Stiamo vivendo un periodo storico strano, incomprensibile, delirante e paradossale. L’attuale Ministro della cultura Dario Franceschini, ha definitivamente abolito la censura cinematografica, fermo restando ovviamente, la tutela dei minori che non potranno accedere a spettacoli non adatti alla loro età. Bene.
Non si capisce però perché questa “tutela dei minori” non sia contemplata anche nelle scuole dove – se passasse il DDL Zan – si diffonderebbe (con la scusa del contrasto all’omofobia) l’ideologia gender. Ma non è di questo che voglio qui parlare. Personalmente in campo artistico – culturale sono liberale. Per dirlo sinteticamente con Benedetto Croce, “l’autonomia dell’arte si fonda sull’autonomia dell’Estatica e del Bello. L’arte non è subordinata al piacere o all’utile né al vero né al bene. Ne deriva che l’Estetica non è utilitaristica né concettuale né moralistica”. Ciò non significa ovviamente che un artista non può scegliere di esprimere il vero e il bello, il contenuto concettuale e morale; un artista può insomma scegliere di essere “impegnato”, ma non è obbligato a esserlo. L’arte è libertà assoluta.
Stupisce che si sia dovuto attendere il 2021 per raggiungere quest’obiettivo. Il centrodestra non è esente da pesanti errori nel passato, con posizioni talvolta reazionarie e moralistiche. Ma anche la sinistra, che a parole si è sempre detta contro ogni censura e che ha governato a lungo, ha esitato molto a prendere questa decisione, che personalmente ritenevo doverosa e scontata.
Colpisce che ha farlo non sia un ministro ex-comunista o ex-socialista, bensì, Franceschini, un ex democristiano, seppur di sinistra. Mi congratulo con il Ministro e lo ringrazio per questa sua decisione in nome dell’arte e della cultura. Qualcuno “a destra”, storce la bocca (soprattutto tra le file “cattoliche”, e quelle “nostalgiche”), che vedono nell’abbattimento completo della censura, il colpo finale a quella barriera che frenava la decadenza etica.
Questi “destri” sollevano obiezioni, individuandomi come soggetto esposto a “derive liberali”. Su questo, occorre fare chiarezza: il liberalismo (quello vero) è destra. Che poi io appartenga a un’altra destra, innominabile, che la definiamo con termini che sono solo specchi riflettenti, epiteti come “sovranista”, “populista”, o ancora “destra sociale”, “destra nazionale”, insomma “rivoluzionario-conservatrice”, è certamente vero, ma a men che non si pensi davvero di abolire la democrazia parlamentare con un Partito-Stato autoritario, non è possibile non considerare il blocco nazionalcoservatore, come una parte di una coalizione più ampia nella quale non può mancare il prezioso contributo dell’area politico-culturale liberale.
Prendiamo dal liberalismo la sua parte migliore e ne rigettiamo quella deteriore che più che liberale dovremmo definire “radicale”. Un conto è difendere la libertà di pensiero, di parole, di espressione, soprattutto in ambito artistico – culturale, altra cosa è scardinare la vita civile con la cultura libertaria e antiproibizionista post-sessantottesca. Occorre distinguere il liberalismo dal libertarismo, e precisare che il primo è di destra e il secondo non può che essere di sinistra e non possono esserci confusioni, né licenze. Alla fine la convivenza in coalizione – seppur spesso rissosa – ha potuto accelerare il processo dei postfascisti a coltivare l’amore per le libertà democratiche, e ai liberali, l’attenzione per il “sociale”, il “nazionale”, e il “conservatorismo etico”.
Però, come dicevo in apertura, mentre a parole “decade la censura”, nei fatti ne sorge un’altra, più pericolosa, subdola, ipocrita e autoritaria, quella “politicamente corretta” che censura con un orientamento rovesciato rispetto a quello del passato; gli esempi si sprecano, ma per citarne l’ultimo – che ha fatto scalpore ovunque – è il giudizio, secondo “intellettuali americani” (radical-chic) che colpisce il capolavoro di Walt Disney “Biancaneve e i sette nani”, immortale film d’animazione del 1937, che tra i molti premi ricevuti, conquistò anche il “Grande trofeo d’arte della Biennale di Venezia” (quello che poi diventerà la Mostra del cinema di Venezia); film che indubbiamente piacque agli italiani e al regime fascista (se non conquistò la “Coppa Mussolini”, fu perché quell’anno parteciparono due pietre miliari del cinema di propaganda: “Luciano Serra pilota” di Goffredo Alessandrini e soprattutto “Olympia” della geniale cineasta tedesca, Leni Riefenstahl.
