersi senza pari “per rafforzare il proprio Paese senza confondere l’interesse nazionale con il proprio di breve respiro e che abbia al tempo stesso cercato di presentare la propria nazione come portatrice di valori “.

   Non ha davvero il “premier” (è controproducente ma più corrispondente al vero, definirlo il “dittatore”) preoccupazioni elettorali, chè nel suo Paese le consultazioni popolari sono unicamente grottesche, e sarebbe per lui arduo se non impossibile spiegare ad un uditorio del mondo libero meno asservito i “valori” di cui è “portatore”. E’ freschissima l’ulteriore dimostrazione della sua vera natura recata dal cinese con le minacce e le pressioni sulla libera e autenticamente democratica Taiwan.

   D’altro verso in Italia – e non da oggi – verso Oriente si segue l’esempio di Marco Polo ed i mercanti (nella veste odierna da chiamare “industriali”) sono guidati e giustificati dall’aurea (per loro)  massima “pecunia non olet”.  Si è giunti persino a proclamare o meglio incoronare Xi “tanto influente quanto unico a imporre le sue regole”.

   Più che regole sono operazioni lucrose, da rifiutare e da respingere senza la minima esitazione se l’Occidente non si fosse spogliato di ogni principio e non avesse perduto senno e lucidità. Illuminanti sulla natura di fondo della mentalità dilagante sono le dichiarazioni fatte dal presidente della Lega calcio di serie A, tale Miccichè, a proposito di un incontro di pallone tra squadre italiane programmato il 16 prossimo in Arabia Saudita, cui era stata proibita la presenza delle donne. Il suddetto signore ha sottolineato che lo Stato ospitante, ai primissimi posti della graduatoria mondiale nella esecuzione delle pene capitali, “è il maggior partner commerciale nell’area mediorientale con decine di importanti aziende italiane impegnate”. Ha poi giustificato l’ orientamento iniziale, poi nebulosamente modificato,  con il fatto che l’Arabia Saudita vanta “proprie leggi sedimentate da anni, dove tradizioni locali impongono vincoli che non possono essere cambiati dal giorno alla notte”.

   Una panoramica sulla carta stampata degli ultimi mesi consente di rilevare la concretezza della denunzia e la vacuità reclamistica, da “dolus bonus” mercantile, dei panerigici.   Secondo gli ultimi dati resi noti da “Amnesty International” Pechino rimane incontrastato “leader mondiale” degli Stati in cui è praticata la pena di morte.

   Voci autorevoli del mondo cattolico hanno espresso riserve fondate e non pretestuose sul recente accordo, rimasto segreto, tra Vaticano e Cina. La Chiesa, secondo questi giudizi, risulta “svenduta”.

   Intanto il “Quotidiano del Popolo”, senza alcun timore di conseguenze nel “libero e democratico mondo occidentale” ha pubblicato la notizia che il tycoon del capitalismo online è membro del Partito comunista cinese.

   La redazione del quotidiano di via Solferino, riconoscendogli “visione di lungo periodo, mancanza di veri nemici, un’orgogliosa battaglia per rafforzare l’immagine del suo Paese”, ha incoronato Xi Jinping, segretario generale del Partito comunista e presidente della Repubblica popolare dal 2013, come “uomo della svolta nel 2018”. Si tratta – è bene ricordarlo mentre si ironizza sul presidente brasiliano, liberamente eletto, sin dal suo insediamento – dello stesso dittatore, che ha definito il marxismo “l’ideologia guida”, diventata “lo strumento per coltivare la lealtà del partito e rafforzare la sua autorità”.

   Dal settimanale dello stesso giornale, dopo un’incantata descrizione della Repubblica “popolare”, senza accorgersi della contraddizione logica e storica, la si etichetta come “passionalmente nazionalista” mentre “consapevole della propria potenza” è marxisticamente imperialista.

  Nel quotidiano, invece, secondo le parole di Gesù, riportate da San Matteo, “non sappia la mano sinistra ciò che fa la mano destra”, non si nascondono le tante illegalità commesse per decenni dalla Cina per spadroneggiare nelle competizioni internazionali. Come non bastassero appunto gli infiniti errori compiuti dagli industriali con il loro innamoramento, oggi si cerca di attrarre, come non fosse il preludio di una scontata acquisizione della c.d. Nuova Vita della Seta, Venezia rimproverata in una nota del solito foglio di cronica “albagia” (recte, rispetto della propria storia).

Tags: Chiesa cattolicaCinaCorriere della SeraeconomiaTaiwanXi Jinping
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