“Il PIL è una misura standard della produzione di un paese espressa come valore nominale monetario totale dei beni e dei servizi prodotti dai residenti in un certo periodo di tempo” (in genere un anno). Il PIL fu inventato dal prof. Simon Kuznets nel 1934, anno in cui fu presentato per la prima volta al Congresso degli Stati Uniti. Fu lo stesso prof. Simon Kuznets a mettere in guardia la classe politica sostenendo” il benessere di una nazione non si può dedurre da una misura del reddito nazionale”.
Quando ho iniziato ad interessarmi del PIL e dei suoi effetti sulla vita delle comunità, non vi nascondo che rimasi sorpreso dal lavorio che lo circondava: economisti, premi Nobel, associazioni di vario tipo, psicologi, università, tra cui la Sapienza di Roma, attraverso il Centro di Ricerca Interuniversitario per lo sviluppo sostenibile (CIRPS) che ha sostenuto, con i suoi studi, uno degli elementi fondamentali della teoria dei “cicli chiusi” che viene utilizzato per misurare lo Sviluppo sostenibile e cioè ”lo Sviluppo sostenibile non consuma risorse, ma le usa e le riusa illimitatamente”.
L’Italia è considerata all’avanguardia grazie all’ISTAT, che dal 2013 pubblica il Rapporto sul benessere equo e sostenibile il cui acronimo è il BES e che misura, attraverso i suoi 134 indicatori, il progresso non solo dal punto di vista economico ma anche sociale, ambientale completandolo con misure di diseguaglianza e sostenibilità. Poi altri soggetti internazionali (ONU, OCSE, EUROSTAT, COMMISSIONE EUROPEA…) hanno affrontato e continuano ad affrontare i limiti, l’inefficacia del PIL per misurare il benessere equo sostenibile e le possibili soluzioni perandare “OLTRE il PIL” stesso con altri metodi di misurazione del benessere complessivo dei cittadini.
Attività di studi, di ricerca, di convegni, di analisi, del possibile uso di indicatori per misurare il benessere sono iniziati molti decenni indietro e sono in continua evoluzione.
Tutto iniziò con Bob Kennedy quando il 18 marzo 1968, durante un discorso alla Kansas University, il problema della inadeguatezza, della inesattezza del PIL di ogni singolo Stato per misurare il benessere equo sostenibile di ogni singolo individuo. Concluse il suo intervento con un concetto che merita di essere ricordato:” Il PIL non tiene conto della salute delle nostre famiglie, della qualità della loro educazione o della gioia dei loro momenti di svago. Non comprende la bellezza della nostra poesia o la solidità dei valori familiari, l’intelligenza del nostro dibattere o l’onestà dei nostri pubblici dipendenti. Non tiene conto né della giustizia nei nostri tribunali, né dell’equità nei rapporti fra di noi. Il PIL non misura né la nostra arguzia, né il nostro coraggio, né la nostra saggezza, né la nostra conoscenza, né la compassione né la devozione al nostro paese. Misura tutto, in breve, eccetto ciò che rende la vita veramente degna di essere vissuta”.
Uno dei tanti indicatori è l’ISU (l’indice di sviluppo umano) dell’economista pakistano Mahbub ul Haq che venne usato dagli indicatori dell’ISU, dall’ONU per la prima volta nel 1993. Nel 2020 è stato aggiunto all’ISU, in via sperimentale, un indice di pressione ambientale.

L’ISU venne utilizzato dal premio Nobel Amartya Sen per sostenere che, per ottenere una misura veritiera di un popolo bisognasse valutare non solo lo sviluppo economico ma anche lo sviluppo delle persone. Anche l’ISU fu oggetto di critiche soprattutto perché, secondo i critici, parte da un pregiudizio sistemico nei confronti del modello di sviluppo economico e sociale dei paesi industrializzati. Va considerato che gli indicatori vengono modificati, aggiornati, con il passare degli anni. Il BES va aggiornato, va integrato, modificato. Questo aspetto non è un limite è un punto di forza. Il PIL oramai è un fossile. Nel 1997il professor Mathis Wackrnagel insieme ai suoi colleghi dell’Università di Anàhuacde Xalapa ( Messico) introdusse il concetto di “Impronta Ecologica” . Cosa significa? “Che la domanda di prodotti e servizi richiesta e prelevata dagli ecosistemi sia in continua crescita e che tale domanda stia superando la capacità rigenerativa e di assorbimento della biosfera”. In sostanza si tratta della capacità bio produttiva. L’ultimo rapporto disponibile, secondo le mie conoscenze, risale al 2009 e si riferisce all’anno 2006 e indica che l’umanità nel 2006 ha utilizzato più dell’intera bio – capacità superando di circa il 40% la stessa bio – capacità. Occorre precisare, però, che anche sul concetto di “Impronta Ecologica” si è aperto un dibattito che ha fatto emergere pregi e difetti del principio stesso.
