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Relazioni pericolose. L’Italia, l’Occidente e l’Arabia Saudita

di Redazione
13 Ottobre 2016
in Rassegna Stampa
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Relazioni pericolose. L’Italia, l’Occidente e l’Arabia Saudita
       

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Prima o poi una qualche domanda sulle nostre ambigue alleanze dovremo pur porcela. Noi italiani in particolare. Abbiamo gli alleati della Nato e partner della Ue che da anni non perdono occasione per seminare il caos alle porte di casa nostra e per demolire la nostra economia.

Nel Golfo Persico vendiamo armi, aziende e coscienze a monarchie petrolifere che non solo finanziano e sostengono estremisti e terroristi islamici ma ci minacciano dichiaratamente e colpiscono i nostri interessi anche a suon di bombe (forse le stesse che abbiamo fornito loro in gran numero).

Se ci sono molti dubbi sulla fiducia che noi italiani continuiamo a riporre in Stati Uniti, Gran Bretagna, Francia, Germania e Turchia, quanto accaduto recentemente in Arabia Saudita dovrebbe aiutare l’Italia ma anche tutta l’Europa e l’Occidente, ad avere le idee più chiare circa amici e nemici.

Il 16 settembre Abdurrahman ibn Abdulaziz as-Sudais, imam della grande moschea della Mecca, si è rivolto ai fedeli durante una preghiera nella città santa islamica con le seguenti parole.

“Oh Allah, dona la vittoria, l’onore e la forza ai nostri fratelli, ai jihadisti che combattono in Siria, Yemen, Iraq e in tutto il mondo. Falli trionfare sui traditori ebrei, sui malvagi cristiani e su tutti gli infedeli”.
La predica nella moschea più importante della città anta dell’Islam è stata ripresa da una televisione egiziana e poi da diversi media di tutto il mondo.

Le immagini mostrano l’imam inneggiare alla guerra santa. Abdulaziz as-Sudais è considerato come uno degli interpreti più radicali del Corano e nel recente passato ha più volte inneggiato alla distruzione di Israele e alla persecuzione degli ebrei ed evocato la guerra contro i musulmani sciiti.

Il suo sermone è stato ascoltato da milioni di persone che si trovavano alla Mecca per il pellegrinaggio e non risulta che le autorità di Ryad lo abbiano incarcerato o bandito dal regno o almeno dalle moschee per incitazione dell’odio e della violenza e per sostegno al terrorismo. Né peraltro risulta che punizioni di questo tipo siano state chieste da nessuno Stato Occidentale.

Negli Stati Uniti il Congresso ha approvato il Justice against sponsor of terrorism act (Jasta), provvedimento che permette alle famiglie delle vittime degli attentati alle Torri Gemelle di New York dell’11 settembre 2001 di fare causa a governi stranieri per un coinvolgimento diretto.

La Camera ha votato 348 a favore contro solo 77 contrari mentre al Senato i voti furono 97 a 1.
In questo modo ha superato la maggioranza dei due terzi prevista in questi casi per annullare la decisione del presidente. Obama in tutto ha messo il veto su 12 leggi approvate in questi anni dal Congresso.

Fino ad oggi la legge degli Stati Uniti non permetteva di fare causa all’interno di un tribunale americano a governi stranieri. Obama si era opposto al provvedimento, fortemente voluto dai famigliari delle vittime negli attentati del 2001, sostenendo che da una parte avrebbe incrinato i rapporti con Ryad, e dall’altra avrebbe esposto maggiormente i cittadini, i diplomatici e le aziende americane a subire cause all’estero.

Di recente anche Hillary Clinton si era espressa a favore della legge, sostenendo che se dovesse diventare presidente degli Stati Uniti la firmerebbe.

Inoltre la pubblicazione delle 28 pagine ancora secretate del rapporto sugli attentati dell’11 settembre aveva escluso collegamenti tra il governo dell’Arabia saudita e gli attentatori delle Torri gemelle.

