Bisogna sapere cos’è, giuridicamente, l’emergenza. Essa, insieme con lo stato di eccezione, è prevista dalla Costituzione e, teoricamente, può indurre i governi alla sospensione di alcune libertà, anche fondamentali, per arginare eventi particolarmente calamitosi che mettono in serio pericolo la vita dei cittadini. Dopo l’esplosione della pandemia l’emergenza è stata “coltivata” al presidente del Consiglio e dalla maggioranza politica che sostiene l’esecutivo con particolare cura. E con qualche ragione anche se il ricorso frequente ai decreti presidenziali, i famosi DPCM, ne ha svilito la portata fino a far temere che attraverso tale sistema s’intendesse governare con la paura. Infondata l’obiezione considerando che il timore di una ancor più vasta estensione del contagio facesse naufragare il Paese, come è accaduto altrove.
Tuttavia, la dichiarazione dello stato di emergenza ha un senso quando è limitata al tempo necessario per fronteggiare una crisi e non oltre. Se dovesse accadere chi ne porta la responsabilità dovrebbe spiegare dettagliatamente le ragioni e convincere i cittadini dei motivi della reiterazione del provvedimento o del suo prolungamento. E’ accaduto invece che Giuseppe Conte ed i suoi ministri, non hanno fornito alcuna giustificazione convincente nel prorogare l’emergenza fino al 15 di ottobre ed i cittadini, frastornati, giustamente si chiedono se è vero che la fase acuta della pandemia sia stata superata o se siamo ancora nel pieno di essa. Perché delle due l’una: nel primo caso il governo dovrebbe dirlo chiaramente ed agire di conseguenza portando a suffragio della sua azione le cifre e lo stato del contagio in Italia; nel secondo caso, se la situazione appare, come a tutti – cominciando dai virologi – in fase calante e sostenibile con strumenti ordinari, per quanto talune “strette” continuano ad essere indispensabili, non si capisce perché la decisione di un provvedimento che continua a generare confusione, e in molti paura, ma anche perdita di fiducia nel governo stesso.
Per non parlare che l’emergenza limita, come abbiamo visto nei mesi scorsi, l’azione del Parlamento e conferisce di fatto al presidente del Consiglio un potere spropositato che talvolta confligge perfino con quello delle Regioni dove alcuni “governatori” sono a favore ed altri contrari creando una situazione confusa nell’opinione pubblica che non saprà, esaurita soprattutto la parentesi estiva, che cosa pensare del Covid, della sua mutazione possibile, della fase autunnale nella quale potrebbe ripresentarsi con la violenza che abbiamo conosciuto.
Insomma, il governo avrebbe fatto meglio a soprassedere, a dedicarsi al reperimento delle aule e dei docenti per iniziare in maniera decorosa l’anno scolastico, ad ingegnarsi per limitare al minimo il “lavoro da casa” e nello stesso tempo vigilare sui comportamenti del cittadini molti dei quali pensano che il pericolo sia completamente alle nostre spalle.
Lo stato di emergenza non è certo una novità nel nostro Paese. Dal 2014, anche se i più non se ne sono accorti, è stato proclamato 149 volte e 39 provvedimenti sono ancora in vigore. Ma si è trattato perlopiù di calamità naturali inerenti lo svolgimento, in condizioni precarie, della normale vita delle persone: niente a che fare con un morbo letale dal quale proteggere l’intera popolazione. Perciò nessuno ne ha chiesto il blocco.
Nel caso in parola, invece, si hanno fondati dubbi che esistano condizioni oggettive per mantenere misure precauzionali di fronte ad un pericolo imminente o in atto. A meno che le autorità non vogliano svelare la verità e tenerci in una sorta di limbo: sarebbe gravissimo sotto molti profili e, dunque, illegittimo dal punto di vista comportamentale.
Insomma, dopo la proroga dobbiamo preoccuparci di più o di meno? E’ questo che la gente vuole sapere.
Ci risulta alquanto incomprensibile che in nazioni dove il Covid in queste settimane sta manifestandosi in maniera più aggressiva che da noi dove invece sembra stia scemando, è stato revocato lo stato di emergenza: il Francia il 10 luglio, in Spagna il 21 giugno, in Ungheria il 16 giugno, il Portogallo il 2 giugno dove l’emergenza è stata sostituita dal governo di Lisbona con la dichiarazione di calamità che è altra cosa, in Germania non è stato mai dichiarato, ma è sono stati affidati al ministero della Salute alcuni poteri “eccezionali” fino alla fine dell’anno.
In Italia stiamo messi peggio di tutti questi Paesi? Vorremmo saperlo.
Se è così, Conte ha il dovere di dircelo.