Tra le esperienze straniere vi è la Francia. Nel febbraio 2008 Nicolas Sarkozy creò una Commissione guidata da Stiglitz e Amartya sen e composta da 25 eminenti studiosi di fama mondiale tra cui 5 premi Nobel (tra cui anche il nostro Enrico Giovannini) per studiare la fattibilità di nuovi strumenti di misura, determinare i limiti del PIL come strumento di misura come indicatore di ricchezza e di progresso sociale. La commissione presentò un corposo rapporto che fu presentato il 14 settembre 2009 contenente 12 raccomandazioni finali per uno sviluppo sostenibile
L’Italia, come già accennato, è considerata all’avanguardia nell’occuparsi di nuovi indicatori “oltre il PIL” per calcolare il benessere equo sostenibile. Con la riforma della legge di bilancio 163/2016 l’Italia ha previsto l’inclusione di numerosi indicatori che misurano il benessere equo sostenibile (BES). Purtroppo la relazione annuale, come era facile prevedere, presentata l’11 marzo 2021 alle Commissioni parlamentari per il 2020, dimostra che la pandemia da Covid 19 ha pesato sul BES in maniera negativa.
Secondo le statistiche elaborate dagli esperti, la speranza di vita in Italia si è ridotta di un anno e 4 mesi e addirittura nelle zone dove il Covid 19 è stato più aggressivo, la speranza di vita si è ridotta di 4 anni! Cosa ha pesato? Soprattutto la riduzione della salute psicofisica e a seguire l’isolamento, lo stress, la mancanza delle relazioni, il tempo libero. Sono state chiuse le scuole e gli studenti sono stati costretti a vivere in una sorta di isolamento, una sanità impreparata e carente. Sono, inoltre, aumentate le diseguaglianze a causa della perdita di lavoro soprattutto da parte delle persone che lavoravano nel sommerso. Se manca il lavoro manca una parte del benessere.
Peccato che di tutto quanto sopra esposto, né di quali rimedi ipotizzare, se ne parli poco o affatto. Sarebbe interessante ed utile se si cominciasse ad insegnare il significato e l’importanza del BES nelle scuole ad iniziare da quelle primarie.
Esiste un altro aspetto che non viene mai affatto affrontato e mai viene discusso e che potremmo considerare un altro degli effetti distorti causati dal PIL e non solo dal PIL, negli ultimi 60 anni.Si tratta della migrazione interna e del conseguente concentramento del numero degli abitanti in Italia per km quadrato. La “media” del numero degli abitanti, in Italia è pari a 197,4 ab/km quadrato. Ma ci sono migliaia di km quadrati completamente abbandonati o semi abbandonati, c’è Roma che ha una media di 2.236 ab/km quadrato con punte che arrivano anche a 9.000 abitanti per km quadrato! Milano ha una densità “media” di ab/km quadrato pari a 7.566. Queste differenze di ab/km quadrato derivano dall’abbandono di vaste aree del territorio nazionale con conseguente concentramento esasperato nelle aree urbane e comportano delle conseguenze negative per il BES.
Sforzi a livello internazionale si stanno compiendo. Ricordo che nel 2013 è stato pubblicato il primo “indice di progresso sociale” il cui acronimo inglese è lo SPI e che nel 2020 è stato applicato da ben 163 Paesi. In Italia il corrispondente responsabile è il prof. Enrico Giovannini che in un articolo apparso su il sole 24 ORE il 15 dicembre 2019 scrisse: “possiamo dire che la battaglia è vinta e che oggi le politiche sono tutta un’altra cosa. Purtroppo, no. Anzi, in Italia ma anche a livello europeo, l’ossessione per la pura crescita economica ha dominato e domina tutt’ora il dibattito pubblico e il disegno delle politiche. Intendiamoci senza crescita non c’è aumento dell’occupazione, soprattutto di buona qualità non ci sono risorse aggiuntive per l’educazione, la cura della salute, il sistema di welfare. Ma i dati disponibili ci dicono che la qualità della vita delle persone dipende sempre più anche da altri fattori. In realtà, con cui valutiamo una Legge di bilancio, o le ricette politiche di questo o quel partito, resta ancorato ad una visione novecentesca, totalmente inadeguata rispetto alle sfide del XXI secolo. I media e gli opinion leader hanno una chiara e forte responsabilità per questo ritardo. Non solo in Italia, ma anche e soprattutto in Italia”.
