Padova, 9 giugno. Il successo di Massimo Bitonci è principalmente dovuto alla sua capacità indubbia di trascinare fin dall’inizio un centrodestra diviso e rissoso ad una vittoria su cui nessuno avrebbe scommesso fino a qualche mese fa. Massimo è stato capace di uscire dagli schemi del suo stesso partito per imporre una campagna elettorale fatta di tanta semplicità e di capacità di ascolto. Durante la campagna elettorale non si è mai messo su un palco, ma ha sempre privilegiato il contatto diretto con gli elettori, senza pregiudizi e accettando il confronto sui temi veri di una città che da dieci anni, sotto l’amministrazione Zanonato-Rossi, ha registrato un vero e proprio declino. E’ stato lui che, conoscendo i limiti della Lega in città e la crisi che attraversa Forza Italia, ha cercato e voluto con caparbietà il coinvolgimento di Fratelli d’Italia- Alleanza Nazionale e delle liste civiche che hanno dato alla sua immagine quel colore e quella freschezza che è mancata a sinistra.
Ivo Rossi si è presentato come l’uomo della continuità rispetto a Zanonato, convinto della capacità tenuta del forte apparato del PD ma non è riuscito a nascondere le tante contraddizioni di una sinistra divisa su tutto. Mi ha stupito, da professionista della comunicazione, la capacità di prospettare ai padovani, giorno dopo giorno, un progetto innovativo per la città capace di intercettare le attese del mondo economico e sociale che ruota intorno a Padova.
Di fronte ad un progetto presentato con cadenza giornaliera, ha trovato il muro del silenzio della sinistra che si è trincerata sulla capacità di garantire l’ordinaria amministrazione con un grigiore che si contrapponeva alla novità del messaggio di centro destra. Altro fattore decisivo per il successo padovano è stato quello di privilegiare, con la presenza costante tra la gente, le periferie abbandonate al degrado e quei quartieri popolari dove con precisi messaggi sociali legati alla sicurezza, al lavoro, ed al sociale, ha conquistato l’elettorato storico della sinistra padovana.
Al secondo turno con l’esplodere della tangentopoli veneta è stato strategico il suo spogliarsi dei simboli di partito per mettere in primo piano il progetto legato alla persona capace di unificare un centrodestra che ora è maggioranza in città. Da ultimo, la sua rinuncia ad un ruolo sostanzialmente comodo come quello di Presidente del gruppo della Lega Nord al Senato, per dedicarsi interamente alla non facile gestione di una città complessa come Padova. Questa è stata la miscela di ingredienti che ha consentito di espugnare quella che veniva considerata la roccaforte della sinistra nel Veneto nonostante l’effetto Renzi sancito dalle recenti europee.