Nell’interpretazione dei fatti di Parigi e subito dopo la manifestazione contro il terrorismo in cui hanno sfilato oltre 50 tra capi di stato e di governo, emerge un richiamo quasi automatico ad un livellamento che è propedeutico alla versione ufficiale dei tragici eventi appena conclusisi. Tralasciando le ovvie parentesi razionali e gli ammonimenti allo ‘scontro di civiltà’, utili, come abbiamo visto in questi giorni, per aprire in caso di intemperie l’ombrello politico-escatologico, specialmente quando si parla di una fenomenologia quale è il radicalismo islamico (visto dal Vecchio Continente), bisogna per prima cosa scomporre i criteri e le regole messici a disposizione dalla ragione. La fede, qualunque professione di fede, non è un completamento dei fondamenti della ragione che come tale, non può essere razionalizzabile da un punto di vista logico e morale. A ragion veduta, liberandoci da quei freni inibitori che bloccano la comprensione della mattanza parigina. E’ giunta l’ora di chiarire alcuni punti importanti.
Comprendere, quali sono i pericoli reali che abbiamo di fronte, a causa delle diversificazioni del culto islamico e delle sue interpretazioni attuali, è complicato. E cosa non da meno, l’addentrarsi nello specifico, provando a risalire sino ai primordi delle ‘rivelazioni’ che l’Arcangelo Gabriele avrebbe lasciato in eredità a Muhammad (Maometto). E’ tempo perso che potrebbe dare avvio a un esercizio stancante per i lettori e per chi vi scrive. Inutile. L’unico fattore positivo ? In linea di massima ci allontanerebbe di parecchio da quel dilettantismo da commentatori seriali, che abbiamo visto sproloquiare nei programmi televisivi e radiofonici. Desideriamo altro, certi che non basterebbero due tomi e che, persino il nichilismo permeante di Emil Cioran, tentennò con qualche esitazione, riassumendo che « sarebbe vano desiderare di farla finita una volta per tutte con i Santi: essi ci trasmettono Dio come l’ape il pungiglione». Nulla di nuovo, sino a quando alcuni proseliti di una dottrina religiosa in particolare, l’islamismo, hanno tutta l’intenzione di capovolgerne il senso, senza nessuna esitazione. Dunque, i principi dell’islamofobia e del radicalismo, riflettono la molteplicità della rigidezza moralistica e del razionale ? Nella stessa misura e quasi con le stesse regole del mondo globalizzato.
Un’elaborazione di pensiero che converge con il dualismo e la competizione che si è innescata tra le due concezioni politico-religiose dei movimenti dell’islamismo e del jihadismo: soprattutto Al-Qaida e la sua costola che vive ormai di vita propria, l’Isis. Le due propaggini del terrore, rifacendosi ad alcuni capitoli (sure) del Corano e ad alcuni versetti in particolare (ayyàt), oltrepassano l’insieme dei dieci elementi distintivi che diversificano l’Islam dalle altre religioni (monoteistiche e non). Lo si capisce nelle parole usate nel video della rivendicazione dell’attentato alla redazione di Charlie Hebdo. Bel Ali al-Ansi, dirigente di Al Qaida nello Yemen, deplorando la nuova copertina del giornale, puntualizza: «degli eroi sono stati reclutati e hanno agito come una vendetta per le offese contro il profeta Maometto». Evidentemente, chi ha disegnando le ingiurie rivolte al fondatore della dottrina islamica, raffigurate in più di una vignetta, non ha tenuto conto, involontariamente o di proposito, di un piccolo particolare: l’Islam, non è una religione che si presta ad interpretazioni ideologiche o teologiche. Tanto meno a delle espressioni di scherno canzonatorie. Tutt’al più, secondo coloro i quali hanno scelto di abbracciare tale fede, come spesso non mancava di ricordare l’amico giornalista, scrittore, consulente di politica estera e relazioni internazionali, nonché profondo conoscitore delle dinamiche del Medio Oriente Professor Alberto B. Mariantoni, «può essere accettata in blocco; oppure, rifiutata in blocco».
Un dato di fatto che si discosta dal groviglio delle analisi sul fenomeno, anche se giudiziose. Se vogliamo, difficile da comprendere nella sua interezza, perché comprensibilmente viziato da quel sottobosco fatto di connivenze (vedasi le guerre occidentali in Libia, Mali, Iraq e Afghanistan) e perché, storpiato da un unico orientamento di cui siamo vittime silenti. Un esempio ci viene in aiuto: il Presidente della République, Hollande, ha deciso di inviare nel Golfo Persico la portaerei Charles de Gaulle, per contrastare le operazioni dell’Isis in Iraq. Eppure, gli autori della strage, facevano riferimento ad Al-Qaida nello Yemen. Le grida dei terroristi e la voce di Bel Ali al-Ansi, pare non siano state ascoltate… E in aggiunta, Amedy Coulibaly, l’autore dell’assassinio della poliziotta a Montrouge e del sequestro di una ventina di persone, prima di lasciarne per terra quattro cadaveri al negozio kasher, non si è dimenticato di specificare in un video rilasciato su Youtube di appartenere all’Isis. Insomma, una vera chicca per i complottisti dell’ultima ora e per chi non riesce proprio a comprendere, la netta distinzione tra i due movimenti jihadisti in lotta fino all’altro ieri e la duttilità, recentissima, del ritrovarsi in azione, ricalcandosi e superandosi. Loro sono tutti d’accordo: quando è utile un avvicinamento reciproco è bene farne tesoro. E chi ci governa ?
Continua a pensare che l’Islam, soprattutto le sue estremità, siano un blocco granitico, immune da divisioni e rappresentazioni. Nessun scisma interno e nessuna gara alla successione della ‘Ummah, rivendicando la primogenitura delle ‘rivelazioni’ del Profeta. Nessuna ‘Setta’ simile alle correnti di partito e nessuna scomposizione politica al suo interno, politicamente sfaccettata e con più poli. Sciiti e sunniti e tutte le dinastie che si sono susseguite nel corso dei secoli ? Nulla di nulla. E’ preferibile una visuale d’insieme che frulla gli elementi e le nozioni senza distinzioni. Come davanti ad un televisore che trasmette da più di quarant’anni un racconto narrato da una visione ideologica della vita e della Storia. E poi, come abbiamo visto, l’islamismo radicale che ‘allieta ’ le periferie delle città di mezza Europa, ha le sembianze di un clone. Certo, di suo, tragicamente violento e deprecabile. Ma pur sempre simile alle modalità globali di un certo tipo di schema ideologico. Senza confini e sentendosi perfettamente a suo agio: dentro il terreno fertile che il “Capitalismo Pneumatico” d’Occidente gli ha offerto. Purtroppo per noi, trovando una sponda utile nei “Capitani” alla Monsieur e nelle loro improvvisate manovre navali. Mon Dieu? Oppure, scegliete voi chi pare.