Mollare gli ormeggi, anche a Natale. Testa, cuore e buone gambe. Non servono valigie, beauty-case, portafogli gonfi, ticket e voucher. Servono un’anima grande (per chi ce l’ha), gli occhi di un bambino (per chi li ha conservati) e le mani nodose di un vecchio (per chi sa amarle) per contenere migliaia di chilometri a cavallo del mondo. Viaggi veri o immaginifici è lo stesso. Si parte.
Dieci di ore di traghetto dal Pireo, cullati dalle onde di un mare antico, superbo e maestoso, docile e imprevedibile. Notte in bianco sotto un cielo nero e denso come il petrolio, sacco a pelo, poche dracme in tasca e un foglietto stropicciato: destinazione Santorini, laggiù, sperduta in mezzo all’Egeo. Diciotto anni, lo stomaco che ribolle di emozione e di adrenalina finché di colpo vedi stagliarsi all’orizzonte il profilo mozzafiato dell’isola vulcanica, adagiata come una donna che fa finta di dormire. Un paradiso ai piedi degli dei, un capolavoro di forme scolpito in mezzo all’Egeo dietro un tramonto soffice come la neve. Santorini, l’antica Thira, è una magia della natura, un’orgia di colori: spiagge di ciottoloni neri, case e chiesette bianchissime intonacate a calce, finestre e cupole blu cobalto, terrazze a picco sul mare. Sbarchi e l’emozione ti prende alla gola. Ma come Santorini? Meta sputtanata di viaggi di nozze un tanto al chilo? Scontata, finta, roba da presepe… E invece no, cari soloni dell’esotico a tutti i costi, non è la cartolina turistica della Grecia “mordi e fuggi”. Bisogna andarci (e non in aereo) per capire, annusare e lasciarsi annusare. Quelle case in bilico aggrappate sui lati della caldera sottomarina più grande del mondo, la spiaggia sorniona di Kamari con i suoi colori e quel ragazzino moccioso (una faccia una razza) che ti sveglia al suono di “grapes, grapes sweet”, il vecchio porto da raggiungere in groppa ai somari, gli isolotti color carbone, la città preistorica di Akrotiri e Messa Vouno con le rovine dell’antica Thira. E per chi ama le immersioni, si parte dal villaggio di Vlychada per uno straordinario giro intorno al vulcano nelle acque profonde dell’isola.
E poi quelle notti incantate che non vogliono finire in un dedalo di viuzze e saliscendi da perdere la testa, ovunque terrazze, pub, luci, musica, vita. E il vinsanto, superbo. In mezzo alla movida, tra gli occhi che lampeggiano di ragazzi e ragazze aggrovigliati, ti imbatti nel viso anziano della mamma di Niki, seduta sotto il portico, e ti scappa la voglia capricciosa di abbracciarla. Apollo e Dioniso. E la mente vola tra Delfi e la Corsica, il lago della Duchessa e Glorenza, Itaca e Le Cliff: luoghi e sapori scolpiti nelle nicchie dell’anima e della memoria. Poche righe che non faranno impazzire i noiosi e le mezzecalzette, come Marco avrebbe voluto… Poche righe dedicate al cenacolo dei poeti e dei viaggiatori insaziabili. Buon Natale a chi crede e a chi lo farà. Per mille anni. Gloria