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Home Penna Pellicola Palco

Patria e lavoro. La bella Italia sognata da Filippo Corridoni

di Francesco Cappuccio
12 Agosto 2015
in Penna Pellicola Palco
0
Patria e lavoro. La bella Italia sognata da Filippo Corridoni
       

Extra terrestre portami via… cantava così Eugenio Finardi qualche anno fa, senza minimamente pensare che quella sua canzone poteva essere tranquillamente la colonna sonora di quanti come me desiderano, anzi, sognano, di essere presi per mano da Filippo Corridoni e portati via.

Già Corridoni. Un extra terrestre che già ai suoi tempi navigava su acque anticonformiste tanto da essere bandiera di tutti e di nessuno. Lo ricorda splendidamente l’iniziativa editoriale de I libri del Borghese per volontà di Mario Bozzi Sentieri che ritorna a parlare del personaggio con il libro Filippo Corridoni-Sindacalismo e interventismo Patria e lavoro. L’operazione di memoria storica di Bozzi Sentieri merita il massimo della pubblicità possibile perché restituisce, come l’autore sa fare, un protagonista, fuori dal comune, all’immaginario collettivo. Mario coglie gli aspetti più importanti della vita, straordinaria, di un Italiano con la I maiuscola capace di elevarsi a cittadino di un mondo, una Patria, che spiritualmente non può conoscere confini.

Corridoni, tanto per cominciare, non appartiene a chi lo rivendica. Ma al buon senso. Corridoni non era un piazzista alla ricerca di facili consensi nemmeno quando vestiva i panni del sindacalista. Anzi, come ricorda Bozzi Sentieri, quando decise di partecipare al conflitto mondiale subito dopo i fatti di Sarajevo si scagliò contro il popolo, “quel popolo che deve finirla con il comodo sistema di addossare tutte le responsabilità dei fatti storici ai gruppi dirigenti. Il popolo ha pure la sua parte di responsabilità, almeno fino a che non abbia fatto sentire il suo dissenso in maniera evidente e vigorosa“. Certo Corridoni disprezzava la classe dirigente e politica che governava in Italia ai suoi tempi, ma la sua rivoluzione non era quella dei “politicanti obliqui, dei dottrinari aridi, dei demagoghi senza scrupoli, ma istinto profondo di rinnovamento di questo popolo, giovane di tutto il sentimento ed insieme antico di tutte le esperienze e di tutte le sofferte delusioni verso un maggiore, un più ampio respiro di vita, l’impeto di un’ascesa, la espressione del cervello e del cuore, non del ventre, dell’odio e dell’invidia, la rivoluzione costruttiva che crea e non quella distruttiva che annienta, la rivoluzione che sbocca alla guerra, non quella che si ricovera negli antri e nei fifhaus della neutralità”. Parole che non possono restare circoscritte ai tempi vissuti da Corridoni.

A proposito. Degli scritti di Corridoni il libro è qualitativamente pieno. Come si deve ad un saggio che punta ad informare senza la presunzione di convincere il lettore. Insomma, è un favore fatto a chi vuole sapere, per emanciparsi. Allo scrittore va anche il merito di prendere posizione intellettuale quando ci si trova di fronte a questioni che interessano la figura di Corridoni. Centrale quindi il paragrafo dedicato alla risposta alla domanda  oggi a chi appartiene Corridoni?. Un ragionamento condivisibile, come il posizionare l’accento su uno dei caratteri peculiari del pensiero corridoniano. La voglia di coscienza di classe del proletariato, che mai si realizzerà, anche negli anni successivi alla morte di Corridoni. “Pane, si, ma anche idee, anche educazione. Bisogni fisiologici, si, ma anche spirituali, culturali. Il proletariato non è classe finché non ha una coscienza di classe, e quella non si acquista finché l’organizzazione non si allargherà ad altre battaglie oltre quella del salario e dell’orario”.

Una lezione di vita, non di politica o di sindacalismo o di economia, che consegna l’uomo al futuro quale esempio di estrema attualità. Per sempre. Prima di aderire a qualsivoglia pensiero bisogna essere spirito. Corridoni ricordava che “non basta appartenere fisicamente ad una classe per avere una coscienza di classe. Solo così si eviterà che la rivoluzione venga fatta da cani arrabbiati. La rivoluzione non deve essere opera di un ventre vuoto e di uno stomaco stiracchiato, ma bensì di un cervello sano e fresco, che medita una vita di giustizia e di equità e che vi vuol giungere a tutti i costi, anche attraverso la violenza, ma organizzata ed intelligente”.

Infine, mi piace sottolineare lo spazio che l’autore dedica al Corridoni democratico diretto. Già. Filippo Corridoni si interessò di elezioni dal punto di vista strettamente tecnico. Muovendo critiche al sistema elettorale del suo tempo e elargendo consigli per una corretta rappresentatività delle volontà popolari. Richiamando la necessità di introdurre nel sistema italiano la democrazia diretta. Un extraterrestre che grazie a Mario Bozzi Sentieri ci porta via…almeno col pensiero.

 

Mario Bozzi Sentieri

FILIPPO CORRIDONI

Sindacalismo e interventismo, Patria e lavoro

I libri del Borghese, Roma 2015

Pagg. 133, euro 15.00

Tags: Filippo CorridonilavoroMario Bozzi Sentierisindacalismo rivoluzionariosindacatostoria
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