Un’elezione scontata quanto meritata. Saldata l’alleanza con i partner europei, festeggiato Matteo Salvini — a proposito, dov’erano i Fratelli d’Italia? Boh… —, incassati i rubli “prestati” da una banca russa molto vicina al presidente Putin, questa mattina l’assemblea dei delegati del Front National ha riconfermato la leadership della bionda signora e della sua dinastia. La nipotina Marion Marèchal-Le Pen, giovanissima deputata, ha infatti umiliato i big del partito arrivando in testa nelle votazioni per la direzione del partito. Tra tanti applausi e qualche (ben celato) mal di pancia degli antichi militanti nazionalisti, termina così il congresso del partito lepenista che rilancia da Lione la sua sfida alla vecchia politica di destra e sinistra.
La tabella di marcia è chiara: prima le elezioni dipartimentali, poi le regionali e infine le presidenziali. Insomma, bisogna costruire finalmente una solida base di eletti sul territorio (storico punto debole del FN), strappare almeno due regioni (il Nord-Passo di Calais e la Provenza-Costa Azzurra) per poi giocare nel 2017 la decisiva partita per l’Eliseo. Nicolas Bay, promosso segretario generale e capo dell’organizzazione, snocciola dati e previsioni: «su 1995 dipartimenti metropolitani, vi sono 95 dove abbiamo superato il 40 per cento dei voti alle Europee e 310 il 35 per cento. Su queste basi possiamo ipotizzare la conquista di almeno un centinaio di dipartimenti, un passaggio indispensabile per essere competitivi alle presidenziali e arrivare al secondo turno». Una previsione realista sorretta dai sondaggi sempre più favorevoli.
Il merito è tutto di Marine Le Pen che — con qualche disappunto del vecchio Jean Marie, sempre presidente onorario e, soprattutto, custode della cassa — ha saputo rinnovare radicalmente il FN e, forte di una nuova classe dirigente, rilanciarlo con vigore e spregiudicatezza. Nel suo discorso conclusivo la signora ha confermato la linea: Il Front continuerà a rivolgersi agli «invisibili, ai grandi dimenticati della politica francese, ai ceti popolari che non si riconoscono più nel Partito Socialista o nella destra dell’UMP sarkozista, ai due terzi della popolazione colpita dalla globalizzazione e dalla crisi economica». Non è retorica o propaganda: come spiegano i sondaggi il FN è ormai il primo partito per i dipendenti privati e i disoccupati e il secondo tra i funzionari, i giovani, gli artigiani e commercianti.
Numeri che preoccupano non solo Hollande, ormai in piena crisi, ma anche e soprattutto Sarkozy, appena rieletto con il 64 per cento leader dell’Union pour un Mouvement Popolaire (UMP), primo passo per una sua candidatura alle presidenziali. Non a caso Sarkò ha subito annunciato una linea politica durissima su immigrazione, sicurezza e ha ribadito la sua critica all’Europa. Mentre Marine vola, per l’ex presidente si annuncia lunga e difficile rincorsa. Tutta a destra.