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Home L'Editoriale

Pirelli cinese, Pininfarina indiana. Requiem per l’industria italiana

di Augusto Grandi
27 Marzo 2015
in L'Editoriale
0
Pirelli cinese, Pininfarina indiana. Requiem per l’industria italiana
       

Ma che bello! Gli investitori stranieri si comprano l’Italia a prezzi da saldo e gli opinionisti di servizio esultano. In base al concetto che non ha importanza il passaporto del padrone. Basta che il brand sia italiano. E allora magari chiamiamolo marchio e non brand.

Così Pirelli e’ diventata cinese, Pininfarina diventerà indiana, i treni son diventati prima francesi e, quelli rimasti, giapponesi. E le acciaierie divise tra Nord Africa e India, i cinesi nelle banche e nelle finanziarie pubbliche, i francesi nell’alimentare e nell’energia, proprio come gli spagnoli. E poi moda, telefonia, aerospazio. Che bello, che bello!

Si entusiasmano, i servi. Perché è un esempio fantastico di globalizzazione. E cosa c’è di male se la Cina,in cambio, pretende che i suoi sempre più numerosi connazionali in Italia siano liberi di evadere le tasse, di sfruttare la manodopera, di non rispettare le regole di igiene nei locali, di vendere prodotti pericolosi? Loro comprano le aziende, fanno felici i servi del burattino, qualcosa in cambio dovranno pure avere.

Come devono avere qualcosa in cambio gli americani che controllano tante aziende meccaniche, i tedeschi che hanno catene distributive. Tutti devono avere qualcosa in cambio, tranne i sudditi italiani. I padroni, invece,qualcosa ce l’hanno: i soldi incassati per vendere al primo straniero che mette sul tavolo un mucchietto di denaro. Mica e’ colpa loro se gli italiani non comprano. Taccagni quando si tratta di investire, inesistenti quando si deve comperare, prontissimi a vendere.

Ed allora è inevitabile che tra le troppe riforme promesse dal burattino non ci sia quella dei trasporti. Non ci sia quella della logistica. Non ci sia quella della catena distributiva. I compratori stranieri non vogliono. Non vogliono alternative a vantaggio dei piccoli produttori e dei consumatori. Vogliono che i Tir dei mega gruppi stranieri, con autisti stranieri, possano viaggiare senza prolemi e senza controlli. Vogliono strangolare i piccoli agricoltori, i piccoli artigiani. Ma gli opinionisti festeggiano perché non è importante il passaporto. Persino Prodi si è accorto che la politica industriale dell’Italia viene decisa a Pechino. Ma per gli opinionisti di servizio anche questo e’ motivo per festeggiare.

Tags: CinaeconomiaglobalizzazioneIndiaindustria italianaPininfarinaPirellisovranità economicasovranità nazionaletrasporti
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