Capita sovente di leggere e di occuparsi, in maniera quasi sempre rigorosamente neutra della Cina. Comunque, al di là delle versioni giornalistiche, per natura fragili ed effimere, non mancano letture storiche da considerare. Ma non solo. Capita purtroppo di assistere a spettacoli, sì spettacoli, di incredibile sudditanza e di squallido servilismo. L’altra sera, da perdente, ho seguito l’incontro calcistico Inter – Lazio. I giocatori della squadra milanese indossavano maglie con i cognomi scritti nella lingua del dittatore Xi Jinping!
Non mancano di giorno in giorno prove dell’atteggiamento cinico e prepotente di Pechino. In un articolo dello scorso aprile, il quotidiano cattolico “Avvenire” ha notato sin dal titolo che la pena capitale rappresenta per la Cina un “segreto di Stato”. Registra “in migliaia” delle esecuzioni in Cina, nazione in cui “gli omicidi di Stato sono usati spesso come strumento di repressione politica”. E’ freschissima la denunzia fatta dall’Organizzazione Mondiale della Sanità del rifiuto opposto dalla nazione rossa alla indagine sull’accesso sui possibili casi Covid-19 prima del dicembre 2019. Risale a pochissimi giorni or sono la notizia di stampa, che osserva e registra ma si trattiene con la dovuta severità, il caso dei due consulenti canadesi, arrestati in attesa di giudizio da ben 800 giorni (10 dicembre 2018) dopo il fermo effettuato a Vancouver della figlia (ora libera) del fondatore di Huawei.
Mentre in Italia si assiste, inerti, alla silenziosa colonizzazione (vedi le sponsorizzazioni), allo strisciante impossessamento di poli industriali, non mancano analisi storiche, utilmente proiettate sul futuro cinese e nei contenuti sostanziali di quel mondo autarchico. Nella voce “Crescita economica” del I volume della Decima Appendice della “Enciclopedia Italiana”, Fabrizio Zilibotti, docente a Yale, a proposito del “miracolo economico cinese” ha osservato che “la liberalizzazione economica non è stata accompagnata da un processo di democratizzazione, ma addirittura da un irrigidimento delle misure di controllo sui cittadini e da una crescente restrizione degli spazi del dibattito”. Lo studioso, in un’analisi parallela, ha rilevato che “mentre alcuni esperti sostengono che la Cina può rappresentare un nuovo modello di sviluppo con caratteristiche ibride tra autoritarismo politico e libero mercato, altri sostengono che il suo sistema politico finirà con limitare il potenziale di crescita economica del Paese”. Sono considerazioni quasi ovvie, che si scontrano con un orientamento ottuso e prefabbricato dal radicalismo e dal sinistrismo ancora vigili e soprattutto incisivi nella politica e nell’opinione pubblica.