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Perché non possiamo dirci “atlantisti”

di Maurizio Bianconi
1 Aprile 2022
in Il punto
1
Perché non possiamo dirci “atlantisti”
       

Si stima che le tre attività a maggior ricavo e migliori utili nel pianeta siano la produzione e scambio di stupefacenti, il commercio di esseri umani, la produzione e vendita di armamenti. Il deep state statunitense ha da decenni personalità dedicate alla tutela degli interessi dell’industria delle armi. L’Italia ha un comparto produttivo importante e uno dei marchi fra i più noti al mondo.

Quando, sulla scorta delle dichiarazioni “guerrafondaie” di Draghi si è aperto un dibattito nazionale sul tema, si è dato il via all’ennesimo teatrino. La realtà prescinde “dall’impegno” del premier su 2% di PIL da impiegare in armamenti Nato e dalle dichiarazioni di Conte. Le armi si comprano e si vendono comunque, Italia compresa, come si son sempre prodotte e commerciate, senza curarsi della realtà parallela delle dichiarazioni politiche.

L’agone politico spesso presuppone verità diverse da quelle in evidenza. Con Draghi “spesso” si è trasformato in “sempre”. Le sue esternazioni sul tema avevano ben altri scopi che l’impegno di spesa. Draghi con le sue parole ha assicurato che le future forniture belliche del nostro paese saranno pro NATO e non pro Italia o esercito europeo.

Nel contempo la ufficialità dell’impiego del 2% del PIL consente lo scambio di futures sugli armamenti nel mercato dei titoli speculativi. Come è nella sua mission, Attila Draghi ha agito a favore degli USA e della speculazione finanziaria e contro il paese che governa.

Le forniture all’Ucraina avvengono già senza ostacoli e sono indipendenti dalle dichiarazioni e dagli impegni. È Draghi stesso che lo dice rispondendo senza remore alle critiche di Conte e rivela che le spese per le armi c’erano anche prima, e maggiori, e che lui si è limitato a confermare una promessa resa alla NATO in anni precedenti.

N. A. T. O: North Atlantic Treaty Organization. La funzione anticomunista dell’alleanza si è estinta dopo la fine dell’Unione Sovietica. Esaurito lo scopo la Nato andava sciolta. È sopravvissuta per ribadire l’influenza e la leadership economico-militare degli USA sull’Europa occidentale e estenderla il più a est possibile, ben oltre gli Urali.

L’Italia, paese mediterraneo, proteso geograficamente nel sud dell’emisfero e vocato a valorizzare la fascia meridionale del continente non aveva e non ha interessi particolari a spendere e spendersi per una organizzazione militare volta alla primaria tutela della geopolitica nordatlantica. Non ci sono ragioni profonde nè nazionali nè continentali per la partecipazione a questa alleanza militare nè per dirsi ‘atlantisti’.

Si rafforza uno scenario che vede il nostro paese suddito di più domini. Di un’Unione Europea che non è uno stato e della cui configurazione giuridica ancora si discute. Della Germania paese monopolista delle politiche unioniste. Degli USA che determinano attraverso la forza delle armi e della Nato le nostre scelte geopolitiche, energetiche, economiche.

Gli stati europei hanno bisogno di un esercito forte e unito che provveda alla loro difesa. La NATO di fatto lo impedisce ricollocando le risorse militari degli stati europei in un’organizzazione che ha per fine la sicurezza del nord atlantico e dunque di USA (e Canada).

Dove giocoforza, come stiamo verificando in questi giorni, il continente svolge il ruolo di avamposto sacrificabile. Truppe indigene da schierare in prima linea a difesa del cuore dell’impero. L’atlantismo sfegatato di Draghi e dei suoi altro non è che una condanna a un pericoloso gregariato anche militare al servizio della postdemocrazia finanziarista che ha la sua stanza dei bottoni al di là dell’oceano. Nel Nord Atlantico appunto.

Tags: forze armateIndustria difesaNATO
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Commenti 1

  1. Francesco says:
    3 mesi fa

    Al di là delle simpatie/antipatie nei confronti di Putin, la destra dovrebbe anzitutto capire le dinamiche ben esposte sopra. Gli USA tutelano i propri interessi, che di fatto, non corrispondono con i nostri, almeno non più. Alla sovranista Meloni farebbe bene prendere qualche lezione al riguardo dal suo amico Orban.

    Rispondi

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