Mentre a Tokyo si vivono le ultime ore febbrili di vigilia dei giochi Olimpici, con il serio rischio che questi possano essere interrotti, nella maluagurata ioptesi che si assista ad un crescente aumento di contagi da Covid 19 fra atleti e giornalisti, cresce la polemica per la probabile partecipazione, per la prima volta nella storia, di un’atleta transgender ad una competizione femminile. Stiamo parlando della sollevatrice di pesi neozelandese Laurel Hubbard nata Gavin Hubbard, prima della transizione avvenuta 13 anni fa non aveva mai gareggiato a livello internazionale. Nel 2017 ha vinto l’argento ai campionati del mondo e nel 2018 ha conquistato l’oro ai Giochi del Commonwealth. Alle Olimpiadi quindi la Hubbard ha ottime chance di conquistare una medaglia, nonostante l’età avanzata.
La scelta della Nuova Zelanda è stata criticata da molti atleti, tra cui la nuotatrice Sharron Davies e il campione di decathlon Daley Thompson. Davies ha scritto su Twitter che ci sono gare separate tra uomini e donne per “una grande ragione”. Ha aggiunto che “la biologia nello sport è importante” e le categorie separate dal sesso offrono alle donne “pari opportunità di successo sportivo”. Ma questi non sono casi isolati, considerando che negli Stati Uniti ed in Spagna si stanno discutendo disegni di legge che permettano a transgender di partecipare a gare femminili, anche a livello di sport studententesco.
Prendendo spunto da ciò e cosniderando che in Parlamento si sta discutendo da giorni sul famigerato Ddl Zan, legato proprio a queste questioni, il senatore Giovanbattista Fazzolari di Fratelli d’Italia, ha presentato un emendamento ad hoc che vieti o limiti la partecipazione di transgender a manifestazioni sportive femminili, proprio a tutela della equità e della corretteza della gare stesse, considerando che diverse ricerche scinetifiche hanno dimostrato come i livelli di testorene maggiori nell’uomo, al di là della muscolatura e della corporatura differente, determina un netto vantaggio competitivo del sesso maschile su quello femminile “Il ddl Zan introduce il concetto di genere sessuale autopercepito che prescinde dal sesso biologico- si legge nel testo dell’emendamento presentato dal senatore meloniano-. Analoghe leggi in altri Stati hanno aperto alla possibilità che uomini transessuali, o che si percepiscono come donne, possano gareggiare contro le donne nelle competizioni sportive. Anche in quelle di contatto come il rugby, il pugilato, le arti marziali. Situazione che porterebbe alla fine dello sport femminile. Per questo Fratelli d’Italia ha presentato un emendamento, a mia prima firma, per tutelare le atlete e lo sport femminile. In particolare l’emendamento prevede che: ‘al fine di garantire l’incolumità e la sicurezza fisica degli atleti ed il corretto spirito agonistico, è consentito alle associazioni sportive, alle federazioni ed agli enti di promozione sportiva di organizzare competizioni riservate ad atlete di sesso femminile come risultante dal certificato di nascita’. Una norma di buon senso che ci auguriamo sia sostenuta da tutte le forze politiche”.
Al momento il CIO ha stabilito che per essere ammesse ad una gara femminile, le transessuali devono avere un livello di testosterone (l’ormone maschile) inferiore a 10 nanomoli per litro. Nel caso il loro fisico ne produca di più, per l’ok serve l’intervento dei medicinali che, ovviamente sotto stretto controllo medico, facciano rientrare il rapporto nei limiti consentiti. Una questione spinosa che ha suscitato molte polemiche, soprattutto da chi sostiene che alterare i valori naturali attraverso dei farmaci possa essere pericoloso per la salute delle atlete.
Il famoso articolo 4 del Ddl Zan potrebbe determinare proprio un potenziale reato anche quello di discriminare a livello sportivo un transgender che volesse partecipare ad una gara sportiva femminile, senza tenere in nessun conto quello che è il parere di gran parte delle sportive che considerano la partecipazione di chi è stato uomo come un discriminante competitivo verso di loro. Emblematico il caso della nuotatrice ex campionessa olimpica britannica Sharron Davies, vincitrice di un argento alle Olimpiadi di Mosca nel 1980, che ha scatenato polemiche per un suo tweet in cui ha affermato che “Non ho nulla contro chi vuole diventare transgender. Tuttavia, credo ci sia una differenza fondamentale tra il sesso con cui nasciamo e quello in cui ci si identifica. Per proteggere lo sport femminile, le donne avvantaggiate da una nascita di sesso maschile non dovrebbero competere”.
D’altra parte un saggio scientifico pubblicato dalla Oxford Academic all’interno di Endocrine Reviews (fascicolo 5, volume 39) pubblicata nel 2018, “Circulating Testosterone as the Hormonal Basis of Sex Differences in Athletic Performance”, dimostra che “prima della pubertà non c’è differenza né nella concentrazione di testosterone né nella performance atletica. Dalla pubertà maschile in poi, la differenza sessuale nella performance emerge perché le concentrazioni di testosterone in circolo aumentano fino a 30 volte rispetto a quelle presenti prima della pubertà, risultando in una concentrazione dalle 15 alle 20 volte superiore a quella dei bambini e delle donne in qualsiasi età. Questa grande differenza nella concentrazione di testosterone è il chiaro responso che la massa muscolare ha rispetto alla dose di ormoni, come anche il livello di emoglobina, chiarisce come le differenze sessuali abbiano impatto nella performance atletica”.
Insomma come dire che ovviamente la competizione, soprattutto in determinati sport di contatto, come il pugilato, il rugby le arti marziali, il sollevamento pesi, ma anche molte delle discipline di atletica leggera, rischierebbe di essere fortemente squilibrata a favore di atleti trasngender. «Le atlete transgender, la cui pubertà e il cui sviluppo è stato influenzato dal testosterone, sono più forti dal 25% al 50%, sono il 30% più potenti, il 40% più pesanti e circa il 15% più veloci», sono i dati emersi da un secondo studio sul tema della Università di Portland nel 2019.
La legge Zan rischia di creare delle profonde ingiustizie anche a livello sportivo proprio a discapito del genere e del sesso, cosa che invece sulla carta vorrebbe tutelare. Secondo il ddl Zan la differenza biologica non esiste più, ma esisterebbe solo il percepito, nel senso che se io mi sento donna, devo essere considerato a tutti gli effetti tale, anche se sono biologicamente un uomo. E’ una pura follia che può produrre storture e iniquità. Insomma la sinistra in nome della libertà e della uguaglianza rischia come sppesso accade di ottenere esattamente l’effetto contrario.