È bello sentire Mario Draghi dire: i governi passano l’Italia resta. Come è stato bello sentire Sergio Mattarella replicare al ministro francese donna (non so più come chiamarle) che l’Italia sa badare a se stessa, non ha bisogno di badanti.
E’ bello vedere riaffiorare una traccia di amor patrio in due massime figure istituzionali che fino a ieri hanno rappresentato più i vincoli dell’Italia con l’Europa, la Nato, gli Stati Uniti, l’Economia globale che la dignità nazionale e la sovranità. Non dubito sulla loro buona fede e noto con un piccolo senso di soddisfazione che il voto popolare a favore della destra nazionale, della “patriota” Giorgia Meloni, a qualcosa intanto è servito. A far riparlare d’Italia in un paese che di solito tende a dimenticarsene o a oltraggiarla.
Poi, però ci viene qualche malizioso dubbio. Draghi quando diceva che i governi passano ma l’Italia resta, intendeva davvero riferirsi al suo governo al capolinea, oppure era un messaggio per il prossimo governo, e ai poteri che contano? Ovvero anche la Meloni passerà, mentre il Sistema-Paese che voi conoscete, resterà. Intendiamoci, l’affermazione non solo è comunque nobile e anche giusta, perché nessun governo conta più della nazione.
Si può però notare che Draghi non ha precisato “come” resta l’Italia: ovvero è l’Italia di sempre che resta, al palo, vincolata e subalterna all’Unione europea, alla Nato, all’Occidente e alla Finanza. Come dire: anche questa fiammata di patriottismo, questa febbre di novità, è destinata a passare, e poi si torna a casa, alla casa coloniale di sempre.
Così pure la nobile avvertenza di Mattarella sull’autonomia dell’Italia. Quando ha detto al Ministro francese Laurence Boone che si voleva intromettere nei fatti nostri e vigilare sulla nostra tenuta democratica cioè abortista, che l’Italia sa badare a se stessa, d’impulso avremmo voluto abbracciarlo, rispettosamente, senza effusioni. Finalmente ha difeso la dignità e la sovranità nazionale. Poi, ripensandoci a freddo, vengono alcuni dubbi, alcune obiezioni: ma è poi vero che l’Italia sa badare a se stessa? A giudicare dal presente ma anche dai secoli passati, i dubbi poi ti vengono. E sono dubbi che provengono non da un denigratore dell’Italia ma da un innamorato antico e ferito della propria patria. Sono stati molti più i secoli di asservimento dell’Italia che gli anni d’autonomia sovrana. Parentesi di indipendenza in un mare di invasioni, colonizzazioni, svendite allo straniero, sottomissioni, teocrazie papali.
Se il riferimento di Mattarella è al presente e alla storia recente della repubblica, le cose non cambiano, semmai peggiorano. Dal dopoguerra in poi l’Italia è stata una colonia, un satellite, una terra invasa e inginocchiata: ricordate in un corso accelerato la servitù verso gli Stati Uniti e la Nato, unita alla servitù ideologica e reale della maggiore opposizione interna alla Russia comunista. La nostra storia pesantemente condizionata da quelle presenze, quelle basi militari, quei servizi di spionaggio e controspionaggio, quei traffici, quelle ambasciate che fungevano da badanti. Ricorderete la battaglia persa sul piano economico con la progressiva colonizzazione dell’economia, la svendita del nostro patrimonio pubblico dal ’92 in poi. E prima, l’abdicazione del nostro ruolo di potenza tra computer, autonomia petrolifera ed energetica, scoperte e installazioni (do you remember Adriano Olivetti, Enrico Mattei, Felice Ippolito, e tanti altri pionieri dell’ingegno italiano?), via via cedute, boicottate, plagiate, fino a perdere la nostra primazia.
E la nostra politica estera, poi, con la cessione della Zona B a Tito l’infoibatore degli italiani, onorato come nostro amico; il silenzio davanti alla cacciata e all’esproprio degli italiani in Libia, e quanti altri silenzi, inerzie, vocine spezzate… E in giro quanti anti-italiani nostrani, quante fecce tricolori…
E oggi? Un’Italia a rimorchio che ha ceduto pezzi di sovranità toccando l’intoccabile Costituzione, la più bella del mondo ma anche la più cedevole; che accetta direttive e ordini superiori, al più ricorrendo ai sotterfugi, alle piccole furberie di sopravvivenza. I nostri governanti più dignitosi, a partire da Bettino Craxi, massacrati e costretti all’esilio; la politica almeno ambigua di Moro e Andreotti ripudiata da quando siamo diventati falchi. In questi anni abbiamo cercato protettori e badanti, abbiamo barattato mille volte la nostra dignità e la nostra sovranità per quattro soldi o per il comodo personale di chi ci vendeva. E’ giusto ora svegliarsi e sbattere sul muso di un ministro francese questa ritrovata fierezza: ma perché non la sfoderiamo mai con l’Unione europea, le sue direttive e i suoi poteri, con la Nato e l’Alleato atlantico, con i grandi poteri economici e finanziari? E’ solo a causa del debito, o c’è altro? Inevitabile poi si affaccia il dubbio che Mattarella sia insorto contro chi vuol fare da badante all’Italia immelonita perché gli ruba il posto e il mestiere. Ci sono già io a far da badante, basto io, non vi fidate di me? Spunta il legittimo dubbio che Mattarella non stesse difendendo le scelte recenti dell’Italia e il futuro governo a guida Meloni, ma se stesso e il suo ruolo di garante presso i poteri esterni e sovrastanti. Garantisco io, sorveglio io, non c’è bisogno di altri tutori senza titolo per farlo.
Espresso questo grappolo di obiezioni e questo sciame di dubbi, torniamo però a dirci soddisfatti per le affermazioni di Draghi e Mattarella: ricordatevene al momento giusto e mettete a frutto la loro dichiarazione di fierezza italiana. Intanto ci congratuliamo con loro e ci godiamo un momento eccezionale di felice allineamento di tutti i pianeti. Ci illudiamo che Mattarella e Draghi siano stati davvero, almeno per un momento, presidenti di tutti gli italiani e premurosi delle sorti del nostro paese. Luna di miele in patria. Poi torna la realtà.
Marcello Veneziani, La Verità (12 ottobre 2022)
Il discorso di insediamento alla Camera di Ignazio La Russa non lascia dubbi quanto ad asservimento. E questa sarebbe la destra patriottica. Una volta almeno avevano la scusa dell’Unione Sovietica per ripararsi sotto l’ombrello americano. Oggi sono servi e basta, come gli altri.