La lettura dell’editoriale sul “Corriere della Sera” di Angelo Panebianco (In America la prova decisiva), in cui si denigra con il massimo della partigianeria il presidente americano Trump, da solo tutt’altro che simpatico, consente comunque di rilevare la sudditanza paesana del Vecchio Continente, non da oggi, agli Stati Uniti.
La nota mette in risalto, aspetto tutt’altro che ignoto a destra, l’Europa “somma di impotenze”, ormai “allo sbando”, isterilita, anzi minata “dalla debolezza politica tedesca” e dai “velleitarismi neo – gollisti” di Macron, un’autentica caricatura del generale. Sul tema della Cina la condanna del sistema è esplicita ma debole così come sulla vicenda e sulle conseguenze del coronavirus l’editorialista si mostra evasivo e addirittura elusivo sull’espansione dell’epidemia.

Torna alla mente la lezione, purtroppo inascoltata, impartita da Gioacchino Volpe in alcune pagine di un articolo, apparso nel 1956 nel periodico “Pagine libere”, diretto da Sergio Panunzio. Il Maestro abruzzese scriveva ed avvertiva, richiedendo, alla base “un rinvigorimento del sentimento nazionale. Coscienza fermissima in chi governa il paese che unirsi, associarsi in organismi europei, atlantici, mondiali, interastrali eccetera presuppone, se non si vuol essere assorbiti da più potenti fauci, essere e rimanere se stessi, conservare vigile il senso della propria individualità, condizione essenziale anche perché il tutto, uno e molteplice, vigoreggi. Anche i nostri europeisti del Risorgimento, e fra essi un Cavour, erano tali perché vedevano in una stretta solidarietà europea, possibile quando le nazioni si fossero fatte indipendenti, un mezzo per potenziare le nazioni stesse, nella identica maniera che la vita di nazione potenzia gli individui e i gruppi sociali che la costituiscono”.
Denunziava un rischio, purtroppo concretizzatosi pesantemente dal 1956 in avanti ed in questi anni “bergogliani”, divenuto, sotto camuffamenti, più pericoloso e più virulento: “lo Stato sia Stato e la Chiesa sia Chiesa; che nessun partito, in un paese di cristiani e di cattolici come il nostro, inalberi, come partito, la bandiera del cristianesimo, facendosene un’arma contro altri cristiani e instaurando su questa base una sua dittatura. Noi non vogliamo vedere, dietro la nostra religione, anni dato un partito politico che è, come tutti i partiti, non solo un principio, ma anche in coacervo di interessi mondani, di ambizioni, di appetiti (e spesso, che appetiti!)”.
Molto ineressante. Impressiona il fatto che GIOCCHINO VOLPE già nel ’56 abbia profetezzato quanto poi si è realmente verificato. È poi sotto gli occhi di tutti che Bergoglio stia trasformando la chiesa in un partito politico e, secondo me, per confondere i fedeli afferma che le Sue idee seguono fedelmente iĺ Vangelo…ma la sua Tiara si sta tingendo di rosso!