Bompiani ha pubblicato nel mese di novebre 2016 i “Quaderni neri 1939-1941. Riflessioni XII-XV “ di Martin Heidegger, a cura di Peter Trawny e tradotti da Alessandra Iadicicco. Li abbiamo scelti e tra i 33 taccuini delle annotazioni filosofiche di Heidegger che spaziano dal 1930 al 1970, districandoci tra le tante (poche) versioni tradotte, non sempre fedelmente dagli Schwarzen Hefte.
Questa traduzione, descrive a nostro avviso uno dei periodi storici fondamentali per comprendere l’elaborazione del pensiero filosofico di Heidegger. E vista, purtroppo, la costante alterazione in atto delle opere, ci é parsa indubbiamente la migliore e alla portata di tutti.
Consigliamo pero’, prima di cimentarsi nella lettura di una parte del “diario del pensiero” heideggeriano, un testo fondamentale per non cadere nel groviglio, a dir poco imbarazzante, dei colpevolisti e innocentisti che tendono a tediare la vita e gli scritti del filosofo: “Martin Heidegger. La verita’ sui Quaderni neri” di Friedrich-Wilhelm von Hermann e Francesco Alfieri, edito da Morcelliana il 19 maggio 2016. Sara’ certo utile per allontanare mille pensieri per la testa e quei fastidiosi infingimenti.
Sgombra la mente dal savonarolismo limaccioso che lo vuole “antisemita” e di quello che lo elegge a bastione del nazionalismo tedesco, vi attendera’ una lunga riflessione letteraria sul periodo storico e gli avvenimenti che si susseguirono a cavallo della seconda guerra mondiale. Nelle riflessioni in questione, troviamo l’esercizio meditativo del filosofo alle prese con un’elaborazione a dir poco travolgente, scandita dall’incalzare di un quotidiano che non disdegna una “dimensione onto-storica”, intrisa di considerazioni che superano l’attualita’.
Il pensiero filosofico, l’approccio metafisico, l’idealismo politico, lo storicismo idealistico, l’intendere geopolitico del Novecento, impattano fragorosamente Sulle scogliere di marmo di Ernst Jünger. Secondo Heidegger, non era ancora il momento e i tempi storici, non erano maturi: in realta’, allora ma anche ai giorni nostri i rapporti “amichevoli” tra pensatori, sfociavano spesso e volentieri in controversie a distanza, alimentate da un’acuta invidia non sempre corrisposta, all’odine del giorno.
Lo si intuisce dalla corrispondenza post-bellica di Heidegger e Jünger , trattasi pressapoco di una manciata di lettere, dove è facile notare quanto lo scrittore e filosofo nato a Heidelberg, fosse cosi’diverso dal suo futuro vicino di casa, (Günther Figal unter Mitarbeit von Simone Maier (Hrsg.) Ernst Jünger –Martin Heidegger. Briefwechsel 1949-1975, Verlag Keltt-Cotta und Vittorio Klostermann, Stuttgart/Frankfurt am Main 2008, Ppgtt.317, euro 29, 50).
Nei taccuini che ripercorrono il triennio 1939-1941, assistiamo all’irrompere della fenditura che attraversera’ il nichilismo di inizio secolo, proiettando le basi della differenza ontologica di Heidegger. La differenza tra “l’Essere” e “l’Ente”, la «negazione completa della totalità dell’ente», le sfumature della macchinazione e della metafisica occidentale razionale e moderna, andranno sfumandosi. Tracciando inevitabilmente, le nuove trame concettuali e le sovrapposizioni metafisiche del platonismo occidentale, riconoscibili nel Terzio Millennio.
Il forte sentire di Heidgger e la necessita’ filosofica del domandare che troviamo in tanti suoi scritti, non collima con l’esigenza dell’epoca descritta da Jünger: quel salire sulle scogliere dal punto di vista di Heidegger, descrive l’immaturita’ del momento storico “Non-Finito” e per nulla libero. Su questo, il nostro intendere si discosta da quello heideggeriano in quanto non privo totalmente di alcuni presupposti, derivanti dalle teorie filosofiche della prima meta’di un Novecento idealizzato.
Tuttavia, riconoscendone la grandezza e l’abilita’ descrittiva dell’oscuramento perpetuo, della “radura” (Lichtung), la metafora del «nulla», dove gli enti sono visibili ed è possibile esaminarli con grande attenzione nel mezzo dello spazio lucente che si apre nel fitto del bosco, piombato totalmente nell’oscurita’di quegli anni, restiamo al suo fianco.
Serbando il ricordo che l’uomo e l’Europa, in lotta con l’incedere degli eventi e l’affano che ne consegue, sono alla ricerca di una meditazione che è ancora possibile: nel ‘900 che vide il dispiegamento della tecnica nel corso della seconda guerra mondiale ( «l’attuale guerra mondiale è l’estrema rivoluzione di tutto l’ente nell’incondizionato della macchinazione»), le linee guida delle riflessioni di Heidegger dopo la «svolta», sono esplicative.
Emerge copioso nei “Quaderni neri 1939-1941. Riflessioni XII-XV “, quel pensare ad un linguaggio originario, ritenuto da Heidegger «la casa dell’essere» (Lettera sull’«umanismo», p. 267) e della poesia, elevando quest’ultima ed etimologicamente ad essere «il linguaggio originario di un popolo» (Hölderlin e l’essenza della poesia, p. 52). Quasi fosse «il fondamento che regge la storia» (ivi, p. 51).
La caratterizzazione di questi scritti, appassionera’ anche i cultori della politica e Heidegger, a tal proposito, sembra quasi volesse ripercorrere gli scossoni del Medioevo. Spinto da una “preveggenza” che non tiene conto dell’approssimazione della «probabilita’» realizzata in una tendenza progressiva, che imperniera’ la diplomazia mondiale nell’arte del «possibile», vide lungo. Possiamo dire che nei suoi taccuni, riassunse tale fenomeno, la «“Realpolitik”», in poche parole: «totale prostituzione». Sintetico e al limite di una “predizione” da scongiurare ad ogni costo.
Il passo lento e calcolatore del «borghesuccio» narrato dal Nostro, intento ad elogiare una “spiritualita’” d’Occidente alle prese con un sistema politico intriso dal diritto dell’amministrativita’, detenuto in gran parte dallo stato centrale, svanisce. Un simulacro e’ pur sempre tale. Sopratutto se e’ l’asse portante della “nuova” forma piccolo-borghese, puntellata dai suoi intendimenti.
Cosi’ adorabilmente messi in discussione da Heidgger: comprendendone e al contempo valutandone negativamente le prerogative meccaniciste-culturali, del «materialismo biologico-storico» e dello sciovinismo politico-dottrinale del Secolo Breve, indicandoci un qualcosa di diverso.
Una chiave di lettura avvincente ed uno stimolo per ottimi spunti per riflettere: superandoci e cercando di tracciare le basi concrete di un’altra Europa. Molto, molto, diversa da questa.
Martin Heidegger
“Quaderni neri 1939-1941. Riflessioni XII-XV”
A cura di Peter Trawny e tradotti da Alessandra Iadicicco
Bompiani, Collana Saggi Bompiani, novembre 2016
Ppgg. 370, euro 25.00