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Meglio “avidi” che fessi. Perché Boris Johnson ha ragione

di Gian Micalessin
25 Marzo 2021
in Il punto
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Meglio “avidi” che fessi. Perché Boris Johnson ha ragione
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“L’avidità è buona.” Il mantra di Gordon Gekko, lo spregiudicato speculatore finanziario interpretato in “Wall Street” da Michael Douglas è stato rilanciato martedì dal premier inglese Boris Johnson durante un incontro “in rete” con i deputati  conservatori. Ma attribuire all’ “avidità” e al “capitalismo” il successo della campagna vaccinale inglese proprio mentre il Consiglio Europeo studiava le misure per impedire nuove fughe di Astra Zeneca verso l’Inghilterra poteva risultare politicamente assai scorretto. E così Boris Johnson s’è rimangiato la citazione un attimo dopo averla proferita.

Ma in quella “voce dal sen fuggita” c’è molto più pragmatismo che nella  ritrattazione. Fatto salvo l’improvvido tempismo politico il premier inglese ha ben poco di cui vergognarsi. Invocare l’ “avidità” sarà anche di cattivo gusto, ma non lo è di certo se contribuisce a salvare le vite dei cittadini, ad arginare la catastrofe economica e a risollevare la nazione. Anche perché da quello, e non dalle belle, ma inutili parole, si misura un vero leader. In guerra nessuno si scandalizzerebbe nell’ascoltare un premier esaltare la combattività dei propri soldati. Anche quando seminano sangue e morte sul fronte avverso. Per lo stesso motivo non c’è nulla di vergognoso nell’esaltare l’ “avidità” se questo significa indirizzare ogni sforzo, ogni mossa ed  ogni mezzo al reperimento delle risorse indispensabili a salvare  la propria popolazione. 

Le mosse di Boris Johnson corrispondono a quelle messe in campo, seppur al netto da scivoloni verbali, da Benjamin Netanyahu e da Joe Biden, gli altri due grandi vincitori della guerra alla pandemia. Chi deve vergognarsi della propria inettitudine è, invece, una Commissione Europea rivelatasi  incapace di garantire le dosi indispensabili per fermare una  mattanza costata, fin qui, 580mila vite europee. La misura di quell’inettitudine è tutta nei numeri. Mentre  l’ “avidità” di Netanyahu, Johnson o Biden ha permesso la vaccinazione del 60% degli israeliani, del 40% degli inglesi e del 25 % degli americani l’attendismo imbelle dell’Europa ha messo al sicuro appena il 10% degli europei. E tutto questo nonostante la  Commissione avesse attivato, già a fine gennaio, le disposizioni indispensabili a bloccare la fuga di dosi dai confini europei.

Ma le leggi servono a poco se non hai la forza di applicarle. E anche su questo punto i numeri parlano chiaro. Tra  febbraio e metà marzo l’Unione ha garantito ai  suoi 27  paesi appena 70 milioni di dosi,  mentre ha consentito l’esportazione di altre 40 milioni di dosi a  33 paesi. E tra questi l’Inghilterra che ne ha ricevute 10 milioni. In tutto questo solo Mario Draghi ha avuto il coraggio di battere il pugno sul tavolo bloccando 250mila vaccini pronti a volare verso l’Australia. Un esempio disatteso sia  dalla presidente della Commissione Ursula von der Leyen, sia dagli altri leader europei che hanno preferito continuar a tenere la testa sotto la sabbia. E che ieri invece d’indignarsi con il premier inglese e varare una sfilza di nuovi provvedimenti studiati per frenar l’emorragia di vaccini avrebbero fatto meglio a chiedersi se avranno mai la forza d’applicarli. Perché, come confessava Don Abbondio – “il coraggio, uno, se non ce l’ha, mica se lo può dare”.

Tags: Boris JohnsoncoronavirusGran BretagnaMario DraghiUnione Europeavaccini
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