Quindi ci siamo: conclusa, con il formale deposito, la controversa costruzione delle liste, e pagato il dazio all’immancabile profusione dei “il partito mi ha chiesto di candidarmi” (se sei uno dei pochissimi cui viene chiesto, non hai bisogno di esibizione, altrimenti hai chiesto tu, e qualcuno ti ha fatto il regalo di accettare; al limite ringrazia, e falla finita), è giunto il momento delle scelte elettorali. Prima di entrare “in medias res”, spendo due parole proprio sulla fase che ha appena avuto fine.
Che noia e che barba – per dirla con Sandra e Raimondo – tutti quei commenti falsamente stupiti e scandalizzati per il metodo di composizione delle candidature.
Da che mondo è mondo, è inevitabile – prima ancora che logico e sacrosanto – che siano i partiti a scegliere secondo loro insondabili criteri, chi li dovrà rappresentare nelle istituzioni. Semmai, il limite odierno è che le dinamiche di equilibrio tra diverse anime (le famose correnti, tanto falsamente vituperate quanto insostituite armi di confronto, formazione e crescita) abbiano lasciato il posto alla solitaria valutazione del leader/satrapo di turno, generalmente più invogliato a contornarsi di yes men/women che ad individuare figure portatrici di capacità critica ed analisi di pensiero. Ma questo è il costo del leaderismo, frutto a sua volta della ingiusta ventennale campagna di delegittimazione dei partiti e della semplificazione/volgarizzazione della comunicazione politica, in cui il “Capo” si rivolge direttamente via social agli elettori, usando un linguaggio comprensibile ai minus habentes, che costituiscono la gran parte dei votanti la cui partecipazione ed adesione, appunto, non sono più filtrate mediate ed “educate” dalle strutture di partito.
E la risposta, per prevenire facili contestazione, non può essere quella del ritorno alle preferenze, giacché questo – non risolverendo un problema – ne determinerebbe un altro. Anzitutto, infatti, anche per raccogliere le preferenze è preventivamente necessario che qualcuno decida di metterti nella lista; in secondo luogo, l’esperienza mostra come le preferenze abbiano sviluppato, nella migliore delle ipotesi, la generazione di veri e propri fenomeni da baraccone (è più facile raccogliere consensi individuali raccontando roboanti assurdità piuttosto che esponendo ragionamenti compiuti). Nel peggiore – e ahimè non raro – dei casi, la raccolta di preferenze (assai costosa) ha alimentato malversazioni, corruzioni, clientele, voto di scambio e quanto altro di più deleterio alla credibilità della politica.
Ma veniamo al sodo, e ragioniamo sul da farsi. Le opzioni sostanziali a disposizione dell’elettore sono cinque: centrosinistra, grUllini a 5 stAlle, terzo polo, astensione e centrodestra.
1. Non credo, francamente, che tra i nostri lettori possa esservi qualcuno tentato dall’opzione centrosinistra. In ogni caso, dal 2011 ad oggi, questi hanno governato (pur non avendo mai vinto uno straccio di elezione) per 10 anni su 11, ed anche chi non nutre nei loro confronti il motivato odio che io coltivo con precisione ed attenzione non può davvero pensare che – questa volta – sarebbero capaci di fare meglio. Anche perché, a rafforzare la squadra, sono arrivati personaggi del calibro di Fratoianni (con moglie a carico nostro), Giggino o’ bibbbitaro con una sparuta squadra di microcefali in cerca di fuga dal limite di 2 mandati su cui basarono la loro comunicazione ormai 114 stipendi parlamentari fa, le due ex segretarie di Cgil e Cisl (e già sapete che, a mio gusto, l’unico sindacalista buono è quello ben composto nel cappottino di legno, con l’interno in raso), ed una schiera di saccenti ciarlatani che si sono fatti sin qui vezzo di spendersi come esperti super-partes, chi in materia di taglio della spesa pubblica, chi di piazzista prezzolato di vaccini sperimentali.
2. Della seconda risma, non intendo aggiungere altra verbosità, dopo aver per anni affermato che a mio avviso tutti quelli che mai abbiano votato gli ascari del giullare genovese andrebbero condotti allo stato di servi della gleba, senza possibilità di affrancamento dal terreno (e dal Signore) di pertinenza.
