A differenza di diversi suoi colleghi dello stesso foglio, che scoprono nell’autunno 2019 la “crisi della scuola” o rispolverano i teorici dell’operaismo italiano, Antonio Polito è fornito di qualità umane non indifferenti: è privo di albagia ed è simpatico.
Nonostante queste apprezzabili doti, cade in questa sua ultima fatica in errori di macroscopiche dimensioni. La fascetta del volume, pubblicato per la dilagante casa editrice del “Corriere della Sera”, ed il sottotitolo sono questi: «Il comunismo è morto, il liberalismo è malato e neanche io mi sento bene».

I dati geografici e soprattutto demografici recano una eclatante smentita. Il comunismo è presente, è vivo e spadroneggia politicamente, con assoluto disprezzo delle minoranze (recte, delle opposizioni e della vera democrazia) in sei nazioni (Corea del Nord, Cina, Cuba, Laos, Vietnam e Venezuela). Solo l’immenso paese di Mao, tanto apprezzato e sottoposto a mille cure, mai criticato nella nostra povera Italia, ormai priva di idee e principalmente di ideali, conta il 18,54% della popolazione mondiale.
Ora a Polito è stato facile, con la sua penna giornalistica ricostruire le esperienze avute nei giorni della caduta del muro di Berlino. La consistenza e la potenza della Cina, costruite grazie all’acquiescenza del liberismo bottegaio occidentale ed al consueto cerchiobottismo statunitense, dimostrano del tutto erronea (stavo per scrivere falsa) l’affermazione solenne e convinta di Polito, secondo cui a Berlino morì «definitivamente la grande illusione» del comunismo.
Se non con la dottrina comunista, marxista, poi maoista, quale indirizzo guida quella nazione, cui spetta, tra l’altro, con l’India il primato, non denunziato dalla mitica, isterica e presuntuosa Greta, dell’inquinamento atmosferico?
Timida, striminzita e sfuggente è la definizione della Cina, «Paese leader del nuovo capitalismo illiberale, che concepisce il libero scambio come strumento di penetrazione politica, se non imperialistica».
Nella nostra area occidentale, specie in Italia, in cui il PCI ha una sua storia parallela, poi convergente con la DC, esso continua, sotto un’ipocrita sigla, ad esistere, grazie alla confluenza dei superstiti dello scudo crociato, nella versione più deleteria, la cattocomunista (Mattarella e Prodi) e agli errori confusionali del leghismo inadeguato e del berlusconismo tiepido e maneggione. Si è camuffato e continua a seminare nella società scelta e programmi, unicamente negativi e perversi, deleteri e devastanti (v. gli ultimi esempi, il “fine vita” e lo “ius culturae”).
Del tutto inaccettabile risulta il parallelo sostenuto dall’autore tra i profughi dall’Est verso l’Ovest, conseguenza della frana dei regimi comunisti, e l’ «imponente movimento di uomini e donne dall’Africa verso l’Europa». L’analogia è semplicemente assurda: oggi gli immigrati non fuggono dalla patria, che per loro non esiste e non hanno mai avvertito per colpa del colonialismo, mai adeguatamente riprovato e dei regimi subentrati, solo rudimentali ed inconcludenti, e sono allo sbaraglio alla ricerca di una «vita», da nessuno garantita.
Polito ha l’onestà di riconoscere il limite del progetto più grave del progetto europeo. I cittadini avvertono di non «essere padroni del proprio destino, autori delle scelte che contano». Sono i tre megapartiti (di dimensioni, e non certo di ideali), popolari (recte democristiani), dei socialisti e dei liberali, compositi, zeppi di contrasti e di gelosie, i veri responsabili della stagnazione e della crisi sempre più profonda.
Ma con Polito, al di là del rispetto e dell’attenzione, è tangibile ed insuperabile l’incomunicabilità. A destra andrebbero fatto tesoro ed arma ideologica delle parole pronunziate da Antonio Salandra nel 1913 . Lo statista pugliese sosteneva «il diritto di asserire sopra qualunque altra cosa, ed eventualmente contro tutti l’idea della patria» e «una politica nazionale, che non è politica né della borghesia né del proletariato, ma che tende a valorizzare tutte le energie nazionali di tutti i ceti e di tutti gli ordini sociali».
ANTONIO POLITO, Il muro che cadde due volte. Il comunismo è morto, il liberalismo è malato e neanche io mi sento molto bene, Solferino, 2019, pp. 188. €16,00.