In occasione della pandemia, dopo le molte stucchevoli ed enfatiche rivisitazioni delle innumerevoli morti di anziani, definiti gli artefici di quella ricostruzione postbellica, miseramente naufragata (e meno male che non è stato scovato tra le vittime qualche inestinguibile partigiano), è da rileggere e da ripensare la “Lettera agli anziani”, rivolta da S. Giovanni Paolo II, il 1° ottobre 1999, attuale, emozionante e centrata come nessun altra. Le riflessioni sono tutt’altro che superate, sono vive, attuali, paradigmatiche per oggi e per domani.
Con il documento, il settantanovenne Capo della Chiesa universale romana intende esprimere “la vicinanza spirituale con l’animo di chi, anno dopo anno, sente crescere dentro di sé una comprensione sempre più profonda di questa fase della vita ed avverte conseguentemente il bisogno di un contatto più immediato con i suoi coetanei per ragionare di cose che sono esperienza comune, tutto ponendo sotto lo sguardo di Dio”.
Al termine di una accorta rivisitazione delle vicende storiche dei secoli più vicini, dalla citazione dell’apostolo Paolo nella “Lettera a Tito” ,“i vecchi siano sobri, dignitosi, assennati, saldi nella fede, nell’amore nella pazienza”, mette a fuoco la canizie, reputata “la tappa definitiva della maturità umana ed espressione della benedizione divina”.
Dopo aver insistito sull’urgenza di “recuperare la giusta prospettiva da cui considerare la vita nel suo insieme”, il grande Pastore polacco, quasi a sintetizzare una missione immensa e spaventosa, in una panoramica esemplare, riconosce e rammenta che “gli anziani aiutano a guardare alle vicende terrene con più saggezza, perché le vicissitudini li hanno resi esperti e maturi. Essi sono custodi della memoria collettiva, e perciò interpreti privilegiati di quell’insieme di ideali e di valori comuni che reggono e guidano la convivenza sociale. Escluderli è come rifiutare il passato, in cui affondano le radici del presente, in nome di una modernità senza [amaramente quella attuale] memoria. Gli anziani, grazie alla loro matura esperienza, sono in grado di proporre ai giovani consigli ed ammaestramenti preziosi.
Gli aspetti di fragile umanità, connessi in maniera più visibile con la vecchiaia, diventano in questa luce un richiamo all’interdipendenza ed alla necessaria solidarietà che legano tra loro le generazioni, perché ogni persona è bisognosa dell’altra e si arricchisce dei doni e dei carismi di tutti”. Il Papa scandisce delle tappe inalterabili nel tempo, non prive di ombre morali nelle nazioni inaridite dal benessere solo materiale: “onorare gli anziani comporta un triplice dovere verso di loro; l’accoglienza, l’assistenza, la valorizzazione delle loro qualità. In molti ambienti ciò avviene quasi spontaneamente, come per antica consuetudine. Altrove, specialmente nelle nazioni economicamente più progredite, s’impone una doverosa inversione di tendenza, per far sì che coloro che avanzano negli anni possano invecchiare con dignità, senza dover temere di essere ridotti a non contare più nulla. Occorre convincersi che è proprio di una civiltà pienamente umana rispettare ed amare gli anziani, perché essi si sentano, nonostante l’affievolirsi delle forze, parte viva della società. Osservava già che Cicerone che “il peso dell’età è più lieve per chi si sente rispettato ed amato dai giovani””.
Giovanni Paolo II si preoccupa di delineare nella complessità i momenti organizzativi della vita degli anziani, rilevando che “a mano a mano che, con l’allungamento medio della vita, la fascia degli anziani cresce, diventerà sempre più urgente promuovere questa cultura di una anzianità accolta e valorizzata, non relegata ai margini, L’ideale resta la permanenza dell’anziano in famiglia, con la garanzia di efficaci aiuti sociali rispetto ai bisogni crescenti che l’età o la malattia comportano. Ci sono tuttavia situazioni, in cui le circostanze stesse consigliano o impongono l’ingresso in “case per anziani”, perché l’anziano possa godere della compagnia di altre persone e usufruire di un’assistenza specializzata, Tale istituzioni sono pertanto lodevoli, e l’esperienza dice che possono rendere un servizio prezioso, nella misura in cui si ispirano a criteri non solo di efficienza governativa, ma anche di affettuosa premura”.
Il nodo delle RSA costituisce una macchia vergognosa, manifestatasi nell’intero territorio nazionale, e sulla quale oltre alle necessarie indagini, non strumentali, occorrerà controllare il tasso di responsabilità delle strutture amministrative delle Regioni, al solito carenti e cariche di disfunzioni pluriennali. Si sono ascoltate poi rivendicazioni di misure di maggiore attenzione verso le 5 provincie più colpite (Bergamo, Brescia, Lodi, Cremona e Piacenza), giuste se accompagnate da una adeguata ricerca delle cause e delle responsabilità nelle sottovalutazioni delle indicazioni dell’OMS sui pericoli di contagio per i contatti con la Cina.