La prima solenne fregatura si cela nella pretesa di riconoscere uguali diritti a ogni migrante. Accettandola rinunceremmo a distinguere tra rifugiati e migranti irregolari ovvero tra chi, in base alla Convenzione di Ginevra, va accolto perché in fuga da guerre e carestie e chi viaggia in cerca di fortuna. O perché dalle sue parti piove troppo o troppo poco. Da quel momento chiunque potrà pretendere di accomodarsi nel nostro Paese rivendicando lavoro, cure mediche e assistenza sociale. Avremo buttato alle ortiche quel poco di buono fatto negli ultimi 16 mesi da Marco Minniti prima e da Matteo Salvini poi.
La conferenza di Marrakech del 10 e 11 dicembre, convocata dall’Onu per far firmare agli stati membri i 23 punti del «Global Compact for Safe, Orderly and Regular Migration» (Ordinamento Globale per una Migrazione Sicura ordinata e Regolare) è insomma un enorme trappolone. Un trappolone particolarmente insidioso per un’Italia diventata la nuova «terra promessa» per tutti i migranti in arrivo dall’Africa sub sahariana.
Per comprendere gli inganni nascosti nel cavilloso e indecifrabile papiro redatto nell’altisonante burocratese del Palazzo di Vetro basta quel paragrafo 24-a in cui si chiede di «assicurare che l’assistenza di natura umanitaria non sia considerata illegale». Sottoscriverlo significa abdicare alla pretesa di bloccare il traghettamento di migranti per mano delle Ong e consentire a Msf e compagni di tornare a operare a pieno regime. Ma non solo.
Il Global Compact insiste infatti sulla necessità di non perseguire penalmente chi fornisce assistenza indebita alla migrazione. Quindi non potremmo intervenire neppure quando venisse provata una chiara connivenza con i trafficanti di esseri umani come nel caso della Iuventa, la barca sequestrata alla Ong tedesca Jugend Rettet. E persino combattere i trafficanti di uomini diventerebbe impossibile. Certo oggi le Nazioni Unite, pericolosamente spalleggiate dal premier Giuseppe Conte e dal ministro degli Esteri Enzo Moavero, ci ripetono che la firma del documento non è legalmente vincolante. In verità gli effetti di una firma del documento da parte dell’Italia sono evidenti. All’indomani di Marrakech schiere di magistrati, giornalisti e forze politiche sostenute dal fronte «politicamente corretto» lo imporrebbe come legge di fatto all’opinione pubblica. E il tentativo d’impedirlo verrebbe censurato alla stregua di apologia del razzismo.
Un obbiettivo chiaramente indicato in quel paragrafo 33 del documento in cui si propone la «sensibilizzazione ed istruzione dei professionisti dei media a una terminologia ed informazione etica» unite ad una cancellazione dei fondi pubblici a media che «sistematicamente promuovono intolleranza, razzismo, xenofobia». Insomma quanto state leggendo e qualsiasi altra critica al «Global compact» diventerebbe razzismo e xenofobia.
Ancor più aberrante e orwelliano è il punto 11 intitolato significativamente «Gestione dei confini in maniera integrata sicura e coordinata». Di fronte ad una crisi migratoria governi e Stati nazionali dovranno, insomma, trasferire la propria sovranità nazionale e la gestione delle frontiere a organizzazioni sovranazionali come l’Onu a cui spetterà decidere chi far passare e chi no. Una delega che, nel caso italiano, equivarrebbe ad aprire le porte all’intera Africa. Tutto ciò basta a farci capire perché alcune nazioni più lungimiranti di noi come Stati Uniti, Australia, Svizzera, Israele, Austria e Ungheria abbiano già fatto sapere di non voler firmare a nessun costo quella plateale rinuncia alla propria sovranità nazionale.
Scusami ma hai scritto un articolo fuorviante. Il global compact risponde all’esigenza di dover gestire i fenomeni migratori (storici ed inevitabili, almeno da quanto ci insegna il passato) al livello internazionale. Per anni l’Italia si è lamentata di essere sola davanti alla situazione (mi rifiuto di chiamare emergenza un fenomeno del tutto prevedibile) complessa. Il nostro paese si è mostrato inadeguatamente preparato ad un flusso migratorio africano che per anni abbiamo arginato favorendo governi totalitari nei paesi africani (ma noi che ci frega?). Ora che l’UN prende una posizione e pone in essere un trattato che contiene una serie di INTENTI atti a gestire le migrazioni non come singoli paesi abbandonati a se stessi ma come un’insieme di “stati sovrani” (questa espressione è contenuta proprio nel global compact) parliamo di invasione? Ignoriamo che il global compact presenta intenti politici, non obblighi giuridici. Poi parli dello scappare da paesi dove piove poco come se quelle popolazioni lamentassero i prati secchi, bruciati e qualche nevicata in meno che gli impedisca di andare a sciare .
Infine per quanto io possa essere incerto riguardo all’impatto del global compact sui media (sopratutto perché la nostra costituzione con tanta lungimiranza li pone al riparo da qualunque ingerenza politica) no posso che constatare l’uso di un linguaggio che fa dei migranti dei viaggiatori in cerca del paese dei balocchi. Mi dispiace dover ricordare quando ci ammassavamo nei porti per scappare dalla miseria del nostro paese. Oggi quegli italiani sono spesso considerati un valore aggiunto nei paesi che li hanno accolti con riluttanza.
L’invasione c’è stata e continuerà senza global compact.