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Home Economia

L’Upper Class del capitalismo clientelare. Dogmi, tabù e mentalità

di Francesco Marotta
2 Luglio 2016
in Economia, Home
0
L’Upper Class del capitalismo clientelare. Dogmi, tabù e mentalità
       

Capitalismo clientelare immagine

 

 

Non possiamo sottrarci da una condotta moralmente ed eticamente irreprensibile. Questo è quello che dicono tutti, spaziando dai contesti lavorativi all’ambito dei rapporti sociali, sino ad invadere la sfera religiosa e politica. Basta ascoltare con attenzione i sermoni domenicali, quelli del venerdì islamico e leggere in tutta Europa, cosa c’è scritto sui cartelloni elettorali che invitano al voto ; attribuendo a seconda del politico in questione gli oneri dell’onestà, della responsabilità, di un certo attaccamento alla “società civile” (uno degli slogan del liberalismo politico. Società s.f. [dal lat. sociětas ­atis, der. di socius «socio»] ), proponendo un’ampia gamma di un rinnovato «patto coi cittadini».

 

Ma cosa c’è di strano in tutto questo, visto che denota il solito manuale etico­-deontologico ? A prima vista nulla. Poi invece, ripensando ad una delle massime di Montesquieu, quella cui il capitalismo ed il mercato hanno una funzione risanatrice e conveniente per la società, tutto appare all’istante come l’insieme di un atteggiamento opportunisticamente falsificato. Diciamo pure che dai limiti sociali allo sviluppo del giornalista finanziario ed economista Fred Hirsch (Hirsh F. (1991), “I limiti sociali allo sviluppo”, Milano, Bompiani), qualcosa è cambiato.

 

Conosciamo più o meno tutti le caratteristiche economiche e finanziarie degli anni ‘70 e‘90. Meno purtroppo a causa del poco interesse, uno dei processi evolutivi del capitalismo contemporaneo. Rifacendoci in particolare ad una delle nozioni di Hirsh e allo sgretolamento della morale capitalista che oggi, può essere tranquillamente aggiornata. A tal proposito ci giunge in aiuto la disamina sul capitalismo clientelare di Maurizio Franzini, professore ordinario di economia politica all’Università La Sapienza di Roma: propenso a porre l’attenzione «sui rapporti tra mondo degli affari e le pubbliche amministrazioni».

 

Dai suoi scritti e in particolare dalle pagine on line dell’Associazione Etica ed Economia (Menabó di Etica ed Economia, www.eticaeconimia.it), emerge quanto «le ricchezze possedute da persone con non elevatissimi valori morali possono trasformarsi in seduzioni irresistibili anche per chi non pone troppo in basso l’asticella dei propri valori». Ho citato volutamente il sito per indicare un’analisi degna di nota: sviluppata minuziosamente, osservando le risultanze della comparazione tra costi e benefici delle multinazionali e non e, della comprovata connivenza, con alcuni rappresentati delle amministrazioni pubbliche. Riuscendo così ad evidenziare l’uso di una bilancia valutativa ed il peso della convenienza economica che come al solito, non viene neppure presa in considerazione dall’immaginario antimetafisico.

 

E quali sono allora la mentalità e la spinta dell’Upper Class che investe tutti i settori della società ? Una forte inclinazione materialista e il valore di uno standard economicista che invade i contenuti della comunicazione, propenso alla normatività a senso unico dei “nuovi diritti sociali” (obblighi e doveri? Sono un’altra cosa. Sono esclusi) e del rischio descritto da Franzoni, quando indica il superamento senza limiti del «costo di una violazione dei propri valori morali altissimo». Il quale non dimentichiamolo, è in ogni caso una caratteristica peculiare del capitalismo. Finalmente, possiamo apprezzare la qualità ed un numero considerevole di riflessioni sull’argomento, libere da griglie di repertorio e da schemi di valutazione.

 

Il totalitarismo che risiede alle spalle dell’ideologia liberale e di quella progressista si nutre dell’intreccio di regole, di norme sociali e codici di comportamento omnicomprensivi, dilatando smisuratamente le disuguaglianze e favorendo una deontologia del clientelismo e della produttività rappresentativa socio­culturale, politica, economica, finanziaria e di un determinarsi e ripetersi tutti i giorni, alla stessa maniera. Quel senso di frustrazione e di noia che spersonalizza i popoli e le comunità del “Vecchio Continente”, alle prese con una reclame in più e una certezza in meno: nella società post-moderna, l’opportunismo di pochi e l’insolvibilità dei tanti, sono poco più di un convenevole.

 

Vogliamo ancora dubitare che i cinque sensi e la comunicazione, sono economizzati fino all’esasperazione ? Buon risveglio.

Tags: capitalismodemocraziaeconomiaMauro Franzini
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