Riad ha sempre negato ogni coinvolgimento negli attentati ma 15 dei 19 terroristi di al-Qaeda autori della strage dell’11 settembre erano sauditi e molti di loro ebbero rapporto stretti con funzionari del governo di Ryad che ha minacciato più volte Washington di rappresaglie finanziarie in caso di approvazione del Jasta, inclusa la vendita delle proprietà saudite negli Usa e dei 750 miliardi di dollari del debito sovrano americano detenuti dalle banche di Ryad.

Anche noi italiani dovremmo essere un po’ arrabbiati con i sauditi dopo i bombardamenti effettuati dai jet di Ryad sugli stabilimenti sulle aziende italiane nello Yemen: Caprari Pumps Yemen Ltd, specializzata nella produzione di pompe per acqua e il tubificio e mattonificio Alsonidar a Sana’a.

Gli aerei da guerra, come ha riportato la Reuters, hanno colpito con le loro bombe tre differenti aziende provocando gravi danni a tutte le strutture prese di mira. “Siamo molto sorpresi dell’attacco. Siamo qui per lavorare, ragione che ci ha sempre mantenuti al di fuori del conflitto politico in corso” hanno spiegato i dirigenti di Caprari e Alsonidar al sito modenaindustria.it.

I raid aerei sauditi contro le imprese italiane sono venuti alla luce grazie all’agenzia Reuters ripresa dalle pagine locali de Il Resto del Carlino.

I numeri forniti dallo Yemen Data Project, ripresi dal quotidiano britannico Guardian, oltre un terzo dei raid aerei effettuati dalle forze aeree saudite e dei loro alleati del Golfo (Emirati Arabi Uniti, Bahrein, Qatar) attivi contro gli insorti sciti Houthi nello Yemen hanno colpito obiettivi civili: scuole, ospedali, mercati, moschee, fabbriche.

Nulla di nuovo in una guerra ma sorprende che in Italia ed Europa abbiano così vasta eco le vittime civili siriane (ovviamente solo quelle uccise da russi e regime di Assad secondo i ribelli jihadisti amici dei sauditi) ma a nessuno interessino i civili yemeniti sciti uccisi dalle bombe di Riad tutte costruite in Occidente, Italia inclusa.

Una dipendenza che verrà presto ridotta grazie al nuovo stabilimento per la produzione di bombe d’aereo e proiettili da mortaio e obici realizzato nel regno dalla società pubblica saudita Military Industries Corporation insieme alla sudafricana Rheinmetall Denel Munition (RDM) .

Lo Yemen Data Project è formato da accademici e attivisti per i diritti umani. Secondo l’Arabia saudita – per bocca del ministro degli Esteri Adel bin Ahmed al Jubeir – i suoi risultati sono “ampiamente esagerati” e basati su una metodologia sbagliata.

Per esempio – secondo Riad – l’ente indipendente considera scuole anche strutture ormai abbandonate da tempo dalle istituzioni educative. La ricerca è basata su dati open-source, incluse ricerche sul terreno, e valuta che da marzo 2015 ci siano stati 8.600 attacchi aerei. Di questi, 3.577 sono stati su obiettivi militari, 3.158 su obiettivi non militari, 1.882 su obiettivi non classificati.

L’Arabia saudita è intervenuta in Yemen a guida di una coalizione della Lega Araba con il consenso e il supporto d’intelligence e forniture militari ad hoc occidentali contro gli Houthi sostenuti dall’Iran. Secondo le Nazioni Unite, in 18 mesi di guerra ci sono stati 10mila morti, 3.799 dei quali sono civili.

 

Gianandrea Gaiani, La Nuova Bussola Quotidiana, 6 ottobre 2016

Tags: Arabia SauditaBarack ObamaGianandrea GaianiIranIslamterrorismoTurchiaUSAYemen
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