Mentre il quotidiano della famiglia Berlusconi e l’altro milanese di area in questi giorni pre e post referendari si sono esibiti e si esibiscono in auspicii inutilmente altisonanti e in giudizi infondatamente ottimistici e trionfalistici, hanno riportato alla cruda realtà e ai problemi reali due editoriali di Antonio Polito ed Ernesto Galli della Loggia, misurati, attenti, non volgari e non isterici anche se non ovviamente perfetti e indiscutibili.
Il primo, del quale è stato presentato un lavoro sulla famiglia tutt’altro che disprezzabile, esprime due giudizi centrati. Quello riservato a Zaia involontariamente ne coglie il limite insuperabile nel suo carattere di “leader locale” sciovinista alla rovescia, l’altro su Berlusconi riprende la consueta ed usurata furbizia della posizione assunta in extremis, sempre strumentale e mai matura.
Efficace Polito è nel decifrare e riprovare le incertezze e le indecisioni del PD, guidati da uomini impreparati ed inadeguati.
Nelle considerazioni sul voto, sulle conseguenze e sulle ripercussioni si avverte l’immediatezza dell’articolo, quindi la mancanza di una visione e di ripensamento “politico sostenibile” in un contesto affatto corale e tutt’altro che plebiscitario.
Galli della Loggia, dal canto suo, ritiene, riagganciandosi alla mai archiviata e archiviabile pagina del 4 dicembre, che Renzi abbia perduto “lucidità strategica e capacità di consenso”. E’ un’opinione legittima e quindi rispettabile anche se è apparso purtroppo solo al 62% degli italiani un gigione fanatico e prepotente, privo di carisma ed espressione di gruppi potenti, oggi non più contigui (vedi Napolitano).
L’ex collega riconosce le fondamenta precarie della Costituzione ciellenistica, costruita dalla diarchia democomunista, ed insiste sul “complesso meccanismo” decisionale della “concertazione”, la cui difettosa natura e i cui deleteri effetti – a suo parere – hanno trovato un’ultima prova sul caso Visco.
Secondo l’editorialista Renzi “avrebbe dovuto apprendere” mentre a nostro avviso non poteva comprendere per la pochezza e la grande fragilità della sua preparazione, l’esistenza di istituzioni “indisponibili a essere trascinate nella politica estemporanea e nella strumentalizzazione” .
Nonostante le pessime prove recate con lo “Jobs act” e con la “buona scuola”, riforme illusorie e sterili, e con l’incapacità di affrontare il problema dei problemi, condizionante e soffocante, il debito pubblico, Galli continua ad accreditarlo di carisma e lo vede portatore di “un adeguato progetto di riforma istituzionale”, attuato, come abbiamo ben visto, con lo strumento dei “voti di fiducia” ed altre alchimie di potere, e poi rigettato senza esitazione e senza equivoci dai cittadini, una volta arbitri.
Ricco di speranze, ormai esaurite o addirittura infondate dall’inizio, per Galli il segretario del PD è “dopo il 4 dicembre è ancora alla ricerca di una linea politica in armonia con la sua ispirazione originaria [quella scoutistica?] così come di una nuova e più convincente cifra stilistica”. Non potrà non operare, secondo i sondaggi, inseguendo la governabilità, forse, a giudizio di un giornalista del “Corriere della Sera”, nella prossima legislatura d’intesa ed in sintonia con l’autocrate lombardo.
A proposito della demenziale bravata dei deficienti dell’Olimpico, chissà da quali centrali eversive manovrati, viene da chiedersi se sia stato mai calcolato il numero delle “Anne Frank” finite negli arcipelaghi Gulag e mai ricordate.
Renzi, considerati i rapporti sempre più stretti esistenti con la Cina, guidata dal partito unico, il comunista, potrebbe assumere come modello comportamentale ed operativo il segretario generale Xi Jinping assurto al rango di “padre nobile” al fianco di Mao Zedong e Deng Xiaoping, celebrati campioni di democrazia e strenui sostenitori di ogni libertà.