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Home Europae

Macron senza maggioranza, finisce il tempo dell’arroganza. Il re è nudo

di Marco Valle
22 Giugno 2022
in Europae, Home
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Macron senza maggioranza, finisce il tempo dell’arroganza. Il re è nudo
       

Grande è la confusione (e l’imbarazzo) sotto il tetto dell’Eliseo. I risultati elettorali di domenica 19 faticano ad essere digeriti dallo frastornato staff di Emmanuel Macron. L’appello presidenziale per una maggioranza “chiara e solida” è stato bruscamente rottamato dagli elettori (o almeno da quel risicato 46,23 per cento che è andato alle urne) e la coalizione macroniana — La République en marche (LRM), i MoDem e Horizon — si è dovuta accontentare di solo 246 seggi, numeri ben lontani dallo scintillante risultato (330 seggi) di cinque anni fa e soprattutto dalla maggioranza assoluta (289 seggi) indispensabile per governare il glorioso Palais Bourbon.

Perso il controllo sull’Assemblea nazionale, Macron deve confrontarsi con un paesaggio politico inedito e frammentato che riporta gli orologi al 1958, l’ultima fase della tormentata IV° repubblica.A sinistra vi è ora, con 142 seggi, una rissosa e già dilaniata galassia massimalista, a destra c’è il sorprendente Rassemblement National di Marine Le Pen con 89 deputati (i veri vincitori di queste elezioni…) e poi i 64 sopravvissuti post-gollisti Républicains più qualche frattaglia ininfluente.

Ad oggi una situazione ingestibile. L’inquilino dell’Eliseo è in minoranza è rischia la paralisi istituzionale. Dove troverà i voti per far approvare le sue contestate riforme o le nomine istituzionali? L’unica opzione al momento è prendere tempo e mantenere un profilo basso. Ieri Macron ha respinto le dimissioni della prima ministra Elisabeth Borne e a convocato l’intero governo a Matignon. Un passaggio necessario poiché tre ministre — Amélie de Montchalin (transizione ecologica), Brigitte Bourugnon (salute) e Justine Bénin (Mare) — sono state impallinate dagli elettori e devono dimettersi.

L’annunciato rimpasto, ovviamente, può essere l’occasione per imbarcare in una nuova maggioranza altre componenti o almeno dei singoli — il pensiero va ai moderati di destra e sinistra desiderosi di una sistemazione — e non a caso Olivia Gregoire, capofila macronista, già annuncia che «bisogna superare i vecchi schemi e lavorare con tutti coloro che vogliono far avanzare il paese. La mano è tesa». Sulle stesse frequenze anche la signora Borne che «constatato che non vi sono alternative», d’ora in poi lavorerà «per costruire una maggioranza d’azione, capace di continuare sulla strada delle riforme necessarie».

Aperture che non sembrano però convincere nessuno. Nel suo incontro di ieri con Christian Jacob, presidente dei Républicains, Macron ha registrato un garbato ma fermo no ad ogni ipotesi di coalizione o di alleanza. «Non tradiremo i nostri elettori», ha affermato Jacob smentendo così alcune voci interne al suo partito — tra tutte quelle di Christelle Morançais, presidente regionale della Loira — favorevoli a «un patto di governo da costruire dalla A alla Z, poiché questo è il tempo del coraggio e della responsabilità».

Al netto della retorica e delle piroette propagandistiche, in molti si chiedono quanto i postgollisti — molto indeboliti dopo il fallimento alle presidenziali della loro Valérie Pécresse ma strutturalmente governisti — riusciranno a resistere alle sirene macroniane. Di certo un loro appoggio ad un nuovo governo non potrà essere gratuito ne indolore. La prima a saperlo è proprio la signora Borne, oggi più che mai traballante.

Sullo sfondo rimane l’ipotesi estrema. Lo scioglimento delle camere previsto dall’articolo 12 della Costituzione francese. Una prerogativa del presidente. Rimane aperta la cruciale questione dei tempi. È possibile tornare alle urne tra qualche mese, oppure bisogna attendere un anno? I costituzionalisti gallici già litigano e si dividono, ma la Francia può bloccarsi sino alla primavera del 2023?

Tags: Emmanuel MacronFranciaMarine Le Pen
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