È ormai noto che i terroristi islamici hanno uno strano senso dell’umorismo. O forse non ne hanno affatto e sono solo dei pericolosi dementi. In ogni caso per loro il coronavirus è un flagello di Dio che colpisce soprattutto i paesi degli “infedeli e degli apostati”. Come segnala Analisi Difesa sulla rivista online an-Naba (l’Allarme), organo dell’Isis, si sostiene con pervicacia che il Coronavirus sia stato mandato da Allah in persona, ribadendo un concetto già espresso a febbraio dalla stessa pubblicazione on line jihadista, che aveva definito il Covid-19 come un prodotto della volontà divina.

L’articolo di copertina si sofferma sulla geografia della pandemia, utilizzata come una sorta di conferma che “il flagello di Dio” sta colpendo “i paesi degli infedeli e degli apostati”.
In evidenza vi sono quindi l’Europa cristiana e l’Iran sciita continuando quindi l’analisi che già in gennaio aveva portato la redazione di an-Naba a rilevare che l’epidemia era scoppiata in Cina, “regime comunista e quindi ostile all’ Islam” ricordando le dure discriminazioni e repressioni attuate da Pechino contro la comunità uigura musulmana della regione dello Xinjang.
L’articolo invita comunque i fedeli musulmani a “non entrare nelle zone infettate” e coloro che sono stati contagiati a “non uscire dalle zone colpite” dalla pandemia. La propaganda dello Stato Islamico motiva con la teoria della punizione divina la minore diffusione dei virus in molti paesi sunniti quali Afghanistan, Egitto, Algeria, Iraq o Indonesia, colpiti in maniera relativamente minore rispetto all’Europa, alla Cina, all’Iran e agli USA.
Per l’Isis quindi il virus costituisce un’inaspettata opportunità per colpire meglio i paesi del Dar al Harb, (i territori della guerra) dove il jihad contro gli infedeli è favorito dalle difficoltà dei governi occidentali dovute al Covid-19 sono ora in difficoltà, “in stato di paralisi”, su tutti i fronti, come afferma an Naba incitando i jihadisti a colpirli “con azioni simili a quelle già compiute a Parigi, Londra, Bruxelles”.
Nonostante la propaganda non tutti i miliziani dell’Isis sembrano convinti che il virus colpisca solo i nemici di Allah, come dimostra anche la rivolta dei prigionieri dello Stato Islamico che il 29 marzo ha messo a ferro e fuoco una delle due prigioni di Hasaka nella Siria nord orientale. La rivolta era motivata proprio dal terrore di venire contagiati dal Covid -19 a causa dell’affollamento del carcere in cui sono rinchiusi 5mila prigionieri.
Per controllare la situazione sono intervenuti anche velivoli e truppe statunitensi della Coalizione anti-Isis: le milizie curde hanno ripristinato l’ordine e catturato quattro evasi solo il 31 marzo.
Fonte Analisi Difesa
E’ una notizia preoccupante, mi auguro che gli organi di intelligence vigileranno