Il “rapporto annuale 2020” del Censis ha sollevato un velo sempre più sottile ed è riuscito a sintetizzare il momento con una frase immagine efficace quanto reale: “Il sistema Italia? Una ruota quadrata che non gira “. Si aggiunge come presentazione indiscutibile che “nell’anno della paura nera l’epidemia ha squarciato il velo sulle nostre vulnerabilità strutturali [ataviche]. Si aggiunga per integrare il quadro il potere, grazie a Salvini, ad una massa di soggetti, in primis l’inarrivabile per spocchia e presunzione Conte, seguito ad ampia distanza da una massa di soggetti innanzitutto antipatici.
Il modello di vita individualista, naturale per gli italiani ma incrementato dall’andazzo della comunità degli ultimi anni, è “stato il migliore alleato del virus, unitamente ai problemi di antica data, alla rissosità politica e ai conflitti interistituzionali”. Il rapporto è dell’avviso che “uno degli effetti provocati dall’epidemia è di avere coperto sotto la coltre della paura e dietro alle reazioni suscitate dallo stato d’allarme, le nostre annose vulnerabilità e i nostri difetti strutturali e pronti a ripresentarsi il giorno dopo la fine dell’emergenza più gravi di prima”. “L’avanzare della storia trova, a volte, curve drammatiche e inaspettate che mutano radicalmente ambienti e paesaggi del vivere, individuale e collettivo […] La pandemia globale di quest’anno è uno di questi improvvisi e imprevisti [?] cambiamenti. E’ arrivata silenziosa e subdola” senza che il governo dell’infallibile prof. Conte intuisse e prevedesse nulla.
I problemi sul tappeto sono tanti, complessi e delicati e per l’Italia è necessario preventivare “un ripensamento strutturale”. Secondo molti questa tragedia morale, materiale e sociale costituisce “il sisma devastante che costringa il nostro Paese a dotarsi di un progetto collettivo [di tutte le forze politiche] che spazzi via la soggettività egoistica […]. In questa drammatica condizione, il nostro Paese non può restare intrappolato in parole tanto rassicuranti quanto povere di significato [è vero, prof. Conte?]” Sempre e solo i cittadini – lasciamo perdere la classe politica, specie quella giallorossa – debbono avvertire che “per rimettere in cammino l’economia e rinsaldare la società, occorrono interventi concreti e in profondità, che il puro gioco di controllo e mediazione delle variabili sociali è fuori dal tempo”.
Le strade finora battute appaiono e si dimostrano qualitativamente di infimo livello. Occorre invece uscire “dall’indistinto aiuto a tutti, dall’impegno al ristoro come sussidio generalizzato” e riportare ad “una percorribile politica industriale la pletora di microinterventi già decisi o in via di approvazione”. Le contestazioni e le critiche agli errori del governo grillino – democratico si susseguono decise e ben focalizzate, senza che siano state messe a fuoco con l’incisività adeguata dall’opposizione.
L’analisi del Censis affronta poi un argomento, quello regionale, in cui non è stata colta la necessità o meglio l’urgenza di un “ripensamento strutturale dei sistemi e sottosistemi territoriali , con un dibattito [solo?] sul Mezzogiorno che precipitosamente affonda e una nuova questione settentrionale. Se da un lato, infatti, [senza affatto accorgersene] le regioni settentrionali sono più esposte al rischio di diventare una periferia a minore valore aggiunto dei sistemi produttivi nordeuropei , dall’altro sono poste nelle condizioni [come entità inscindibili dello Stato nazionale] di cogliere tutte le opportunità che il nuovo quadro dell’industria europea va configurando”.
“La classe politica, sensatamente intesa nella sua interezza. […] ha offerto, a richiesta, la promessa di aiuti indistinti, il caricamento di crediti d’ imposta senza limiti, la gestione concentrata nel vertice delle decisioni, la rimozione dei raccordi tra il contenimento di congiunturali picchi di sofferenza e il perseguimento di precisi obiettivi di medio termini”. C’è qualcuno che arrivi ad accettare tranquillamente e serenamente queste linee operative?