Dello stato di costante tensione che caratterizza la vita del Nagorno Karabakh a dispetto del cessate il fuoco in vigore dal novembre del 2020 – accordo mediato da Mosca per porre fine al conflitto scatenato dall’Azerbaigian a fine settembre – si è già detto, tuttavia lo scoppio della guerra in Ucraina sembra aver offerto l’occasione al governo di Baku per alzare ulteriormente l’asticella delle provocazioni anti-armene.
Accanto ai colpi di fucile e di mortaio esplosi contro villaggi armeni lungo la linea di contatto e altre piccole e grandi provocazioni, lo scorso 7 marzo la rottura – o un danneggiamento intenzionale, non c’è certezza in materia – della condotta che arriva dall’Armenia ha lasciato buona parte della Repubblica di Artsakh – circa 100mila persone – senza gas. Il che significa senza riscaldamento, senza acqua calda e possibilità di cucinare in un periodo dell’anno in cui la temperatura è rimasta costantemente intorno allo zero. Il tratto di conduttura danneggiato si trova, infatti, nel territorio sotto controllo azero, a seguito della guerra del 2020. Perché ai tecnici armeni fosse consentito di accedere sul luogo del guasto e procedere alla riparazione – che ha richiesto meno di un 24 ore di lavoro – è stata necessaria un’estenuante trattativa che si è protratta per oltre dieci giorni, risoltasi ancora una volta grazie alla mediazione russa.
Nei mesi scorsi un episodio simile, relativo al danneggiamento di una conduttura idrica, si risolse in modo ben più drammatico: i soldati azeri aprirono il fuoco contro gli operai armeni intervenuti per riparare il danno, uccidendone uno.È evidente lo stillicidio di aggressioni, piccoli e grandi danneggiamenti, cui viene sottoposto quotidianamente il Nagorno Karabakh, complice anche il fatto che la crisi ucraina calamita ora tutte le attenzioni – mai troppe, in realtà, verso le vicende dell’Artsakh – e la stessa Russia, impegnata a far rispettare il cessate il fuoco con oltre mille militari dispiegati nella regione, è impegnata su altri, ben più difficili campi. Così come è evidente l’intenzione di Baku di completare l’opera iniziata con la guerra di due anni fa, annettendo l’intero Nagorno Karabakh. Obiettivo più volte esplicitato dallo stesso presidente Aliyev.