Lo Yemen è nel caos assoluto e l’unica notizia certa è l’aumento del prezzo del petrolio. Una pessima notizia per gli yemeniti e un cattiva nuova per le economie del pianeta. Andiamo, per ordine. Dopo gli attacchi terroristici alle moschee della capitale e l’occupazione sciita di Taiz, terza città del paese, a prevalenza sunnita, prudentemente il presidente Abdu Rabu Mansour Hadi (non proprio un valoroso…) è scappato in Arabia Saudita; intanto i miliziani sciiti huthi conquistavano l’aeroporto di Aden, l’ultima roccaforte dei sunniti governativi. Ad appoggiare il governo legittimo (attualmente la legittimità è un dato abbastanza controverso nello Yemen…) rimane una coalizione di dieci paesi arabi, guidata dall’Arabia Saudita e dall’Egitto e sostenuta dagli Stati Uniti (che forniscono appoggio logistico e di intelligence).
Per il momento l’alleanza è impegnata in un campagna aerea (le aeronautiche di Arabia, Qatar, Emirati, Kuwait Bahrein, Egitto, Giordania, Marocco, Sudan sono tutte mobilitate) e prepara un blocco navale per “blindare” le coste yemenite e impedire rinforzi e rifornimenti (da Teheran?) agli insorti. Ad oggi quattro unità dell’Egitto sono entrate nel canale di Suez per proteggere il Golfo di Aden e il Pakistan ha promesso una squadra navale di rinforzo. Una scelta non casuale: chi controlla lo stretto del Babel-Mandeb condiziona i flussi economici e petroliferi regionali. Gli analisti ritengono, inoltre, molto probabile anche una spedizione di truppe pakistane ed egiziane (di certo non le più addestrate ma di sicuro le più spendibili per i monarchi del Golfo) a sostegno delle deboli milizie governative.
Il caos yemenita aggrava e aggroviglia ancor più il conflitto inter-islamico. Dietro allo scontro in atto tra lo sciismo zaidita (di cui gli huthi del nord sono un gruppo minoritario, con riti differenti dal rito duodecimano dell’Iran) si riapre lo scontro tra Arabia saudita e Iran per l’egemonia regionale. Mentre Teheran appoggia (con l’accordo degli americani) i curdi in Iraq e Assad in Siria, Riad e Il Cairo, con il benestare della Lega araba, cercano da mesi di creare un’alleanza militare araba “multifunzione”: lo Yemen, insieme alla Libia, fonti di insicurezza comuni per sauditi ed egiziani, erano in testa alla lista dei possibili teatri operativi.
Mentre gli americani hanno già scelto — in modo obliquo come loro costume: con l’Iran nel Kurdistan e con i sauditi nello Yemen — l’Europa deve decidere cosa fare. Suez e il “Mediterraneo allargato” — ovvero il Mar Rosso, l’Oceano Indiano settentrionale e il Golfo Persico — è anche un problema nostro.