Addestrati dalla Nato, impiegati in battaglia sotto bandiera russa. Sarebbe questa la parabola – paradossale – seguita da molti militari dell’esercito afghano, travolti nel 2021 dal repentino collasso della Repubblica dinanzi all’avanzata dei Talebani e abbandonati dagli Stati Uniti e dai loro alleati occidentali, desiderosi solo di concludere rapidamente la ventennale, e soprattutto fallimentare, campagna in Asia centrale.
A dare conferma dell’interesse russo per gli ex militari afghani – notizia circolata a fine estate 2022, ma rimasta a lungo priva di conferme – è Agenzia Nova, sulla base di contatti diretti con fonti afghane. Secondo la ricostruzione dell’agenzia di stampa, un’attiva campagna di reclutamento sarebbe in corso da circa otto mesi, gestita direttamente dal Gruppo Wagner, la compagnia militare privata di Yevgeny Prigozhin diventata nel corso degli ultimi anni uno dei più efficaci strumenti “non ufficiali” di proiezione esterna del governo russo. Basti ricordare il ruolo svolta dalla compagnia in Libia o nell’ex Africa francese, con grande scorno per Parigi. Ma questa è un’altra storia, ne riparleremo.
Ad oggi il bacino di reclutamento potenziale a disposizione del Wagner oscilla tra i 20mila ed i 30mila uomini, quasi tutti appartenenti ai reparti di punta dell’ex esercito afghano. All’indomani della dissoluzione del governo di Kabul solo i vertici delle forze armate hanno trovato rifugio in Occidente, mentre la stragrande maggioranza degli ufficiali e praticamente tutti i sottufficiali e i militari di truppa sono rimasti esposti alla violenza dei Talebani, ansiosi di regolare i conti con chi per anni li aveva combattuti. Per gli appartenenti a forze armate e di polizia, infatti, non è stata concessa la possibilità di entrare a far parte delle strutture del nuovo stato talebano, come accaduto per gli appartenenti all’amministrazione civile. A molti ex militari, dunque, non è rimasta altra scelta che la fuga oltrefrontiera, verso Iran e Pakistan in particolare, essendo di fatto impossibile per loro raggiungere l’Europa o gli Stati Uniti.
Inutile dire che in assenza di specifici programmi di assistenza gli ex militari e le loro famiglie si sono trovati in situazioni economiche estremamente precarie, costretti a sopravvivere con pochi dollari al giorno. Fatto che rende i contratti d’ingaggio offerti dai russi particolarmente appetibili: a quanto riferiscono le fonti di Agenzia Nova lo stipendio mensile per chi accetta l’arruolamento oscilla tra i 1.500 ed i 2.000 dollari al mese, inoltre dopo un anno di servizio c’è la possibilità di ricevere il permesso di soggiorno in Russia per sé ed i familiari.
Il reclutamento si starebbe svolgendo in Iran, Paese in cui hanno trovato rifugio molti afghani in fuga dai Talebani e che, in passato, ha già arruolato formazioni combattenti composte da afghani utilizzandole come una sorta di legione straniera da inviare lì dove era necessario sostenere militarmente governi o fazioni amiche di Teheran, ad esempio in Siria.
Tornando agli afghani sotto bandiera russa, c’è un aspetto molto interessante da rilevare: a dispetto dell’abbondante bacino di reclutamento disponibile, ad oggi il Gruppo Wagner non avrebbe dato corso a nessun arruolamento di massa – segno, tra l’altro, che la milizia di Prigozhin non soffre di mancanza di uomini, a dispetto del logorante impiego al fronte -, piuttosto avrebbe attentamente selezionato gli ex combattenti afghani da inserire nei propri ranghi.
A far gola alla Wagner sono principalmente gli appartenenti ai reparti scelti di esercito e polizia, uomini che hanno usufruito di ottimi programmi di addestramento da parte degli Usa e, adeguatamente equipaggiati, hanno raggiunto ottimi risultati sul campo di battaglia. La conoscenza degli equipaggiamenti e delle tecniche di combattimento della Nato sono la dote su cui i russi intendono mettere le mani: in pratica si tratta di acquisire piena consapevolezza di metodi ed equipaggiamenti con cui oggi vengono formate e rifornite le truppe ucraine. E, aspetto non secondario, di avere a disposizione militari in grado di utilizzare gli armamenti di produzione occidentale che in questo anno di guerra sono stati catturati dalle truppe di Mosca, così da poterli reimpiegare in maniera efficace.
Un ruolo determinante nell’arruolamento degli ex militari afghani sotto bandiera russa lo sta giocando l’Iran: le autorità di Teheran nelle ultime settimane hanno notevolmente agevolato l’ingresso di questi uomini e delle loro famiglie nel Paese; sarebbero gli stessi Pasdaran, inoltre, ad effettuare una prima selezione sulla base delle indicazioni russe.
Nulla di sorprendente, in realtà, se si considera che dallo scoppio della guerra in Ucraina la collaborazione militare tra Mosca e Teheran si è molto rafforzata: sono di origine iraniana i droni kamikaze che hanno consentito ai russi di colmare l’iniziale svantaggio nei confronti degli ucraini, mentre l’aviazione iraniana attende la fornitura di caccia Su-35 per aggiornare la propria linea di combattimento, ormai drammaticamente obsoleta.