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Home Economia

Pensioni perdute. Chi sono i veri responsabili del disastro?

di Vincenzo Pacifici
3 Novembre 2015
in Economia, Home
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Renzi vola (e straparla) in Giappone. Gli italiani intanto s’interrogano
       

Lasciamo perdere le misere (e meschine) manovre del duo Berlusconi – Renzi sul nome del candidato sindaco di Roma, tale Alfio Marchini, che li ha entrambi e meritatamente sbertucciati con le sue presuntuose dichiarazioni da “padrone delle ferriere” sulle sue reali intenzioni. Non attardiamoci più di tanto sull’humus di questo signore, un humus micidiale e deleterio, famiglia di sinistra e formazione scolastica cattolica. Rammentiamo che anche il “prode” Marino ha studiato all’Università del S. Cuore e poi ha recitato nella sceneggiata delle unioni civili in Campidoglio.

Guardiamo, come inizio del discorso, al titolo di apertura di “Libero”, dettato sulla scia del manicheismo liberale di Piero Ostellino, assai più antifascista (regime morto da 72 anni) che anticomunista (ideale presente e vivo nella sinistra odierna):”Vi diciamo quanto prenderete di pensione. Anticipiamo la proiezione degli assegni previdenziali che l’Inps spedisce. Professionisti e autonomi dal 60% al 70%. Graziati statali e dipendenti privati. Boeri smentisce il governo: esodati caso aperto e propone tagli ai vitalizi sopra gli 80 mila euro”. Il punctum dolens è rappresentato dall’ennesimo, fastidioso attacco ai dipendenti statali, ingiustamente demonizzati, che da oltre 5 anni hanno il contratto di lavoro bloccato e ottengono la liquidazione in tre rate entro due anni e 105 giorni dal giorno del collocamento a riposo. Non si calcolano le somme da loro versate e non si pensa allo Jobs act, che agevola non poco gli autonomi. Il passaggio riguardante Boeri da un lato conferma l’ennesima bugia del governo e dall’altro esprime un proposito demagogico ed irrealizzabile.

Nel suo commento Belpietro si schiera per un principio logico e naturale ma rimasto irrealizzato e sicuramente irrealizzabile, quello delle pensioni erogate secondo il versato.

Parla poi “di alcune leggi folli varate negli Settanta” senza indicare – e sarebbe ora di farlo come per le innumerevoli disfunzioni gravanti sull’Italia – i nomi dei responsabili ed il loro partito di militanza.

Il volume di Mario Giordano, “Sanguisughe. Le pensioni d’oro che ci prosciugano le tasche”, è efficace documento di questo ginepraio.

Iniziamo dalle disposizioni varate il 29 dicembre 1973 dal governo guidato dal democristiano Mariano Rumor, con il suo “amico” di partito Emilio Colombo alle Finanze ed il socialista Luigi Bertoldi al Lavoro che “dà il via libera al decreto delle superpensioni bay”, in base al quale le donne sposate possono ottenere l’assegno previdenziale dopo 14 anni, 6 mesi e 1 giorno. Alcuni anni più tardi (1982) è stato accertato che a Roma su 674 insegnanti andati a riposo le baby sono state 589 e a Milano 652 su 682. Ma ancora prima (1956) un altro democristiano, Antonio Segni, con un blitz aveva introdotto la possibilità per dipendenti statali di ritirarsi appena dopo 25 anni (gli uomini) e 20 (le donne).

Un altro benemerito è stato nel 1968 Aldo Moro ad introdurre “il lusso del passaggio dal sistema misto contributivo (in cui, cioè, il vitalizio tiene conto dei contributi versati) a un sistema retributivo puro (il vitalizio viene determinato senza tener conto dei contributi versati)”.

Si tratta di dati e di precedenti importanti ed utilissimi da conoscere, di responsabilità precise e pesanti sulle casse disastrate dell’ente previdenziale.

Tags: DCfiscoInpslavoropensionitasse
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