Sergio Mattarella è un giurista di vaglia, professore universitario, avvocato, giudice costituzionale. È politico esperto: parlamentare per 7 legislature — Dc, Ppi, Margherita. Pd. Più volte ministro, vicepresidente del Consiglio e vicesegretario Dc. Dal 2015 è presidente della repubblica.
Prima dell’ascesa al Quirinale era personaggio lontano dalla notorietà. Rientrava in quel novero di figure onuste di cariche e conoscenze, ma non altrettanto di peso politico e fama. Caratteristiche peraltro quasi sempre appartenenti ai prescelti per la presidenza della Repubblica.
Chi lo votò — come me nel 2015 — confidava (purtroppo a torto) nella sua cultura giuridico-istituzionale, nella sua esperienza di grammatica politica, nella ritrosia verso lo stage e le standing ovation. Il prof. Sergio Mattarella ha dichiarato ufficialmente e ripetutamente (chi le ha contate dice 21 volte negli ultimi 2 mesi) che non si sarebbe ricollocato al Quirinale. Mai pose riserve o possibilità alternative a questa decisione. Lo dichiarava nel mentre imperversavano le “gravi emergenze” sanitaria, economica. sociale, le stesse che ci sono ancora oggi. Tali e quali.
Il diniego a essere rieletto si fondava su una considerazione giusta, da vero conoscitore del dettato costituzionale. I 7 anni non possono essere rinnovabili — diceva — poiché più che la figura di un doppio mandato presidenziale prenderebbe il sopravvento l’idea di un re-repubblicano, di una monarchia di fatto lontana dal volere costituzionale. Ripetere l’esperienza Napolitano sarebbe stato un precedente troppo pericoloso.
Se aggiungiamo le praterie di potere effettivo e governante che si sono aggiunte negli anni al bagaglio presidenziale si può anche dire che quella monarchia repubblicana non apparirebbe neppure tanto monarchia costituzionale quanto monarchia assoluta.
Queste osservazioni avrebbero dovuto avere il sopravvento su tutto ivi compresa una volontà parlamentare contraria (per stessa dichiarazione del prof. Mattarella) ai valori repubblicani e democratici. Come ben sanno quanti sono anche minimamente addestrati nei giochi d’amore se un potenziale partner si dice per una ventina di volte indisponibile a esperienze con chi le richiede v’è la concreta e statisticamente provata possibilità’ che arrivi un sì. Se invece il ‘no’ viene detto una volta sola è no per davvero.
Le 21 volte di Mattarella hanno confermato la statistica. Soltanto che il bene in palio è la tenuta del sistema. il valore che si dovrebbe dare alle parole libertà, democrazia, lealtà. sincerità, affidabilità. Così senza che lo scenario sia cambiato di un ette il prof. Mattarella oggi ha assunto la veste di colui che dice una cosa e ne fa un’altra assumendo anche un atteggiamento disagiato e sacrificale, portando una giustificazione che non giustifica. Anzi lo inchioda a responsabilità difficilmente cancellabili. quando le nebbie del quotidiano blandire saranno diradate.
Non è giusto assecondare un così tristo spettacolo recitato per un pubblico di bocca buona e disposto a essere gabbato senza colpo ferire. Il prof. Sergio Mattarella passerà alla storia come il primo edificatore strutturale della postdemocrazia finanziaria, bisognosa di monarchi, uomini della provvidenza, affabulatori di cattolica, meglio se gesuitica, fattura, di politici proni e inetti, di media servili, di un popolo distante disinformato disattento, da imbonire, impoverire, rendere succube e sussidiato.
Auguri presidente e complimenti. Anche se con questi attori troppo facile è stato scrivere il copione.
I cosiddetti “grandi” elettori hanno dato prova di coraggio. Ci vuole un gran coraggio, infatti, ad imporre l’ennesimo commissariamento delle istituzioni. Ci vuole un coraggio da leoni, evidentemente, in un periodo che tutti definiscono “grave” per il paese, ad abdicare al proprio ruolo e ci vuole , infine, un coraggio quasi eroico per mostrare a tutti, in modo così lampante e trasparente, la propria inutilità. L’Italia merita di meglio? Certamente. Gli Italiani meritano di meglio? Temo di no. Il buffetto interessato di qualche euroburocrate sarà spacciato come un attestato di stima e fiducia, il ghigno di qualche leader mondiale sarà accolto come una dichiarazione di eterna amicizia e qualche medaglia olimpica a Pechino come la prova inconfutabile delle rinnovate italiche virtù. Storditi, stanchi e ammansiti dalle mancette e dalla stampa di regime, gli Italiani, ancora una volta non battono ciglio di fronte allo scempio delle loro istituzioni ed alla scempiaggine dei loro rappresentanti.