Per fare un solo esempio che ci riguarda da vicino, in Italia è previsto per il 2022 una “crescita” del 6,2% del PIL; ma a chi va? La prevista crescita del PIL, come noto, per la maggior parte, andrà nelle mani di pochi e tra quei pochi ci saranno le grandi imprese, le imprese che producono in Italia e concorrono alla formazione del PIL ma gli utili vengono divisi in altri Paesi, gli evasori fiscali, la criminalità che in Italia ha raggiunto un fenomeno gigantesco.
Quanto di quel PIL, quale unico misuratore, verrà redistribuito, riutilizzato per cultura, salute, ambiente, innovazione, ricerca, sport, eliminazione del degrado urbano, rinascimento dei quartieri ghetto, eliminare o attenuare la solitudine, istruzione ampia che formi i giovani a non compiere atti di bullismo, a non compiere atti di violenza nei confronti delle donne, allo “sballo” o comunque atti contrari alle regole e alla legge? I media si ostinano a fornire notizie esclusivamente sulla “crescita” del PIL e non forniscono notizie sugli altri indicatori altrettanto necessari per la crescita del BES, magari da affiancare al PIL.
Il PIL si basa su parametri che misurano esclusivamente il valore economico totale e lo distribuisce in base al numero degli abitanti attraverso una media del reddito. Questo sistema falsa il benessere economico del singolo individuo anche perché il reddito medio in realtà, è una misura virtuale. Sarebbe come pensare che il PIL venga poi redistribuito in eguale misura tra i singoli individui. Per fare un esempio, ci sono cittadini che hanno redditi di alcuni milioni di euro e ci sono milioni di cittadini che hanno un reddito al di sotto della soglia di povertà, o addirittura senza reddito, ai quali si aggiungono migliaia di famiglie prive di reddito. L’insieme dei redditi, quello dei cittadini che hanno redditi da milioni di euro e quelli di milioni di cittadini che hanno redditi al di sotto della soglia di povertà o senza reddito sommati tra di loro costituiscono la media del reddito pro capite. In realtà, banalmente, ognuno, nella stragrande maggioranza dei casi si tiene il proprio reddito prodotto pro-capite.
Dal 2014 rientrano nel PIL di tutti i Paesi dell’Unione Europea anche le attività illegali, come “il traffico degli stupefacenti, i servizi della prostituzione e il contrabbando (di alcol e sigarette)”. Secondo l’ISTAT e le istituzioni internazionali che si occupano del PIL, vanno ricomprese nel calcolo del PIL anche le attività illecite e ciò,” in ottemperanza al principio secondo il quale le stime devono essere esaustive, cioè comprendere tutte le attività che producono reddito, indipendentemente dal loro status giuridico”. Ovviamente le attività illegali vanno in seguito calcolate insieme al sommerso nel PIL pro-capite tra coloro che forniscono tonnellate di droga e che guadagnano miliardi di euro e le vittime della droga stessa (per citare un solo paradosso).
Pochi sono consapevoli che il PIL come misuratore di ricchezza è un misuratore che negli ultimi decenni, ha assunto ancora minore validità con il rafforzarsi del potere della finanza che non ha alcun interesse a rivedere il PIL come unico misuratore di ricchezza di uno Stato.
A tal proposito vale la pena citare il famoso sociologo e filosofo Zygmunt Bauman che dichiarò “un potere finanziario completamente fuori controllo” Così come vale la pena citare il prof. Joseph Stigliz “dalla lussuosa suite di un albergo si possono imporre con assoluta imperturbabilità politiche che distruggeranno la vita di molte persone, ma la cosa lascia piuttosto indifferenti, perché nessuno le conosce”.
Sono passati venti anni da quando Stigliz scrisse quell’opera importante per le scienze sociali, e purtroppo quello che egli constatò già all’inizio del secolo non solo continua ma tende ad accentuarsi come fenomeno brutale nei confronti dell’essere umano.
Infine anche la Chiesa Cattolica ha preso posizione su queste diseguaglianze in maniera inequivocabile attraverso la voce di Papa Francesco che, con l’esortazione apostolica Evangelii Gaudium, dichiarò 2oggi dobbiamo dire “no” a un’economia dell’esclusione e dell’iniquità. Questa economia uccide”
Concludo riprendendo un volantino affisso su alcuni muri della città in cui vivo: “Sono Matteo, ho 20 anni e ho lavorato in un noto pub a 2,70 € l’ora per 9 ore”.