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M. De Feudis/ Chi è Marco Gervasoni, il prof. che polemizza Mattarella

di Redazione
12 Maggio 2021
in Rassegna Stampa
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M. De Feudis/ Chi è Marco Gervasoni, il prof. che polemizza Mattarella
       

Studioso del populismo, neo ideologo del sovranismo e allo stesso tempo scatenato critico dell’establishment e dei tic della sinistra conformista. Marco Gervasoni, professore ordinario di Storia contemporanea nel Dipartimento di Scienze Umane Sociali dell’Università del Molise, vive planando sul doppio binario tra la dimensione di “puntuto” ricercatore politico e quella di irrefrenabile polemista social. E proprio lo stile da irriducibile bastian contrario gli ha causato conflitti con i gestori dei social e la perquisizione dei Ros nell’ambito dell’indagine per minacce a offese al presidente della Repubblica Sergio Mattarella (definito in un post “capo del regime sanitocratico”). E così l’accademico romano finisce nella lista (lunga) di docenti che sul web perdono l’aplomb istituzionale, come nei recenti casi del professor Giovani Gozzini, autore di giudizi ferocemente tranchant sulla leader di FdI Giorgia Meloni, o di Emanuele Castrucci, filosofo dell’Università di Siena, curatore per le edizioni Adelphi dei testi del giurista tedesco Carl Schmitt, osteggiato dal suo ateneo per post in cui evocava i fantasmi del Novecento.

Socialista di formazione, geopoliticamente schierato con i conservatori occidentalisti, strenuo difensore delle posizioni dello stato d’Israele, laureato in Lettere all’Università di Milano, dottorato di ricerca in Storia politica-Ecole des Hautes Etudes en Sciences Sociales, a Parigi, Gervasoni è un commentatore implacabile sulla prima pagine del Giornale di Alessandro Sallusti (prima sulle colonne del Messaggero e anni prima su quelle del Riformista). In passato è stato direttore scientifico della Fondazione Craxi, tra i primi firmatari del Comitato d’onore per il ventesimo anniversario della comparsa dello statista milanese, nonché membro del comitato scientifico della fondazione socialista dedicata all’antifascista pugliese Giuseppe Di Vagno. E’ presente nello stesso organismo della Fondazione Tatarella. In passato è stato premiato per volumi di ricerca su Piero Gobetti e François Mitterrand. 

Nel 2017, in piena ascesa del lepenismo in Francia, in contemporanea con le presidenziali, ha pubblicato per Marsilio  “La Francia in nero”, un documentato testo che inquadra l’origine del radicalismo di destra transalpino a partire dalla Rivoluzione del 1789: in quella sede rilevò le distanze tra il Msi e il nazional populismo del Front National (Giorgio Almirante fondò l’eurodestra con i rivali del Parti des Forces Nouvelles), e confutò l’antisemitismo della Fiamma francese “eliminato nella gestione di Marine, che ha rotto con il padre fondatore su questo tema”. “I frontisti – spiegò in una intervista – non usano nemmeno la parola ‘destra’”. Sulla natura politica del lepenismo aggiungeva: “La categoria populista è utilizzata ovunque, ma la Francia già nell’800 con il generale Georges Boulanger e successivamente negli anni ‘50 con Pierre Poujade presentava tratti populisti. Jean Marie Le Pen era il braccio destro di Poujade”. Nel 2019 ha scritto il pamphlet “La rivoluzione sovranista” per la casa editrice conservatrice Giubilei-Regnani.

Recente è la polemica con il vicepresidente della regione Emilia Romagna, l’ex eurodeputata Elly Schlein, definita in un commento social “Ma ch’è, n’omo?”. Commento che gli costò anche un rinvio alla Commissione etica da parte del Senato accademico dell’ateneo molisano. Lui si difese, sia in pubblico che in privato, sostenendo fosse un “esperimento sociale contro il conformismo”. “Si possono fare commenti sul fisico della Meloni, di Salvini, Trump e Berlusconi. Mentre non è consentito farlo su esponenti di sinistra. Lo abbiamo visto molte volte. Ho pensato quindi di fare questo piccolo esperimento dopo aver visto l’interessante copertina de ‘L’Espresso’, che giocava sull’immagine mascolina di Schlein, la quale è stata più volte definita gender fluid”.

Ruvidi anche i commenti a difesa della posizione meloniana del blocco navale, così come molto polemici sono stati negli ultimi mesi i post sulla Lega di governo sostenitrice del governo Draghi, mentre apprezza in pieno la scelta di Giorgia Meloni all’opposizione con FdI. Il suo ultimo post è sull’immigrazione, tema sul quale ha posizioni molto rigide (“è in atto una invasione”), in parte compatibili con il pensiero dell’intellettuale ex progressista francese Renaud Camus. Fece scandalo il suo post sui social contro la nave di un’ong tedesca, che si augurava venisse fatta saltare in aria: “Ha ragione Giorgia Meloni, la Sea-Watch va affondata. Quindi Sea-Watch bum bum, a meno che non si trovi un mezzo meno rumoroso”. Il tweet, del settembre 2019, gli costò l’interruzione del rapporto con la Luiss, dove insegnava – a contratto – Storia comparata dei sistemi politici.

La sua rassegna stampa mattutina è un appuntamento social legato all’attualità dei temi del centrodestra che vede più o meno così: “Ottima cosa. Se la Lega diventerà una forza liberale con Fratelli d’Italia patriottico conservatore, il nuovo centrodestra potrebbe nascere”, ha scritto poche ore fa su Facebook. Su Twitter si è schierato a sua difesa Vittorio Feltri, direttore di “Libero”: “Giù le mani da Gervasoni che è un ottimo professore ed eccellente editorialista con l’unico vizio di non essere di sinistra”.

Michele De Feudis, Il Foglio, 12 maggio 2021

Tags: Marco GervasoniMichele De FeudisSergio Mattarella
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