Sorprende (ma non troppo) l’assordante silenzio che accompagna lo svolgimento della grande mostra romana dedicata Cipriano Efisio Oppo, uno dei protagonisti assoluti della scena artistica italiana durante il ventennio mussoliniano. Il personaggio fu infatti — con Marcello Piacentini, Giuseppe Bottai e Alessandro Pavolini — uno dei principali organizzatori artistici e culturali del regime: responsabile — con Carrà e Soffici — del Sindacato fascista delle Belle arti, nel 1931 creò la Quadriennale di Roma, la più imponente rassegna d’arte italiana del tempo, e l’anno dopo fu direttore artistico della Mostra della rivoluzione fascista. In quell’occasione, Oppo chiamò i migliori: Achille Funi, Marcello Nizzoli, Amerigo Bartoli e Mino Maccari, Giuseppe Terragni, Mario Sironi, Leo Longanesi, Adalberto Libera e Antonio Valente (il creatore del Centro sperimentale di cinematografia). Su sua iniziativa la vecchia facciata del Palazzo delle Esposizioni venne rivestita da una avveniristica “controfacciata” tutta rossa, opera di Mario Renzi e Adalberto Libera.
Mentre i nazisti si scagliavano contro “l’arte degenerata” e Stalin decapitava il movimento futurista russo e accoppava i Babel, i Mandelstam e i Mejerchold, Oppo attraverso le quattro rassegne della Quadriennale (di cui fu segretario generale) mantenne aperto e fruttuoso un confronto con la modernità e le punte più avanzate della cultura artistica contemporanea internazionale. Il tutto col pieno consenso del Duce.
Crollato il sogno mussoliniano, la dannatio memorie ha inghiottito inevitabilmente anche il buon Cipriano Efisio Oppo (“colpevole” per di più d’aver aderito alla RSI). Troppo ingombrante per essere ricordato dagli artisti che aveva protetto e sostenuto (Guttuso, il super ingrato in primis…) e dimenticato (per sbadataggine o ignoranza, chissà?) dai neofascisti , sul suo nome è calato per decenni il silenzio.
Eppure Oppo non fu solo un (bravo e onestissimo) gerarca ma anche un ottimo artista, sebbene esercitasse con discrezione estrema. Durante il regime scelse, visto il suo ruolo politico, di astenersi dall’esporre in Italia e preferì partecipare a mostre all’estero, a Parigi (1935) e a New York(1939)….
Da qui l’importanza della bella esposizione di Villa Torlonia. La mostra ricostruisce per la prima volta la personalità poliedrica del personaggio presentando una cinquantina di dipinti, disegni, bozzetti scenografici, costumi e documenti dell’epoca. Ne scaturisce un’immagine inedita, soprattutto nella notevole serie di ritratti, come quelli della pittrice Deiva De Angelis (1918 ca) e del banchiere Morin (1923), e nella galleria di figure femminili (nella foto, «Signora in rosso», 1927), che mettono a fuoco volti e caratteri della società dell’epoca, con momenti di straordinaria intensità psicologica. Formatosi nel clima della Secessione romana, Oppo ebbe una prima stagione «fauve», rappresentata da opere come «Il ritratto di Rosso di San Secondo», «I pesci rossi» (1914 ca), ma già intorno al 1918 fu tra i sostenitori del ritorno alla tradizione italiana, rimanendo tuttavia attratto dalla pittura dell’Ecole de Paris (Matisse in primo luogo). Negli anni Venti e Trenta sono molte le tangenze con la Scuola romana, si pensi all’«Autoritratto» (1925), «Nudo sdraiato» (1928), «La vetrina della Comunione» (1939 ca).
Una mostra da vedere per scoprire l’artista e comprendere il suo tempo. Un tempo centrale della nostra storia.
Oppo. Pittura disegno scenografia
a cura di Francesca Romana Morelli e Valerio Rivosecchi
dal 20 maggio al 4 ottobre 2015
Musei di Villa Torlonia, Casino dei Principi. Via Nomentana 70, Roma
da martedì a domenica dalle 9.00 alle 19.00, la biglietteria chiude 45 minuti prima
Catalogo Editrice Artemide
Caro Valle,
Ti ringrazio per il bell’articolo sulla mostra di mio nonno, Cipriano Efisio Oppo. Devo pero’, per onesta’ intellettuale, spezzare una lancia a favore del povero Guttuso che in una affettuosa lettera, peraltro esposta in bacheca all’inizio del percorso espositivo, esprime ad Oppo la sua gratitudine per una serie di critiche sulla Biennale di Venezia del ’52, aggiungendo : « Voglio dire che la ringrazio, non solo per la benevolenza verso di me, che gia’ oggi, quando mi viene da un uomo non della mia parte avrebbe, per me, un grande significato, ma per il valore critico delle sue parole…. ». E conclude : Il suo articolo e’ un raro esempio di competenza ed onesta’ critica. Questo voglio dirle con tutto il cuore. Suo Renato Guttuso. ». Guttuso, fu naturalmente la rara eccezione. Personaggi che rivestirono ruoli importanti nella politica delle arti nella cosidetta ‘Prima’ Repubblica, si preoccuparono solo di ‘ispezionare’ la villa di Oppo a l’Aventino, occupata dagli americani, per distruggere quei documenti compromettenti nei quali chiedevano ad Oppo, ovviamente inascoltati,, di intercedere a loro favore presso Mussolini. Qualche precisazione anche sulla destra. Quella missina, dal dopoguerra sino alla ‘epica’ (sic !) svolta finiana del ’94, ricordo’ sempre Oppo con il vecchio, onesto linguaggio della critica militante, spesso piu’ con l’occhio alle scelte puramente artistiche che a quelle politiche. Ma la ‘nuova destra’ – desiderosa di buttare il Fascismo nel cesso per accedere alla stanza dei bottoni e rubacchiare – dopo tanta fame – quel che restava del nostro povero paese fu la piu’ impietosa verso lo ‘scomodo’ Oppo, incapace – hai ragione, – per ignoranza, di storicizzare sia la Politica che l’Arte. Spero che mostra – che ha ottenuto un inaspettato successo ( 10mila visitatori solo nel primo mese) ricollochi Oppo, con i suoi meriti o demeriti, semplicemente nel posto che gli spetta nella storia dell’Arte italiana tra le due guerre. Un caloroso abbraccio,
Paolo Nasso
Direttore della Fondazione Oppo
Grazie professore per l’attenzione. Su Guttuso faccio ammenda. Per una volta il secondo classificato al Premio Bergamo si comportò dignitosamente… Per quanto riguarda la destra post-missina (impietosa e orba) concordo pienamente. Un caro saluto.
Marco Valle
In verità, nell’Isola (terra d’origine dei suoi genitori ed a lui molto cara) come epigoni del MSI abbiamo continuato a ricordare Efisio Cipriano Oppo, seppure per competenza più nel suo lato storico-politico che artistico.
A riprova dell’attenzione, ho utilizzato questo articolo di Marco per promuovere, attraverso il mio giornale on line di informazione regionale, la mostra anche nella sua Sardegna.
Non tutti sono rimasti folgorati ed obnubilati dall’ “epica svolta finiana”!!! 😀
http://notizie.admaioramedia.it/?p=11292