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Home L'Editoriale

Non sarà una Catalogna. I referendum in Veneto e Lombardia

di Andrea Tremaglia
4 Ottobre 2017
in L'Editoriale
2
Non sarà una Catalogna. I referendum in Veneto e Lombardia
       

 

 

Il referendum catalano è stato precipitato nel (provinciale) dibattito pubblico italiano e, nella generale superficialità delle solite tifoserie nostrane, ha un poco scompaginato la Destra, dato l’accostamento – improponibile a ogni livello – con gli imminenti referendum consultivi per l’autonomia di Lombardia e Veneto.

 

Si scopre così anzitutto che la Lega salviniana, sotto le velleità nazionali che portano Matteo a chiedere voti fino ai piedi del Vesuvio e più giù ancora, continua a pulsare un cuore secessionista, celodurista; un’anima che sventola la quasi-cubana bandiera dalla Catalogna e spera che la lotta tra Barcellona e Madrid – destinata peraltro ad aggravarsi – sia d’esempio anche nel resto d’Europa o almeno in Italia.

 

Ma il referendum di fine mese in Lombardia e Veneto non c’azzecca nulla con secessioni e catalogne varie. Diciamolo per quella destra che secessionista non è e non lo è mai stata, per quella destra che al di sotto del fiume Po può vedere nella consultazione di fine ottobre sia un preludio alla nascita della Padania: non è così. Anzi, è forse una possibilità per (trat)tenere unita l’Italia.

 

La richiesta di una maggiore autonomia delle regioni del nord si accompagna infatti alla richiesta che lo stesso valga per le altre regioni d’Italia. Tradotto: più responsabilità per tutti. Dopodiché, si possono preferire altre forme di organizzazione territoriale: il suggerimento in questo caso è di proporle alla svelta. Perché è innegabile il sottotesto nordico: siamo stanchi di pagare per tutti. Proprio questo è il meccanismo da disinnescare subito per conservare unita l’Italia.

 

Vedremo cosa accadrà in Spagna, dove c’è il forte sospetto dell’interessato coinvolgimento di quei poteri forti internazionali tifosi della disgregazione non solo dello stato spagnolo, ma anche degli stati-nazione europei tutti. Rendiamoci però conto che per quegli stessi poteri la preda più ambita e desiderabile è proprio la nostra Italia.

 

Una penisola proiettata nel Mediterraneo, la cui posizione (e ambiguità) nei rapporti con Europa, NATO, Africa e Medioriente la rende un naturale centro geopolitico mondiale oggi e ancor più domani con lo sviluppo delle economie medio ed estremo orientali; una penisola commercialmente divisa quasi perfettamente tra un nord vicino alla kerneuropa tedesca e un centro-sud più legato a Francia e USA, dotata di una quantità enorme di asset strategici industriali, infrastrutturali ed economici che mai sono stati messi a reddito, perché slegati tra loro dall’assenza di politiche illuminate e, quindi, oggi a buon mercato. L’Italia è la nazione più conveniente da smembrare per le potenze statali ed economiche internazionali.

 

L’errore da non fare è renderglielo facile. Per quanto controintuitivo a qualcuno possa sembrare, disinnescare le armi retoriche e ideologiche di un’Italia in divisione, concedendo una maggiore autonomia fiscale per tutti, quindi maggiore responsabilità, nell’immutata cornice della solidarietà nazionale, potrebbe essere più un vantaggio che uno svantaggio. Diamoci alla fantapolitica: forse quelle in Catalogna sono prove generali per cavalcare il fallimento politico degli stati-nazione occidentali nei quali la democrazia non riesce più a ricomporre le fratture sociali e territoriali, creando Nazioni disgregate, deboli dinanzi ai nuovi potentati globali che hanno interesse nelle secessioni?

 

Cerchiamo di capire allora che a foraggiare lo spirito secessionista non sono i referendum per l’autonomia, ma uno Stato inefficiente. I lombardi e i veneti favorevoli all’autonomia non sono regionalisti, ma persone che vedono i loro enti locali funzionare meglio dello Stato. In altre parti d’Italia è il contrario. Se il sovranismo italiano vuole una Patria più forte e libera deve far comprendere alle aree più ambiziose della Nazione che uniti si vale più che divisi; ma deve anche avere il coraggio di affrontare, con urgenza e fermezza, il tema di uno Stato che in molte parti d’Italia dimostra di non funzionare più (ammesso che l’abbia mai fatto) come dovrebbe.

Tags: Lombardiasovranità nazionaleunità nazionaleVeneto
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Andrea Tremaglia

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Commenti 2

  1. Vincenzo says:
    5 anni fa

    Mi spiace ma non si può leggere che si è scoperto che nella lega salviniana continui a pulsare un cuore secessionista… scoperto ora? davvero è una novità? Salvini è campione di cerchiobottismo ma gli umori dei suoi elettori soprattutto veneti, sono chiari da tempo. Il referendum è visto come il primo passo verso la secessione… ora in questi giorni si assiste alla spaccatura di FdI. Giorgia Meloni si è accorta tardivamente di stare a fare un assist a Salvini che le sta portando via gli elettori al nord e al centro sud… peccato che il partito in Lombardia e Veneto le si stia rivoltando contro… meno partecipazioni a un giorno da pecora e maggiore frequentazione del territorio forse sarebbero opportune…

    Rispondi
  2. pietro46 says:
    5 anni fa

    Tremaglia…ma lei è persona seria,ca…volo.Possibile che non ha sentito alcuna ‘puzza’ da quegli ambienti che,partiti dalla secessione propagandata da un laureato in ‘feste per lauree mai prese’,si sono inventati una macroregione col jazzista imprestato alla politica per approdare,dopo l’ennesimo fallimento,alla richiesta dell’autonomia regionale delle uniche regioni in cui sono riusciti a governare,ed in Lombardia non per molto se…a scendere in campo l’anno prossimo,e senza bisogno di primarie,non più il ‘fessacchiotto’ Ambrosoli(battuto del resto per il rotto della cuffia)ma il Gori del mantenimento della cittadinanza onoraria di Bergamo al Duce?Che autonomia per due regioni da 70 e passa anni beneficiate,insieme alle restanti regioni del c/nord, dal 99,2% del pil italiano ed ora lamentosi di quello schifo di 0,8% speso ad infrastrutturare,con la Cassa del Mezzogiorno,STRAORDINARIA e non ordinario come lo sperpero per loro,tutto il Mezzogiorno(che ancora aspetta,comunque)che appunto’ si ritrova in braghe di tela.Certo…non saranno ‘copioni del comportamento catalano che col 36% dei Sì pretende ‘indipendenza’,ma… l’appetito vien mangiando.Si son ‘mangiati’ l’Italia,come partito,come regione non ne parliamo(anche lei se ne difende le assurde ‘pretese’)se fra indagati,condannati e prossimi ‘carcerati’,buona parte di componenti delle ‘sfere regionali’ delle ultime giunte di cosiddetto cdx,sono stati chiamati a rispondere alla magistratura.Ma poi scusi:dov’è finito l’anti regionalismo studiato nelle sezioni di ns riferimento fin dalla prima proposta di riforma regionale dello stato?A ragione la Meloni…meglio perderli che camminare con quella ‘puzza’ accanto,dico io:tanto si ‘sgonfieranno’ alle prime elezioni….con due sbarchi in meno,come inverno prevede.

    Rispondi

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