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Nelle parole iniziali del lungo saggio (390 pagine) l’autore, Emilio Gentile, lo presenta come “concepito e scritto col metodo dello storicismo, che cerca, attraverso i documenti, di conoscere e raccontare come sono andate le cose nel momento in cui avvennero, quando nessuno sapeva quel che sarebbe accaduto nel tempo successivo”. Sono queste le c.d. “fonti”, che il mio Maestro, Fausto Fonzi, definiva le “voci che giungono dal passato” nella loro autenticità.
Sensatamente, e in piena e legittima antitesi con tanti sedicenti storici passati e presenti, Gentile avverte che “il dramma della storia si svolge senza un copione scritto e senza un esito scontato”. Al di là degli schemi ideologici, assai di frequente prolissi, che hanno condizionato e continuano migliaia di pagine “è compito dello storico ricostruire lo svolgimento del dramma [nel senso etimologico di azione] così come lo vissero i protagonisti nel periodo esaminato, evitando di attribuire la preveggenza retrospettiva di un futuro che a loro era ignoto.
Protagonista assoluto del libro è Benito Mussolini, con la sua attività politica a partire dal 1902 fino al drammatico e catastrofico 1919. Lo spazio maggiore è riservato agli anni dalla Grande Guerra fino alla chiusura del 1919, “perché fu uno dei periodi più cruciali della vita di Mussolini, durante il quale avvenne una radicale metamorfosi nella sua personalità politica, da socialista marxista rivoluzionario e internazionalista fino al 1914, a promotore di un movimento nazionalista [il secondo] ferocemente antisociale, al quale Mussolini diede il nome di “fascismo”.
Il volume è fondato e trae la propria qualità scientifica dalla revisione e dalla rivisitazione capillare e centrata della produzione scientifica di e su Mussolini. Alcuni esempi: Amilcare Cipriani lo apprezza e Cesare Sarfatti, marito di Margherita, lo considera “il dominatore futuro del partito”, Gaetano Salvemini, più tardi duri critici, ritiene porti “in sé tanta parte dei futuri destini d’Italia”.
La ricostruzione fatta da Gentile, che ha ovviamente riguardo del precedente lavoro biografico (1883 – 1920) di Renzo De Felice, di pagina in pagina merita di essere valutato uno dei più completi ed approfonditi saggi, delineato lungo un percorso lungo, impervio ed articolato quanto pochi altri.
Da una verifica attenta come poche altre della abbondantissima produzione giornalistica del romagnolo, Gentile sa cogliere e raccogliere affermazioni cruciali. E’ il caso dell’editoriale “Abbasso la guerra”, in cui avverte, tra i primi, nel luglio 1914, l’avvento alla ribalta degli eserciti o all’occasione, cruciale, il 15 novembre 1914, in cui annunzia la nascita de “Il Popolo d’Italia”.
Da raccogliere è poi la sottolineatura del 22 novembre 1914, giorno in cui presenta, lontano da ogni equivoco, la “rottura definitiva” con il partito socialista. In una conferenza tenuta a Verona il 5 dicembre manifesta l’intuizione della lunghezza e della conseguente pesantezza del conflitto, mostrando consapevolezza dell’ostilità della massa della popolazione. Spunti della linea e delle idee di Mussolini sono colti, con le loro implicazioni, nel neologismo “trincerocrazione”, coniato nel 1916 e ripreso un anno più tardi. Gentile coglie “legittimo orgoglio” l’annunzio dell’armistizio formulato nel novembre 1918.
Alcune formule adoperate da Mussolini e riguardate dallo storico molisano definiscono il suo orientamento, come quella, tutt’ altro che banale, “rinnovazione, non rivoluzione” nella politica del dopoguerra. Nelle pagine del volume viene anche segnalato il giorno (3 luglio 1919), in compare il sostantivo “fascismo” ed è espressa sempre negli stessi giorni la convinzione “con fondate ragioni, che il partito socialista non sarebbe stato mai capace di realizzare la sua rivoluzione leninista per l’incapacità dei capi, l’impreparazione delle masse, la mancanza di condizioni essenziali in Italia per il successo della rivoluzione proletaria”.
Nell’analisi (novembre 1919) della vittoria il cattedratico emerito coglie l’acutezza di Mussolini sui punti deboli che l’avrebbero insidiata, giungendo a sostenere che “dal punto di vista strettamente politico, la valanga socialista può essere molto meno stritolatrice di quanto non sembri e potrebbe finire per stritolare e frantumare se stessa”. Dopo la sconfitta, segnata da numeri agghiaccianti, paralizzanti, “con l’efficace prosa di un giornalista di straordinario talento e acuta sensibilità di percezione”, per Gentile il 1° gennaio 1920 Mussolini “faceva un bilancio dell’anno trascorso, iniziando con una sentenza sapienziale “Un anno è finito. Un anno incomincia. Un’altra goccia è caduta a perdersi nell’oceano del tempo che non passa, perché siamo noi che passiamo”.
EMILIO GENTILE, Quando Mussolini non era il Duce, Milano, Garzanti, 2020, pp. 390. € 19,00.