Il rischio di asserire banalità è sempre dietro l’angolo. Smarrirsi nell’autoreferenzialità è tentazione edonista difficile da contenersi. L’illusione di possedere la conoscenza tutta, prescindendo dalla complessità connaturale delle vicende umane, equivale al dolce traghettarsi dal nulla al niente. Informarsi e studiare non va proprio di moda. Arrivare per primi, spararla più grossa possibile, guadagnare il maggior numero di visualizzazioni e di likes: si predilige la notorietà all’onorabilità, la fama alla stima. Si cavalca, con ostinata ottusità, l’onda del momento, abbracciando pensieri cortissimi.
L’insulto, il commento becero, l’esternazione priva di qualsiasi tatto ed educazione, l’ostentazione di un’ignoranza spaventosa: il tutto foraggiato, e alimentato, da un mercato che esige il popolo consumatore acritico di cialtronerie diffuse. Nella gioia e nell’indifferenza, nella licenza priva di consapevolezza, finché la connessione internet non ci abbandoni: questo matrimonio non sarebbe da fare, ma il corso degli eventi ha deciso altrimenti, per dirla in rima. Contro che cosa ci stiamo scagliando? Difficile a dirsi. La meta è lontana e l’orizzonte annebbiato.
La questione non è individuare il chi e il come, nemmeno il dove o il quando. Urge tornare a interrogarsi circa i perché, recuperando le pratiche medicinali dell’esercizio del dubbio, dello sguardo scettico, della prudenza in tutti i campi del vivere. Rallentare per meglio osservare, salire in quota per guadagnare un punto di vista più ampio ed esteso, dando voce, e forma, al silenzio delle parole non dette. Trattasi, insomma, di questioni di metodo.
L’Universo è in espansione e non esiste un centro di gravità permanente.