3. Per il mio personale sentire, che attribuisce alla politica istituzionale il principale compito di agevolare (creandone le condizioni e non certo intervenendo) la libertà di azione economica, non vi è dubbio che chi – a parole – esprime le argomentazioni più corrette sul tema sia Matteo Renzi, cui riconosco anche il primato della qualità politica nel triste panorama odierno. Sennonché lui ha pagato la sua intemperanza caratteriale acquisendo il ruolo di “antipatico” per antonomasia (il motivo per cui, in fondo, mi piace) che ne impedisce qualunque reale ambizione; e – soprattutto- si è imbarcato (affidandovi addirittura la titolarità del progetto) un sodale che non riesco a considerare se non un ciarlatano della peggior specie, che non a caso ha già fatto intendere che – post voto – immagina di unire le sue forze a quelle di chi pure ha impalmato come fidanzato politico e poi abbandonato nel breve volgere di 48 ore.
4. Nella povertà di offerta, in particolare ove commisurata all’immane compito di gestire una epocale crisi economica, energetica, finanziaria e sociale a carico del paese già più indebitato d’Occidente, la scelta ragionata più sequenziale sarebbe dunque quella di non recarsi a votare, per la netta percezione che – comunque – nessuno sarà davvero in grado di invertire la rotta del vascello alla deriva. Ma anche questa opzione, purtroppo, reca una intollerabile controindicazione: chi non vota perde il naturale diritto all’esercizio della critica, e questo gusto me lo voglio proprio conservare.
5. Così, sfogliati tutti petali, non resta che ritenere che – il meno peggio – sia il voto alla coalizione di centrodestra. Molti di loro sono sguaiati, menzogneri manifesti, spergiuri e – troppo spesso – impreparati e refrattari allo studio. Pochissimi sono mossi da una bussola ideale, e ancor meno sono quanti conformino la propria azione politica alla costruzione di un modello di società che sia improntato alle libertà della persona, il vero crinale che universalmente (con l’intollerabile eccezione dell’Italia) separa la destra, custode dei diritti dell’individuo e del senso di responsabilità soggettiva, dalla sinistra che mescola tutto in un collettivismo votato all’eliminazione delle qualità e ad una parificazione di tutti al basso, sotto il controllo condizionante dello stato. Tuttavia, con tutti i limiti, oggettivi e soggettivi, di cui hanno dato ampia prova negli anni, restano comunque l’opzione meno insensata per chi non volesse rivolgersi a scelte di pura testimonianza prive di qualsivoglia prospettiva pratica. E comunque, almeno per me, opera a favore di questa scelta un naturale senso di appartenenza cui mi ascrivo – pur criticamente – dalla nascita. Se voi invece siete scevri da questi condizionamenti ancestrali, seguite l’indicazione del più grande giornalista italiano, che arrivò a proporre di votare comunque, previa occlusione artificiale dei canali olfattivi.
Invito quindi quanti fossero interessati al mio suggerimento, a prendere in considerazione le tre forze principali del centrodestra, e a scegliere di esprimere il voto a favore – se non di quella che considerate la migliore – almeno di quella da cui vi pare di essere meno distanti. E che la fortuna ci assista.
Che il panorama politico odierno (direi da qualche decennio) non sia particolarmente entusiasmante è certo ed è altrettanto certo che Renzi sia il campione della “libertà economica” in questo campo è talmente libero da girare per il mondo a conferenziere con lauti compensi soprattutto in nazioni dove le libertà non sono al primo posto (Arabia Saudita) sfruttando notorietà dovuta al periodo in cui è stato primo ministro e l’attuale carica di senatore con relativo compenso a nostro carico. Non ne faccio una questione morale che è da decenni derubricata a inutile orpello ma di conflitto di interessi tra il mandato di rappresentare i cittadini e quello di “relazioni” con governi esteri di cui non si conoscono i confini. In qualsiasi azienda privata questo non sarebbe permesso ma trattandosi della Res pubblica a carico delle tasche dei cittadini viene considerato “libero arbitrio” ……🤡🤡🤡🤡🤡🤡
Ma il miglior politico soprannominato il Bomba non doveva ritirarsi dalla politica ? Non saprei fare classifiche ma se Renzi è il miglior politico non oso pensare cosa siano gli altri…..d’altronde lo dice anche Lei se Renzi si unisce con uno come Calenda che politica può mai fare ? La definirei Francia o Spagna purché se magna .
On. Corsaro non si svaluti anche se non sempre sono d’accordo Lei è di gran lunga meglio di Renzi.