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Home L'Editoriale

Perché l’accordo Draghi-Macron non convince

di Gian Micalessin
24 Novembre 2021
in L'Editoriale
2
Perché l’accordo Draghi-Macron non convince
       

Sulla carta sembrerebbe un trattato perfetto. E a confermarlo basterebbe la mappa di un bacino del Mediterraneo su cui nei secoli si sono mossi e scontrati non solo gli interessi di Parigi e Roma, ma anche i problemi di un Africa da cui Italia e Francia importano, oltre a energia e ricchezze, anche migranti e terroristi. Ma quel che sembra perfetto sulla carta non sempre lo è nella realtà. Per capire le incognite di un Trattato del Quirinale pronto a venir firmato, giovedì a Roma, dal presidente francese Emmanuel Macron e dal presidente del Consiglio Mario Draghi basterebbero polemiche, sospetti e accuse sollevate, proprio in queste ore, dallo scontro tra i francesi di Vivendi e il fondo americano Kkr per il controllo di Tim.

Uno scontro paradigma dello spinoso rapporto tra una finanza d`oltralpe sempre tentata dal far razzia a casa nostra e un`industria italiana che, come insegna il caso Leonardo nel settore tecnologia e difesa preferisce, da sempre, i rapporti con gli alleati d`oltreoceano a quelli con i «cugini» d`oltralpe. Ma lo scontro su Tim è solo la punta dell`iceberg di contraddizioni nascoste sotto la superficie di un trattato concepito per armonizzare i rapporti italo-francesi in undici «capitoli» che comprendono Esteri, Difesa, Europa, Migrazioni, Giustizia, Sviluppo economico, Transizione ecologica, Spazio, Istruzione formazione e cultura, Gioventù, Cooperazione transfrontaliera e pubblica amministrazione. Quegli undici capitoli – oltre a rappresentare un`insormontabile sommatoria di problemi universali – comprendono i fronti su cui in questi anni siamo arrivati allo scontro aperto con Parigi. Da quando l`Italia ha snobbato il consorzio Airbus a quando la Francia ha guidato l`intervento in Libia, da quando sono volati insulti e accuse sul tema migranti, fino a quando Macron ha cancellato il contratto di Fincantieri per l`acquisto dei Chantiers de l`Atlantique e ostacolato lo schieramento nell`ex colonia francese del Niger di un nostro contingente militare. Certo con l`arrivo di Mario Draghi molti di quei conflitti sembrano risolti.

Ma allora ci si chiede perché Macron senta il bisogno di approvare con tanta urgenza un trattato scritto, per parte italiana, da una ristretta conventicola di esperti (assai filo-francesi) mobilitati nel 2017 dall`ex premier del Pd Paolo Gentiloni. E perché quei contenuti non sono ancora stati comunicati ad un Parlamento che dovrà poi ratificarli? Certo l`uscita di scena di Angela Merkel, con cui Macron firmò nel 2019 l`analogo trattato di Aquisgrana, e il grigio panorama politico della Germania, possono aver spinto Macron a cercare l`asse con un Draghi considerato oggi una delle personalità più influenti a livello non solo europeo. Ma in tutto questo bisognerebbe chiedersi a che serva un trattato studiato per regolare settori, come le migrazioni e la politica estera, dove la competenza primaria non è più dei due governi, ma dell`Unione Europea. Anche perché se il trattato di Aquisgrana puntava a governare l`Europa quello del Quirinale, visti i tormentati pregressi, rischia di non risolvere neppure l`annosa disputa sui confini del Monte Bianco

Tags: Emmanuel MacronFranciaMario Draghi
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Commenti 2

  1. Gabriele Baraldi says:
    1 anno fa

    Non comprendo la “politica estera” (sicuramente per mio deficit non essendo un fine analista strapagato) europea che taccia la Bielorussia di usare i migranti come forma di pressione contro l’Europa è più segnatamente la Germania e non agisce (ritorsioni economiche) nei confronti della Francia che si comporta in modo analogo a Minsk nei confronti della Gran Bretagna ? Considerando che la Francia è parte dell’ “Unione Europea” e la Bielorussia è una Nazione extra europea. Questo è solo uno dei casi delle contraddizioni della politiche europee sia interna che estera, che mi sembra tengano come linea di scelta più gli interessi della Germania che non quelli europei.

    Rispondi
  2. Gabriele Baraldi says:
    1 anno fa

    Il non detto dei “trattati” Italia Francia riguarda i probabili futuri scenari, In omaggio al detto “il lupo perde il pelo ma non il vizio” (liquidazione delle aziende pubbliche). quando l’Italia si troverà nelle condizioni di dover forzatamente provvedere ad il rientro dal debito pubblico imposto dall’ “mercato” cosa mai potrà accadere delle ultime aziende pubbliche ? Il “ trattato” non è altro che una prelazione di acquisto in favore della Francia che equivale all’ennesima spoliazione del patrimonio nazionale ad opera di Draghi.

    Rispondi

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