Autunno. A Cuba muore il Fidel. Sul web, come i fiumi piemontesi, una pattuglia di destristi italiani esonda. Inni, moniti, buffe analisi, immagini, poesie, dediche, click. Viva Fidel! Firmato croce celtica e “patria o muerte”.
Va bene. Va bene così. Per i “rivoluzionari” il defunto fossile caraibico da bimbo era filo-nazista, poi falangista, poi peronista. Lo ha scritto Bardeche. Giusto. Peccato che erano i primi Sessanta e, poi, il cognato di Brasillach dimenticò presto ogni infatuazione tropicale.
Va bene. Va bene così. Il “presidente eterno” è (era) un vero fascista (anche se non lo sa o/e non lo sapeva). Lo ha scritto Jeune Europe. Eravamo sempre nei Sessanta e “l’occhialaio di Bruxelles” (definizione di Adriano Romualdi) era dai più considerato un belga eccentrico, senza alcun peso politico sostanziale.
Andiamo avanti. Peron apprezzava dal suo confortevole esilio madrileno Guevara. Giusto. Peccato che, una volta rientrato in Argentina, non ebbe pietà per i montoneros, l’ala rosso-bruna del peronismo. Ma fa nulla.
Alcuni destristi (post- neo, poco importa…) oggi piangono Fidel, dimenticando con lievità tutti gli errori e orrori della monarchia castrista, un regime duro e ottuso che obbligò (giusto per gradire…) i cubani a celebrare il Natale a giugno e a mangiare porcherie razionate tutto l’anno. Nel frattempo la nomenklatura cenava (e cena) ad aragoste e champagne negli stessi hotel in cui tardone avvizzite e puttanieri sceglievano (e scelgono) il compagno/a di una notte.
Per i “nostri” solo “errori di percorso”. “Hasta siempre”. Estetismo “rivoluzionario”, un brindisi e un altro bel click sulla tastiera. Bene così. Non importa ai post-fascisti tardo rivoluzionari se l’ultima apparizione pubblica del vegliardo barbuto al congresso del partito comunista cubano fosse sovrastata dalle gigantografie di Marx e Lenin. Viva Fidel! Sempre e comunque.
Va bene. Va bene così. Basta segnare delle differenze, dei limiti. Comprendo, anche se non condivido, gli amici che hanno una storia, una cultura, un vissuto nel “radicalismo di destra” (termine impreciso ma chiarificatore). Per chi ha letto e condiviso il giovane Freda e poi Graziani e Thiart, l’esperienza castrista ha un senso, una ragione. Non a caso, proprio i c.d. “estremisti” sono i più attenti (vero Maurizio Murelli?) ad analizzare la vicenda caraibica e cercano di tracciare una lettura differente. Nel segno dell’antimperialismo, dell’antiamericanismo. Prospettive diverse dalle nostre ma sempre opinioni rispettabili con cui vale la pena di confrontarsi e discutere. Vi è sempre qualcosa da imparare. Vedremo. Ci incontreremo. Discuteremo. Con reciproco rispetto.
Non va bene, invece, quando sul web deputati disoccupati ex ultra destristi o propagandisti ex finiani gridano il loro dolore per la scomparsa del pittoresco dittatore cubano.
Non va bene. Avete applaudito Gianfranco e il Berlusca, avete votato le leggi della Gelmini, di Letta e, poi, avete chinato il capo a Monti, alla Fornero e baciato la pantofola a Napolitano. Siete stati zitti su “Ruby rubacuori” e dintorni. Non vi interessava la Sierra ma Montecitorio.
Ora lacrimate su un tiranno esotico? Troppo facile. Fidel era un sanguinario, un megalomane, un visionario ma aveva i cojones. Pace all’anima sua.