Non ho alcuna difficoltà a riconoscere, anzi a sottolineare, che la posizione duramente contraria al disegno di legge , ora approvato a Montecitorio, assunta dalla Meloni è la prima e spero non l’ultima da chi scrive condivisa, in esplicita contrapposizione al vecchio “compagno di strada” leghista, pronto a digerire tutto per di giungere al voto, come se fosse informato “dall’alto” di un voto a lui favorevole, e all’autocrate lombardo , lanciato in una campagna elettorale sfrenato in uno sfondo nebuloso ed equivoco.
La Meloni ha fatto benissimo a sottrarsi alla doppa morsa, destinata per il metodo antidemocratico e clientelare delle designazioni, ad aumentare, attraverso il disprezzo ed il rifiuto, soprattutto l’astensionismo, chè del movimento grillino dal fiatone e dal pessimo personale con punte addirittura ridicole, gli italiani hanno individuato gli inguaribili limiti.
Il quotidiano di famiglia, a più riprese, con toni paternalistici e quindi fastidiosamente egemonici, ha riprovato con ironie tutt’altro che apprezzabili la contestazione della parlamentare romana, etichetta a fuoco come “quarantenne populista – sovranista”, invece di essere suddita ubbidiente e silenziosa dell’onnipotente di Arcore.
Proprio dal Berlusconi, al momento incandidabile, sulla cui rivalutazione da Strasburgo si favoleggia da anni, sono arrivate in questi giorni dichiarazioni solo incresciose ed irritanti.
Visitando la zona terremotata di Casamicciola Terme ad Ischia, a convalida del suo inesistente senso democratico e senza curarsi della libertà dei cittadini, è giunto ad affermare: “Se non ho la maggioranza io mi ritiro, perché è colpa degli italiani se non sanno giudicare chi è capace e chi non ha mai fatto niente” allora “vuol dire che siamo un popolo che non merita nulla”.
Ha escluso per storia e ideologia un governo di larghe intese senza accennare alle scelte di fronte all’eventuale ingovernabilità del Paese con maggioranze parlamentari inesistenti, mentre l’amico toscano ha provato ad echeggiare un clima assurdo e catastrofico con “scontri corpo a corpo nei collegi uninominali”.
In un messaggio al convegno “Verso il 2018 . Una scelta da liberali”, in una sorta di enciclica alla sua “armata Brancaleone”, l’ex presidente del Milan ha dettato linee programmatiche, dalle quali sono stati omessi 2 aggettivi portanti e qualificanti per gli elettori di destra, nazionale e sociale. Ha infatti catechizzato i suoi “fedeli”: Siamo alla vigilia di scelte importantissime per il futuro dell’Italia. Di fronte al fallimento del PD e alla pericolosa inconsistenza del M5S, il centro – destra ha l’opportunità e il dovere verso gli italiani di tornare alla guida del paese. Parlo di un centro – destra moderato, liberale, cristiano, autorevole in Europa, un centro – destra capace di parlare ai cittadini, di ridare una speranza ai tanti delusi dalla politica”.
Che la confusione sia grande nell’area di Berlusconi lo dimostrano le tesi sostenute da gruppetti e gruppettini pulviscolari, impegnati nel ricerca e al momento nella rivendicazione di strapuntini (ossia collegi e seggi garantiti), come Enrico Costa e Raffaele Fitto, figli di papà, Stefano De Luca e Flavio Tosi. Vogliono costruire un “dialogo fra popolari e liberali nell’area del centrodestra”, sempre più affollata, ossia caotica, confusa e quindi inconcludente.
A proposito di popolari, è “popolare” anche il prossimo cancelliere austriaco Kurz. Cosa dirà Berlusconi con i suoi amici?