Madrid, 1976 (un anno dopo la morte del Caudillo): gli Olmedo, famiglia contadina vittima dei pettegolezzi, si trasferiscono in città. L’agente immobiliare che li guida tra le asfittiche stanze non si dilunga sul vicinato: omettendo quindi di raccontare come fosse occupato, sino a quattro anni prima, un appartamento adiacente. Lo scopriranno loro malgrado.
Ennesimo film intitolato “Possession”. Le frasi di lancio, stando le quali il film sarebbe ispirato a una “storia vera” che avrebbe terrorizzato la Spagna, sono mendaci. Non mancano la condanna del periodo franchista e la sottotrama LGBT. Molti i punti in comune con “The Conjuring – Per ordine del Diavolo” (che però è un horror fatto con tutti i crismi), e in effetti le riprese di “Possession” sono cominciate quando di “Conjuring III” erano stati pubblicati dei “teaser”.
In un periodo che pullula di horror intelligenti e originali, “Possession – L’appartamento del diavolo” si affida soltanto ai “jump scare”: che a metà film smettono di far sobbalzare. Le prime svolte nella trama sono sorprendenti, ma gli ultimi colpi di scena sono prevedibili; quel che è peggio, fra i buchi della trama ce ne sono almeno tre gravissimi: gli sceneggiatori sono addirittura quattro, e non si sono curati di aver scritto l’ultima mezz’ora con tre personaggi fuori posto. Il regista Albert Pinto ha qualche valida trovata; il cast, radunato attorno alla ferormonica Begona Vargas (più bella che brava) è inesperto: e si vede. Se si assiste a cuor leggero, è un film che si lascia vedere; ma se ci si presta un minimo d’attenzione, è un piccolo disastro.