I martiri, di ogni tempo e luogo, affidano la memoria della propria esistenza alle future generazioni, la consegnano ai posteri, come monito e compito, da custodire e alimentare nei secoli a venire. Le imprese, le gesta, le virtù eroiche di simili uomini, sopravvivono alle epoche, vengono fissate negli scritti, reliquiari di carta della storia. Le narrazioni illuminano vie oscure, soccorrono i viandanti dispersi, accendendo fiammelle di civiltà, ravvivando il flebile fuoco della speranza.
I tragici eventi in terra d’Africa, le premature scomparse dell’ambasciatore italiano Luca Attanasio e del carabiniere Vittorio Iacovacci, suscitano moti di profonda indignazione, alimentando rabbia e amarezza.
L’uomo caduto, nell’esercizio integerrimo di missioni e incombenze pubbliche, merita, di certo, il cordoglio unanime delle istituzioni, nonché i più alti riconoscimenti e le massime onorificenze. Merita, altresì, dedicazioni di vie, piazze ed edifici, nonché tributi artistici di valore. Ma tutto ciò non può e non deve bastare. La vittima esige soprattutto dignità, rispetto, verità e giustizia.
Il dramma non deve essere ammansito da retoriche fatue. Le frasi di circostanza tradiscono, di sovente, un certo disagio, una piega pavida della politica, un istinto puerile di fuga dalle contese e dalle dispute. Montesquieu, storico, filosofo e politico francese, asseriva convintamente come una giustizia ritardata fosse anche, e soprattutto, una giustizia negata.
Che l’imperativo categorico, il dovere per il dovere, la voce inflessibile della legge morale, non venga colpevolmente ignorato, non rimanga inascoltato, non perda vigore lungo il tragitto, che non si areni nelle secche stagnanti della realpolitik.
Chi uccide un uomo, sfigura l’umanità intera.
La ringrazio per aver condiviso queste riflessioni in un momento tragico per la Repubblica Italiana.
La ringrazio per le belle parole.
Mi unisco ai ringraziamenti di Ilaria ma mi permetto una riflessione, è normale che in un paese come il Congo famoso anche ai meno esperti per la sua instabilità politico militare (dove i bambini imparano l’uso delle armi prima di camminare) con forti ingerenze di potenze straniere che giocano partite spesso a carte coperte per contendersi una delle aree africane più ricche di giacimenti minerari ci si possa muovere senza precauzioni, scorte, mezzi militari, dispositivi di protezione individuale ?Cosa significa avere un solo carabiniere di scorta ? Mi chiedo, può aver avuto un effetto il fatto che non fosse attribuito l’incarico per i servizi segreti ?
Credo che quello che è avvenuto sia un fenomeno ormai irreversibile di una Nazione a cui i vertici si è insediata una classe dirigente di bassissimo spessore vera causa di tragedie a cui assistiamo. In qualsiasi nazione normale sarebbero cadute teste ma in Italia dove la responsabilità è ritenuta quella di garantire le poltrone a queste élite non mi meraviglio di questo assordante silenzio in merito. Onore ai caduti, quanto disonore per L’Italia e per le più alte cariche dello stato capace solo di presenziare e declamare parole vuote e di circostanza, sarebbe più onorevole il silenzio.
Raccolgo il suo sfogo con il massimo rispetto. La saluto caramente.
Rimango sempre più’ allibito la realtà supera qualsiasi più negativa valutazione, uno dei migliori ambasciatori che usciva dai dorati quanto inutili uffici delle diplomazia italiana per controllare sul campo le effettive realizzazioni di programmi internazionali e’ stato ucciso con un carabiniere da ladri di polli con armi leggere la cui sicurezza era affidata alle autorità locali la cui instabilità, corruzione, è famosa anche ai più ignoranti, anche questa volta l’unica risposta italiana consiste nello scarica barile che assomiglia in modo patetico al famoso sketch di Totò che dopo essere stato schiaffeggiato tre volte alla domanda perché non ha reagito ha risposto e che so io Pasquale……