Nella prima parte di questa inchiesta, sull’assassinio del presidente Kennedy, abbiamo messo in risalto tutte le incongruenze emerse durante le indagini e i successivi fatti inspiegabili che ne sono stati diretta conseguenza. Abbiamo inoltre stabilito la totale inconsistenza delle versioni ufficiali fornite dalle commissioni, istituite per fare chiarezza, e appreso come le indagini indipendenti siano state insabbiate o depistate.
Ovviamente di fronte ad uno scenario del genere non potevano che essere alimentate numerose teorie della cospirazione: da destra e da sinistra, da oriente e da occidente. I giornalisti e gli esperti americani sono maestri nel gettare fumo negli occhi dell’opinione pubblica interna, spesso e volentieri molto più interessata agli scandali (veri o presunti) che non alla verità nuda e cruda. Negli anni sono state formulate numerose ipotesi di complotto. Vediamo le più interessanti.
Lo scrittore Edward Jay Epstein nel suo libro Legend: The Secret World of Lee Harvey Oswald (1978), racconta ad esempio di come Lee Harvey Oswald fosse a tutti gli effetti un agente del KGB e che negli anni vissuti in Unione Sovietica avesse appreso tecniche particolari per mettere in atto il suo famoso piano criminale. Il libro fornisce molti dettagli sull’addestramento di Oswald e alla fine conclude che non fu per espresso ordine del KGB, ma solo per volontà di Oswald che si arrivò all’omicidio di JFK.
La maggior parte degli scrittori di sinistra invece ha sempre sostenuto che Kennedy fosse stato ucciso da un complotto formato da elementi di CIA, FBI, Esercito e gruppi anticastristi. Questa teoria, ancora molto in voga negli ambienti che l’hanno alimentata, è basata sulla presunta volontà del presidente Kennedy di favorire una politica distensiva col blocco comunista e di abbandonare rapidamente l’escalation militare nella Guerra Fredda (James W. Douglass, JFK and the Unspeakable: Why He Died and Why It Matters).
Il famoso avvocato italo-americano Vincent Bugliosi ha invece smentito qualsiasi teoria del complotto arrivando sostanzialmente a sostenere le risultanze della commissione Warren (Reclaiming History: The Assassination of President John F. Kennedy). Bugliosi divenne famoso negli Stati uniti come persecutore di Charles Manson e curiosamente, quando si mise ad indagare sull’assassinio del fratello di John, Robert Kennedy, affermò che la cospirazione attorno a questo nuovo omicidio di un Kennedy era ben peggiore del caso Watergate. Insomma per John fu colpa di un singolo individuo e per Bob fu un complotto nazionale.
Michael Collins Piper nel suo libro The Missing Link in the JFK Assassination Conspiracy, punta il dito contro il servizio segreto israeliano Mossad, evidenziando come una delle ultime “divergenze diplomatiche” di JFK fu con l’allora primo ministro israeliano Ben Gurion, del quale Kennedy non raccolse la richiesta di aiuto militare in medio-oriente. Secondo Collins Piper, Ben Gurion ne avrebbe richiesto l’eliminazione e Yitzhak Shamir avrebbe guidato l’operazione.
A questo esercizio teorico però vogliamo partecipare anche noi, cercando nello specifico di puntare più sul movente piuttosto che cercare un esecutore materiale ormai impossibile da trovare.
John Kennedy commise un errore, gravissimo, quello di inimicarsi la Federal Reserve (che ricordiamo è di proprietà privata e non pubblica) e i principali banchieri. Come fece cento anni prima Abramo Lincoln, JFK si arrogò il sacrosanto diritto di stampare banconote per il suo Paese esautorando di fatto la banca centrale. Come ben sappiamo Lincoln e Kennedy ebbero la medesima sfortunata fine. Nello specifico Kennedy firmò l’ordine esecutivo n. 11110 del 30 giugno 1963 ed emendò il n. 10289 del 19 settembre 1951. Ordinò l’emissione di oltre 4 miliardi di dollari sul mercato pubblico americano. Non appena Kennedy venne assassinato, il subentrante Lyndon Johnson annullò gli ordini del suo predecessore, con grande soddisfazione del Segretario al Tesoro C. Douglas Dillon e di tutte le maggiori banche private americane.
Lyndon Johnson rese talmente bene questo servizio che fu premiato con la presidenza degli Stati Uniti fino al 1968. Durante la notte successiva all’attentato il neopresidente ricevette una telefonata da McGeorge Bundy o dal comandante Hallet, o da entrambi, in cui veniva rassicurato che non vi era stata alcuna cospirazione e che era opera di un solitario. Felice di questa “efficienza” Johnson telefonò quindi al comandante della polizia di Dallas (sezione omicidi) Will Fritz e gli intimò di non proseguire con le indagini.

Oltre a ciò tutte le prove che vennero raccolte dall’FBI furono trattenute dal capo di allora J. Edgar Hoover. Qualcuno sostiene che l’avesse fatto per l’amicizia che lo legava proprio a Lyndon Johnson, qualcuno più malizioso ritiene che lo avesse fatto per mantenere ben saldo il suo posto di lavoro. Cosa che peraltro avvenne, fino alla sua morte nel 1972. I documenti secretati relativi alla presidenza Johnson potranno essere visionati, se autorizzati, solo nel 2039.
Nell’autunno del 1963 la popolarità di Kennedy era comunque in caduta libera e l’atto di esautorare la Federal Reserve fu scelto proprio dal presidente per dare una scossa all’opinione pubblica e far capire che stava dalla parte del popolo e non dei banchieri. Eisenhower apparì in televisione urlando contro Kennedy, in difesa della Federal Reserve. Henry Kissinger gettò fango e veleno su queste politiche monetarie.
Il colonnello James “Bo” Gritz, ex-candidato presidenziale per il Populist Party, ha dichiarato più volte che con gli atti avversi alla Federal Reserve il presidente Kennedy “aveva preparato la propria condanna a morte, perché aveva effettivamente coniato denaro senza debiti”.
La fine di questa storia è stata scritta il 22 luglio 1965 quando Lyndon Johnson con il Coinage Act, Public Law 89-91 (pagg. 270-275, 22989-2313) ha incaricato il Tesoro di sostituire gradualmente gli ultimi pezzi di denaro vero ancora nelle mani degli americani con falsi fatti di rame e nichel. Ogni speranza di togliere il denaro dagli artigli dei banchieri, morì in questa data.
Non c’è alcuna assoluzione o rivalutazione politica per Kennedy che, per chi scrive, è stato un presidente pessimo: ha amoreggiato coi comunisti e contemporaneamente con gli anticastristi, ha cercato di moralizzare il sistema spendendo la sua vita personale fra donne e commercio del whisky, ha fatto il pacifista ma solo sul Vietnam. Pagò però molto caro l’affronto alla Federal Reserve, come Lincoln prima di lui. Alle volte il nemico è molto più vicino di quanto si possa pensare.