Ma è curioso che questi attacchi colpiscano la musica classica, casualmente una delle espressioni della cultura europea. Costa troppo, assicurano i critici che, invece, non fiatano di fronte ai finanziamenti per qualsiasi manifestazione culturale multietnica. Ed allora si dimentica che un professore d’orchestra non si limita alle esibizioni o alle prove ufficiali. Studia lo strumento a casa propria, come può confermare chiunque abbia la fortuna (o sfortuna) ai abitare vicino ad un orchestrale o ad un corista. Ore e ore di studio, di allenamento, di preparazione tra le mura domestiche. Magari ripetendo lo stesso brano all’infinito. Ma questo, per chi vuole eliminare ogni manifestazione di una cultura europea, non conta assolutamente nulla.
Quanto incassa un concerto a teatro? Quanto rende? Qual è il valore della cultura? Certo, si possono mettere sotto contratto precario ragazzotti senza arte né parte che, però, chiedono cachet da fame. Certo, invece di 12 violini se ne possono utilizzare 3, con un contrabbasso, un oboe ed un corno. Certo, gli strumenti che, nel corso di un concerto, vengono suonati per meno di 10 minuti complessivi possono venir eliminati. Ma il risultato è qualcosa di diverso, di molto diverso, rispetto a ciò che deve essere. Oppure si possono aumentare i prezzi dei biglietti, riservando la tradizione musicale europea ai soli ricchi. Per il popolo bue devono bastare bonghi e ocarina. O un cd suonato in una piazza. La cultura è alla base di un popolo, è alla base anche dello sviluppo economico. Se vendiamo il made in Italy è perché all’estero hanno ancora un’immagine dell’Italia legata al bello, alla cultura nostra, alla nostra musica. Sostituire Verdi con un rapper sarà anche moderno e permetterà risparmi, ma servirà solo a cancellare una cultura e pure l’immagine del made in Italy.