Ma anche Walt Disney non fu mai risparmiato da sospetti di essere un simpatizzante dell’ideologia fascista, e forse anche per questo, da tempo, l’hanno preso di mira. Ma quale sarebbe “l’onta” del sopracitato capolavoro disneyano? Nientemeno che il bacio che alla fine il principe azzurro “ruba” alla povera Biancaneve strappandola dal suo sonno eterno in cui era caduta a causa della mela avvelenata.
Per il nuovo moralismo “progressista” quel bacio non era “consensuale”, perché ella era appunto dormiente e ha perciò subito passivamente un bacio maschile senza ch’ella gli avesse concesso il permesso. Insomma per lorsignori, trattasi di stupro. Sui social sono susseguite delle miriadi di parodie che hanno irriso all’invettiva censoria dei bigotti di sinistra, e, in effetti, la cosa di per sé è talmente ridicola e demenziale che non può non suscitare ilarità.
Tuttavia ritengo che ci sia poco da ridere, anche perché questa è solo l’ultima di una lunga fila di film, libri, statue, opere d’arte e d’ingegno culturale, che sono state messe all’indice dal “politicamente corretto” e che rischiano seriamente di essere deturpate, tagliate, o sequestrate in nome del nuovo fanatismo laicista. Lo stesso fanatismo che invece approva e sponsorizza film, fumetti, e opere varie a sfondo omosessuale o transgender, degenerando il politicamente corretto, in moralmente corrotto.
Perché se è doveroso e sacrosanto contrastare qualsiasi forma di discriminazioni, e se è segno di civiltà, intelligenza e sentimento cristiano accogliere ogni persona nella sua identità e diversità, è altresì inaccettabile che si voglia subdolamente confondere le idee ai bambini, con indottrinamenti su una presunta liquidità sessuale, basandosi su teorie confuse e non dimostrate, che se anche fossero vere non ne giustificherebbe il plagio della loro ancora acerba identità psico-sessuale.

Lasciamo che siano gli individui a trovare da sé la propria identità, senza che scuola o Stato s’intromettano su una sfera così intima e delicata. La verità è che come insegna la psicoanalisi sin dai tempi di Freud, il bambino non ha ancora uno sviluppo psico-sessuale “formato” (Freud lo definiva addirittura “bambino perverso polimorfo”), e le lobby che premono per la propaganda gender, hanno come obiettivo di “alterare” l’orientamento sessuale, di spingerli verso l’inversione sessuale (giacché la sessualità non è solo un fattore ormonale e biologico, ma anche psicologico e culturale), rivelando paradossalmente una visione sostanzialmente “eterofobica”, dove il mondo è rovesciato e l’omosessuale diventa la norma e l’eterosessuale, il “diverso”.
Perciò ci troviamo di fronte a un paradosso: un’ideologia libertaria e liberticida al tempo stesso che ha come obiettivo il sovvertimento totale dei valori che prima ancora che etici e religiosi, affondano nel “diritto naturale”.
La battaglia che il fronte “conservatore” deve operare in Italia e nel mondo, è perciò duplice: da una parte deve “conservare” sul piano etico dei cosiddetti “nuovi diritti” (capricci), e, dall’atro, liberare sul versante del pensiero, della parola, dell’arte. Occorre essere “restauratori” e “rinnovatori” al tempo stesso; rivoluzionari e conservatori, in una parola: anarco-conservatori. Ma è una battaglia, prima che politica è culturale. Contrariamente a quanto sproloquia Andrea Scanzi che superando se stesso in “scazzo”, è arrivato ad affermare che non ci sarebbero “intellettuali di destra” da 300 anni, la cultura di destra è oggi molto più vitale del ristagno della sinistra dove – salvo eccezioni – si ripetono idee scarse, banali, noiose pontificate da influencer (vedi Fedez o Achille Lauro); ma la connessione tra destra culturale e destra politica continua a essere ostruita da una storica e cronica pigrizia, diffidenza, e un sostanziale disinteresse di almeno una parte della classe dirigente politica.
Il “gramscismo di destra” tanto anelato, arranca; le idee di destra sono più vitali, ma non incidono, le “casematte” del potere sono nelle mani dei soliti baroni progressisti. Vincere politicamente non basta, occorre un “progetto culturale”, una “visione della società” una “pianificazione intellettuale” che prepari il terreno alle battaglie politiche, perché se siamo alla vigilia dell’approvazione della legge Zan, è perché la cultura di sinistra (tutt’altro che trascurata dai partiti di sinistra, anzi, ben incensata) ha spianato la strada attraverso una persuasione culturale che gradualmente ha cambiato la mentalità delle persone.
La sinistra usa la cultura per fare politica, la destra deve fare politica per fare cultura. Ma deve lavorare per costruire questo “ponte”, e per penetrare nella società civile. Perché se non operiamo una (re)azione, finiremo per trovarci censurate La Divina Commedia e la Sacra Bibbia accusate di omofobia e d’islamofobia.