Luxardo, l’azienda del celebre maraschino, compie duecento anni e le Poste italiane le dedicano un francobollo. Un’ottima idea per festeggiare una lunga vicenda imprenditoriale di successo e una bella quanto dolorosa saga familiare (tutta fieramente italiana). Fondata nel 1821 a Zara, principale centro italianofono della Dalmazia, nel corso del tempo l’azienda s’impose sui principali mercati dell’epoca e nel 1913 Michelangelo Luxardo, terza generazione, costruì un imponente stabilimento, tra i più grandi nell’Impero Austro-Ungarico. L’espansione felicemente continuò con l’annessione all’Italia per arrestarsi bruscamente nel 1940 con lo scoppio della Seconda guerra mondiale. Nel 1943 la quasi totale distruzione dello stabilimento a opera dei bombardamenti anglo-americani e nel 1944 la tragedia. Zara venne occupata dai partigiani comunisti di Tito e gli abitanti costretti a fuggire. Ma non tutti riuscirono a scappare e molti furono massacrati dai titini. Non vi fu pietà per alcuno. Tanto meno per i Luxardo, famiglia d’imprenditori (dunque “nemici del popolo”) e fieramente italiana (quindi “fascisti”). Terribile fu la sorte di Pietro Luxardo e del fratello Nicolò con la moglie Bianca: arrestati, torturati, poi gettati in mare e annegati a bastonate. Orrore, solo orrore.
Dispersa la famiglia, confiscato dai comunisti jugoslavi lo stabilimento, l’attività della Luxardo sembrava essere giunta alla fine. Capolinea. L’esodo e l’esilio. Ma questa è una storia di veri dalmati. Quindi coraggio, intraprendenza e nuovi traguardi. Con una lungimirante visione, Giorgio Luxardo, l’unico dei fratelli superstiti, ebbe l’audacia o la follia (poco importa…) di ripartire da zero. Assieme al giovane Nicolò junior scelse proprio il 10 febbraio 1947 (il giorno del Trattato di Pace di Parigi, con cui la sua città natale, la sua piccola patria, veniva ceduta alla Jugoslavia) per inaugurare lo stabilimento di Torreglia, in provincia di Padova. Un azzardo vincente. Una sfida. L’ennesima.
Non fu facile. Al tempo il Veneto rurale era poverissimo e chiuso, ma Giorgio riuscì a convincere i coltivatori del luogo (i colli Euganei) a coltivare le preziose marasche portate da Zara per realizzare sia il celebre Maraschino che il Cherry ‘Sangue Morlacco’ (un brand inventato da D’Annunzio, grande amico della famiglia). Presto le bottiglie Luxardo ricomparvero sulle tavole degli italiani e non solo. Oggi, nello stabilimento di Torreglia, sviluppato su 12mila metri quadri coperti, lavorano tre generazioni della famiglia e (indotto compreso) qualche centinaio di lavoratori. Risultato? Le cilegie marasche vengono lavorate e tutta la filiera è direttamente controllata, come ai primordi zaratini, dalla materia prima all’imbottigliamento, fino a produrre ogni anno sei milioni di bottiglie. Nel tempo, accanto ai prodotti storici, si sono aggiunti altri liquori tipici della tradizione italiana, come Sambuca dei Cesari, Amaretto di Saschira, Limoncello, Aperitivo. Da circa un decennio, inoltre, è stata avviata una linea di produzione di confetture di alta gamma, destinate alla pasticceria. Evviva i Luxardo.