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M. Tarchi/ I grillini piangono e i sovranisti non ridono

di Redazione
15 Ottobre 2019
in Rassegna Stampa
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M. Tarchi/ I grillini piangono e i sovranisti non ridono
       

La nascita del governo Conte bis presenta evidenti problemi strutturali a partire dalle sue fondamenta, costituite dall’alleanza tra Movimento 5 Stelle e Partito democratico, cioè due partiti che nel recente passato si sono ricoperti reciprocamente di ogni tipo di ingiuria politica.

“Questa mossa rischia di portare il Movimento 5 Stelle sulla via dell’implosione e del definitivo ridimensionamento elettorale. Buona parte di coloro che, dal 2012 in poi, hanno concesso loro fiducia votandoli li vedeva come una formazione avversa all’establishment e alle discutibili pratiche del ceto politico tradizionale. Non a caso, uno dei loro bersagli polemici preferiti – si potrebbe dire quello principale – era il Partito democratico”. Parole che escono dalla bocca di Marco Tarchi, politologo, tra i massimi esperti in materia di populismo nonché professore di scienza politica all’Università di Firenze.

Professor Tarchi, Il M5s ha stretto un accordo con il Pd per dare vita al Conte bis. Quali conseguenze avrà questa mossa sul futuro politico dei grillini?

Questo brusco cambio di strategia potrebbe sconcertare gli elettori e indurli all’astensione. L’unica speranza che il gruppo dirigente del M5s ha per tenere legato almeno un 20% dell’elettorato è dimostrare di potere, di fatto, guidare le scelte del governo “neutralizzando” gli alleati e costringendoli all’insignificanza. Ma la nascita del partito di Renzi complica molto le cose. E anche fra i militanti è evidente un crescente disaccordo sulle scelte fatte di recente.

Come si è evoluto il M5s in questi ultimi anni? Ha tradito i suoi elettori e le missioni che si prefiggeva di completare?

Qualche risultato lo ha portato a casa, durante l’esperienza di governo, ma ha dovuto rinunciare alla pretesa e alla promessa di governare da solo, piegandosi alla logica dei compromessi, poco digeribile per molti dei suoi sostenitori. E la rottura del “contratto” con la Lega lo pone di fronte ad un bivio pericoloso: integrarsi in una sorta di nuovo centrosinistra o condannarsi, in futuro, ad una opposizione solitaria ma fortemente minoritaria.

Come valuta la mossa di Salvini di staccare la spina al governo? Quali errori ha fatto il leader della Lega?

È stata un errore molto grave, che ha già comportato conseguenze molto negative per la Lega, come la perdita di spazi mediatici e la nomina di Gentiloni a commissario dell’Unione europea al posto di un suo esponente. Può darsi che, come taluni sostengono, la rottura sia stata decisa fidandosi di rassicurazioni di Mattarella e Zingaretti su nuove elezioni, ma se anche così fosse si tratterebbe di un esempio di ingenuità ben poco compatibile con le ambizioni del leader leghista.

Ora che la Lega non è più al governo, come crede evolverà la figura di Salvini?

Immagino che insisterà sui suoi temi-chiave, che potrà sostenere con ancora maggiore radicalità, non avendo più i vincoli dell’azione governativa, che impone sempre un ricorso alla moderazione dei progetti massimalisti. Ma se Pd e M5S non romperanno, ancorarsi a una sempiterna richiesta di elezioni senza raggiungere l’obiettivo potrebbe nuocergli, facendolo apparire privo di influenza sulle politiche del paese.

La Meloni potrebbe trarre un buon vantaggio elettorale in seguito allo scivolone di Salvini? Può rosicchiare consensi alla Lega?

Limitatamente, almeno fino a quando la sostanza del suo progetto politico si limiterà a una sorta di riedizione solo parzialmente aggiornata del trittico Dio-Patria-Famiglia. Il sovranismo meloniano pare una riproduzione di un nazionalismo d’altri tempi, di corto respiro. E la concorrenza diretta alla Lega nel suo terreno di caccia è condizionata dal fatto che Fratelli d’Italia guarda anche alla possibilità di un recupero di elettori moderati. Ne deriva uno strabismo che, alla lunga, può diventare paralizzante.

Molti giornali continuano a invocare pericolose “ombre nere” sull’Italia, alludendo a un imminente pericolo fascista. Crede sia una reazione esagerata?

Senza dubbio. I micropartiti nostalgici del fascismo sono marginali e ininfluenti. E non avrebbero il seguito militante di cui per adesso dispongono se, a suo tempo, i postfascisti di Alleanza nazionale non avessero gettato a mare la loro organizzazione giovanile, che secondo Fini dava ombra al suo riciclaggio in senso liberale. Mancando un progetto di formazione credibile, a qualche migliaio di ragazze e ragazzi non è rimasta altra scelta che rituffarsi in vecchi miti. Che politicamente non hanno alcun margine di spendibilità.

Allarghiamo lo sguardo all’Europa: i partiti sovranisti e populisti sono in difficoltà. Come se lo spiega?

Non c’è un unico motivo, al di là dell’avversione generalizzata di cui sono oggetto nella scena mediatica e in quella intellettuale, che in una certa misura li penalizza. In alcuni casi sono stati vittime della loro impreparazione ad assumere ruoli di corresponsabilità governativa (vedi l’Austria, con il clamoroso caso-Strache, ma non solo). In altri si sono visti sottrarre da partiti “mainstream” alcuni dei loro cavalli di battaglia: si vedano Danimarca e Olanda, dove persino i socialisti hanno varato misure molto stringenti contro l’immigrazione. Ma non è una novità che i consensi per i partiti populisti abbiano un andamento ciclico: è sempre stato così. Dipende soprattutto al fatto che raccolgono molti voti di protesta: in periodi in cui la sensazione di star vivendo una crisi è meno diffusa (magari perché i media la attutiscono, sciorinando statistiche rassicuranti o dando molto spazio ad altre questioni), la loro capacità di attrazione cala.

Lei, Professor Tarchi, ha definito il populismo come una mentalità piuttosto che un’ideologia o un semplice stile comunicativo, sottolineandone la trasversalità rispetto alla classica dicotomia destra/sinistra. Ma c’è qualcosa che differenzia un populismo di destra da uno di sinistra?

Sì. Se il populismo fosse un’ideologia, non lo si potrebbe suddividere in queste sue forme. Ma proprio perché è una mentalità, i suoi elementi di base si possono combinare, a seconda delle circostanze, delle opportunità esistenti o degli obiettivi coltivati dai suoi esponenti più influenti, con suggestioni ideologiche di vario genere. Così, fra Chavez e Marine Le Pen, ad esempio, esistono molte differenze di accenti e specificazioni se si leggono o si ascoltano i loro discorsi. Tuttavia, in entrambi i “filoni” sono presenti le caratteristiche basilari del populismo: l’elevazione del popolo a soggetto supremo della vita pubblica, la denuncia dei vizi delle “oligarchie”, l’insofferenza per le mediazioni e i compromessi, la convinzione che “chi sta in basso” sia eticamente superiore a “chi sta in alto”.

Federico Giuliani, Il Giornale 14 ottobre 2019

Tags: Marco TarchiMatteo SalviniMovimento 5 stellepopulismosovranismo
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